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15 Settembre, 2002
La crisi del latte
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa 'lettera aperta' del dr. Franco Bodini, già Presidente della Latteria Soresinese e del Consorzio Grana Padano

La crisi del latte

Tempi di crisi i nostri: da quanti anni? Chi se lo ricorda? Crisi della guerra, crisi della pace, della politica, dell’economia, ecc. fino alla crisi del latte: questa é la più lunga e difficile e la più cremonese, quindi parliamone senza pretesa di risolverla “a buon mercato”; costa sempre caro dire la verità a chi non la vuol sentire (vedi “quote latte”) ed a chi non conosce bene i problemi.

Pochi giorni fa ho visitato alcune salumerie di Cremona situate nella stessa strada ed ho preso nota di prezzi al consumo:
1. Grana Padano, di 12 mesi circa; prezzo di 1 Kg sfuso o sottovuoto € 8,78 = Lit. 17.000;
2. Crescenza (da una Cooperativa cremonese), confezione da 250 gr., € 7,39 = Lit. 14.310 al kg;
3. Crescenza (da un caseificio privato), confezione da 250 gr., € 12,90 = Lit. 25.000 al kg;
4. Burro: confezione da 250 gr, prezzo € 5,00 = Lit. 10.000 al kg circa.

Da 100 kg di latte crudo si possono ricavare in alternativa:
1° caso: Grana Padano kg 7 di formaggio a 12 mesi circa; e kg 2 di burro;
2° caso: Crescenza (Cooperativa), 5 giorni, kg 14 (almeno) di formaggio e kg 0,5 di burro;
3° caso: Crescenza (privato), 5 giorni di cella, kg 14 (almeno) di formaggio e kg 0,5 di burro.
Per semplicità di ragionamento ho tralasciato il valore del siero.

Ho forzatamente limitato il mio ragionamento ai ricavi lordi, poiché non conosco gli attuali costi di produzione, che sono diversissimi tra i due formaggi e tutti ad enorme svantaggio del grana, e sono anche molto diversi da azienda ad azienda. Qualcuno di buona volontà potrebbe completare il discorso.

Qualsiasi lettore è in grado di applicare i prezzi al consumo a questa quantità e di constatare il ricavo lordo di un quintale di latte, trasformato in :
1° caso: Grana Padano: Lit. 139.000 (Lit. 119.000 per il formaggio e Lit. 20.000 per il burro);
2° caso: Crescenza (Cooperativa): Lit. 205.000 (Lit. 200.000 per il formaggio e Lit. 25.000 per il burro);
3° caso: Crescenza (privato): Lit. 355.000 (Lit. 350.000 per il formaggio e Lit. 5.000 per il burro).

Non basta, perché occorre pensare a cosa porta a casa il consumatore dopo l’acquisto in salumeria. Un chilo di grana è composto da 320 gr di acqua (che è indispensabile, ma priva di sostanze nutritive) e da 680 gr di alimento secco. Invece un chilo di crescenza è composto da 600 gr di acqua e da 400 gr di sostanza secca.

Il consumatore può applicare i prezzi al consumo (già visti sopra) alle quantità ed accorgersi di aver pagato la sostanza secca nutritiva del grana Padano lire 25.000 al kg, lire 35.700 la sostanza secca nutritiva della crescenza cooperativa e lire 62.500 la sostanza secca nutritiva della crescenza privata.

E’ evidente che c’è qualcosa di demenziale in tutto questo, ma non serve lamentarsi, strillare e fare molti chilometri con i trattori imbandierati.

Queste cose non sono nuove, sono la realtà di un mercato in profonda crisi, che possono essere migliorate lentamente soltanto con un modo di agire saggio e ben studiato, che costa caro, ma costruisce la casa sulla roccia e non sulla sabbia.

