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 Economia

15 Settembre, 2002
L'andamento del mercato del lavoro nella Provincia di Cremona
In allegato il materiale proiettato durante la presentazione dei dati sul mercato del lavoro 2008 in provincia di Cremona.

Un peggioramento brusco e grave della situazione del mercato del lavoro in provincia di Cremona nel quarto trimestre del 2008. Un tracollo non improvviso però, poiché tutti i dati trimestrali registrano un segno negativo seppur di dimensioni più limitate.
E’ il dato portante del rapporto del Sies sul mercato del lavoro 2008 nella provincia di Cremona, presentato nella sala consiliare della Provincia. Un dato che ha fatto dire a tutti gli intervenuti che “l’isola felice” cremonese non esiste più, ed anche il nostro territorio si sta ormai misurando con una crisi di dimensioni e durata ancora non prevedibili ma certamente molto ampie.
E’ la prima volta, ed anche questo è stato sottolineato, che il rapporto annuale viene presentato già nel mese di gennaio. Ciò è dovuto alla disponibilità immediata delle Comunicazioni obbligatorie delle aziende su avvio, cessazione e modifica dei rapporti di lavoro che ora avvengono in via telematica. Dopo il 31 dicembre, gli uffici del Settore lavoro della Provincia hanno elaborato e trasmessi i dati al Sies in una sola settimana, e a sua volta l’organismo dell’Università Cattolica è stato in grado di elaborarli compiutamente in pochissimo tempo.
Uno strumento, dunque, che grazie alla sua tempestività è sempre più efficace nell’aiutare a capire l’andamento economico e occupazionale, ha sottolineato l’assessore Agostino Savoldi, e quindi nel metterci in condizione di costruire le opportune misure di contrasto.
Le difficoltà nel mercato del lavoro, ha detto Savoldi, erano già state segnalate dalle forze sociali e produttive. Già alcune misure, peraltro, sono state messe in campo. Per contrastare la difficoltà di accesso al credito da parte delle Pmi, la Provincia ha raddoppiato lo stanziamento a sostegno dei Confidi, in una strategia congiunta con la Camera di commercio.
Ci sono misure, ha concluso l’assessore, che devono essere prese a livello governativo e altre di cui devono farsi carico le Regioni. A livello governativo è necessaria quella riforma degli ammortizzatori sociali che avrebbero dovuto completare la riforma del mercato del lavoro, la legge Biagi, e che non è stata attuata; e ancora forme di integrazione al reddito e forme contrattuali più eque. A livello regionale dovranno essere resi più efficienti i servizi per l’impiego, oggi fondati in larga parte sulle “doti” ai lavoratori. Un dato singolare: in provincia di Cremona i corsi per parrucchiere assorbono il 46% di tali doti, e questo crea qualche difficoltà al sistema delle imprese.
Il professor Ganugi ha illustrato il rapporto, che è diviso in una parte congiunturale, che riguarda i dati del mercato del lavoro, e in una parte strutturale, che mostra le caratteristiche del mercato del lavoro provinciale.
Solo alcuni dei dati forniti, con la precisazione che il rapporto elabora i dati riguardanti i contratti di lavoro e non le persone: un singolo lavoratore, cioè, nel corso dell’anno può essere soggetto di più contratti di lavoro.
Gli avviamenti al lavoro nel 2008 sono diminuiti del 16% rispetto all’anno precedente. Nel solo ultimo trimestre il calo è stato del 38%. Il saldo fra avviamenti e cessazioni per la prima volta da parecchi anni è stato negativo per 437 contratti. Il record negativo spetta al Centro per l’impiego di Crema, con –43% nel quarto trimestre.
Passando all’aspetto strutturale, il 75% dei contratti è a tempo determinato: un avvio al lavoro su quattro, cioè, è stato a tempo determinato. La percentuale si abbassa al 69% se si considerano le trasformazioni contrattuali: significa che un certo numero di contratti sono stati trasformati, nel corso dell’anno, da tempi determinati a tempi indeterminati. La durata media ponderata dei contratti di lavoro è di quattro mesi.
Per quanto riguarda i settori, l’agricoltura conserva un livello di tutto rispetto con l’8% complessivo, mentre il manifatturiero riguarda il 21% dei contratti avviati, rimarcando come la nostra provincia abbia una forte vocazione manifatturiera, caratteristica che è generale per tutto il nostro paese. “E questo – ha osservato il prof. Ganugi – è una forza del paese e del territorio, a fronte della crisi che è partita soprattutto come crisi finanziaria”.
