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						 15 Settembre, 2002  
						Un pessimo clima  
						Non c'è un bel clima in questo fine d'anno, e non certo per colpa della neve che imbianca
  
                      
 
Un pessimo clima 
Non c'è un bel clima in questo fine d'anno,
e non certo per colpa della neve che imbianca 
l'Italia.  
La Conferenza Onu sui cambiamenti climatici,
che ha riunito a Copenaghen 193 
Paesi sotto la pressione di una grande mobilitazione
civile, si è conclusa nel peggiore dei 
modi. Eppure si era aperta con grandi aspettative:
tutti i Paesi hanno finalmente riconosciuto
che il problema del clima è reale, tutti
hanno affermato la necessità di un impegno
comune e concordato di contenere almeno entro
2 gradi il riscaldamento globale in questo
secolo.  
Un obiettivo minimo, a detta degli scienziati,
insufficiente a risolvere il problema, 
utile solo a scongiurare conseguenze catastrofiche
in tempi brevi e dare ancora qualche 
chance di futuro alla civiltà umana. 
Ma ci sarebbe stato bisogno di un accordo
vincolante, ambizioso negli obiettivi ed
equo 
per i Paesi in via di sviluppo. Invece l'estenuante
trattativa non ha prodotto nessun impegno
vincolante sulla riduzione delle emissioni,
nessun criterio di verifica delle azioni
e 
dei risultati di ogni Paese, nessuna scadenza
per la firma di un trattato.  
Tutto è affidato alla buona volontà dei singoli
stati.  
Un risultato che, senza un deciso cambio
di rotta, porterà la temperatura a crescere
ancora di 3 gradi, con effetti disastrosi
per la vita sulla terra. 
Un fallimento di cui portano la responsabilità
i Paesi ricchi che hanno preferito anteporre
il 
proprio tornaconto immediato all'interesse
generale.  
Una beffa per i Paesi del Sud del mondo dove
si continua a morire per gli effetti 
dei cambiamenti climatici, uno schiaffo all'Europa
che aveva provato a darsi impegni 
vincolanti. Nel braccio di ferro fra le grandi
potenze economiche non ha vinto nessuno e 
ha perso l'umanità.  
Eppure tutti sanno che non esiste alternativa
al contenimento dei gas 
serra, che dobbiamo rendere vivibile questo
pianeta perché altri dove vivere non ne abbiamo,
e tempo da perdere non c'è.  
Per questo ora più che mai va rilanciata
la battaglia per introdurre cambiamenti strutturali
nel modello di sviluppo e nelle politiche
energetiche, ma anche nei nostri stili di
vita. 
 
Fonte: Arci 
 
 
         
 
 
  
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