L’industria privata persegue i propri interessi come tutti gli operatori economici, insegnando ai produttori di latte a valorizzarlo con la perfezione tecnica ed igienica del prodotto, con una confezione attraente, pubblicizzato a dovere, con una catena del freddo che arriva ai negozi ogni giorno con altissimi costi di distribuzione e di ritiro quotidiano dell’invenduto e con alto rischio per la riscossione del denaro. Alcuni pochi sono riusciti nell’impresa ed hanno imposto un nome famoso al prodotto, mentre i più sono finiti a rotoli: un mestiere difficile.

Però tutti sanno che questa non è la ragione principale della crisi, che va cercata invece nella indisciplina produttiva del formaggio Grana Padano: nonostante tutte le promesse di tutti e le evidenze tragiche del mercato, vi sono aziende private e cooperative che aumentano ancora la produzione e che investono ingenti somme di denaro in nuove attrezzature per aumentare ulteriormente la quantità. Se tutti costoro avessero una pietra filosofale per vendere bene tutto quello che producono, dovremmo dar loro un premio, ma se sono capaci soltanto di ottenere prezzi di vendita che non coprono i costi di produzione, dobbiamo dire che anche questo è demenziale.

Non del tutto però, perché qualcosa di positivo c’è in qualunque situazione negativa: il basso prezzo ha ottenuto un grande aumento dei consumi: attorno al 1990 si producevano due milioni e mezzo di forme all’anno, ora si superano i quattro milioni di forme. Il consumatore è contento, ma siamo sempre a ripetere che, se si produce in perdita, si istituzionalizza la crisi per tutti. Non diventerebbe più ricco il popolo russo, se aumentasse l’estrazione dell’oro e dei diamanti degli Urali, dove ce n’è moltissimo: il prezzo dei preziosi crollerebbe e si destabilizzerebbe l’economia mondiale con conseguenze non immaginabili, ma sicuramente gravissime. Meglio non provarci.

Che fare? Ci si chiede se si può suggerire qualcosa che, pur non essendo nuovo, possa essere applicato in modo nuovo e serio, senza però trascurare la disciplina produttiva, che deve rimanere il caposaldo ideologico e pratico per costruire qualcosa di solido.

Forse si può.

Vediamo.

Alcune cose sono già state progettate bene, ma non provate, o provate male, o addirittura dimenticate.

Ne cito due, una promozionale e una pubblicitaria, combinate insieme da alcuni consorzi di tutela, che hanno il massimo delle responsabilità e da tutte le associazioni di produttori e trasformatori, in grande concordia tra loro. La concordia non è un ingrediente tecnico, ma è più importante di quello tecnico. C’è la necessità immediata di aumentare i consumi: al punto in cui siamo, si può pensare che la strada più promettente, e meno tentata fino ad ora, sia quella di spingere sui “formaggi in cucina”, fatta soprattutto di incentivazioni dei “piatti a base di formaggio” negli week end da parte dei migliori ristoranti di intere regioni del nord, pagate con la pubblicazione dei nomi (e dei menù?) sui quotidiani locali. I piani di queste azioni promozionali risalgono a 10-15 anni fa, ma sono rimaste nei cassetti; eppure odoravano di vasta probabilità di successo e di bassi costi di realizzazione. Contemporaneamente una grande ed intelligente campagna pubblicitaria su un punto non controverso, ma trascurato dai più: il latte ed i formaggi sono gli unici reali apportatori di calcio, elemento indispensabile per molte funzioni vitali dell’organismo umano e soprattutto per le ossa, sempre più minacciato dalla constata carenza di calcio in moltissimi soggetti, che affrontano le nuove difficoltà portate dall’aumento dell’età media dei consumatori. L’Italia è in testa per la longevità e lo è anche per la scarsità di consumo di latte e di latticini, unici apportatori di calcio.

Il Governo, credo il Ministro della salute, sta lanciando una grande campagna di informazione sulla osteoporosi. Per la cura di questa malattia molto grave è indispensabile la prevenzione, fatta con alimentazione appropriata, cioè incrementando i consumi di latte e di latticini.

Sono due proposte che attendono molti interessanti sponsors.

Dott. Franco Bodini
già Presidente Consorzio Grana Padano
 


       



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