Un punto relativamente dolente riguarda la qualificazione dei lavoratori: il 29% dei contratti avviati a tempo indeterminato e il 18% di quelli a tempo determinato riguarda lavoratori non qualificati. Un dato compensato però, almeno in parte, dal 20% e dal 15% di contratti per il sesto livello Istat, cioè sostanzialmente operai specializzati.
Un peggioramento brusco si registra anche nell’utilizzo degli ammortizzatori sociali: Cassa integrazione ordinaria, straordinaria e straordinaria in deroga. Complessivamente la richiesta è aumentata del 143% ed ha colpito soprattutto i settori metalmeccanico (65%) e tessile. La “cassa” ordinaria è passata da 300mila ore a 800mila, quella straordinaria da 410mila a un milione.
Di fronte a una sala colpita dalla gravità dei dati, il presidente della Provincia Giuseppe Torchio ha affermato che se si dovessero analizzare anche i dati dei lavoratori interinali, la situazione probabilmente sarebbe ancora peggiore.
“Ora però – ha aggiunto – dobbiamo pensare alle misure di contrasto”. La Provincia, ha detto, ha già tagliato fondi in alcuni settori per destinare quante più risorse possibili al sistema delle imprese e alle politiche attive del lavoro. Le prime misure riguardano il sostegno all’innovazione delle Pmi, il sostegno ai Confidi, la sollecitazione al sistema bancario, che sta rispondendo positivamente, sia per l’anticipazione della cassa integrazione, sia per costituire un fondo che possa servire per coprire, a certe condizioni, la differenza di reddito fra la cassa integrazione e il salario.
Dobbiamo affrontare, ha proseguito Torchio, il problema del ricollocamento dei lavoratori colpiti da crisi aziendali, delle piccole aziende e dei lavoratori che non usufruiscono degli ammortizzatori sociali, della crescente difficoltà di collocamento dei disabili e dei giovani, il problema dei lavoratori immigrati sui quali si rischia un conflitto sociale ma che in certi settori sono fondamentali.
Abbiamo l’obiettivo di sostenere l’export soprattutto nei settori, come l’agroalimentare, il manifatturiero, in cui manteniamo forza. Dobbiamo pensare a un pacchetto cremonese di misure che stabilisca, a partire dall’Aqst, specifiche misure territoriali che devono essere di sistema.
Ma dobbiamo affrontare il dramma del patto di stabilità che di fatto ingessa l’attività degli enti locali anche laddove essi potrebbero intervenire, e dobbiamo far fronte alla volontà governativa di avocare a sé l’uso dei fondi europei, che dovrebbero invece essere destinati alle Regioni e da esse ai territori, fondi sui quali noi, come molti altri enti locali, abbiamo fondato molti dei nostri progetti di sviluppo e di sostegno al sistema economico.
“Nessuno può pensare di farcela da solo” ha affermato con forza il segretario della Cisl Giuseppe De Maria. Occorre una grande concertazione fra tutti gli attori. L’obiettivo principale che occorre porsi è quello di mantenere il più possibile i lavoratori all’interno delle loro aziende, perché non abbiamo più, come in passato, possibilità di ricollocazione. Giusto il sostegno ai redditi, ma occorre intervenire anche sul fronte delle politiche attive del lavoro, a partire dalla formazione e riqualificazione dei lavoratori, per essere pronti quando l’economia riprenderà a marciare.
Il consigliere provinciale Pierluigi Tamagni ha criticato il patto di stabilità che ingessa le possibilità di investimento degli enti locali.
Il consigliere Giampaolo Dusi ha definito al situazione “catastrofica”, da cui si può uscire solo con una politica davvero nuova nei confronti del terzo mondo, ed ha invitato il consiglio provinciale a pronunciarsi in merito.
Il direttore dell’Api Grandi ha affermato che non esiste una risposta semplice a situazioni complesse ed ha sostenuto la necessità della collaborazione.
Infine Zurpa del Nidil Cgil ha chiesto di analizzare approfonditamente i dati riguardanti i lavoratori atipici e di mantenere alta l’attenzione anche sulle difficoltà che essi vivono.

 


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