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15 Settembre, 2002
Resto ateo, grazie a dio e . a Paolo VI di Lucio Garofalo
Pochi giorni fa sono convolato felicemente a nozze, celebrate in chiesa con

Resto ateo, grazie a dio e . a Paolo VI
Pochi giorni fa sono convolato felicemente a nozze, celebrate in chiesa con
il rito misto.
Qualcuno mi ha chiesto, in modo provocatorio: "Un comunista che si sposa in
chiesa?".
Per tale ragione ritengo giusto ed opportuno esporre le mie ragioni,
provando a precisare la mia posizione rispetto alla scelta compiuta. Ebbene,
chiarisco immediatamente che il sottoscritto si è sposato in chiesa in
qualità di ateo dichiarato.

Infatti, io e la mia consorte abbiamo deciso e concordato con il parroco la
formula del rito misto, la quale prevede la possibilità di contrarre
matrimonio tra membri della chiesa cattolica apostolica romana ed esponenti
di diverse confessioni religiose, non cattolici oppure non credenti ed atei
come il sottoscritto, che siano battezzati o meno.

In pratica il sottoscritto non ha partecipato ai vari momenti del rito
cattolico, astenendosi dal recitare le preghiere e le formule di culto,
astenendosi soprattutto dalla liturgia eucaristica celebrata al termine
della cerimonia: ad esempio, nel pronunciare le formule tipiche del
matrimonio cattolico, il sottoscritto non ha mai menzionato dio.

Per i cristiani il rito del matrimonio misto non rappresenta, sul versante
della diversità religiosa, un atto impossibile. Tale soluzione matrimoniale
è prevista dal diritto canonico, ma probabilmente nelle nostre zone non è
stata applicata in modo frequente.

Il 31 marzo 1970 il pontefice Paolo VI scrisse "Matrimonia Mixta", una
lettera apostolica redatta in forma di "Motu Proprio", ossia assunta di
"propria iniziativa" dal papa. In questo testo sono state impartite le norme
relative ai matrimoni misti. Tale lettera, altrimenti nota come Dispensa
Paolina, è estremamente importante e significativa per comprendere i
notevoli progressi, a tratti persino rivoluzionari, compiuti dalla dottrina
cattolica e dal codice del diritto canonico nell'ambito specifico del
matrimonio.

Dunque, sebbene sembri che mi sia parzialmente piegato, chiedendo la
celebrazione di una formula mista che mi riconosca come ateo e non credente,
in realtà la mia scelta è stata quella di un "compromesso" compiuto per
amore verso mia moglie e mio figlio.

Per quanto concerne la procedura da seguire, occorre anzitutto rendere
esplicita al sacerdote la propria eventuale posizione di credente in
un'altra fede, o di ateo, e concordare la celebrazione di un rito
matrimoniale misto. Per ciò che attiene alla cerimonia religiosa, in effetti
non cambia nulla, tranne il fatto che la parte di fede diversa, o non
credente, si astiene dal partecipare alle fasi della liturgia cattolica,
alle preghiere e soprattutto al momento dell'eucarestia. Comunque confesso
che, malgrado io sia un ateo, durante la celebrazione del matrimonio mi sono
emozionato ugualmente.

Ma perché sono ateo? E soprattutto, perché resto ateo, grazie a dio?

Proverò a rispondere brevemente a questo interrogativo, se possibile senza
complicare troppo il ragionamento, che è essenzialmente di ordine teorico e
filosofico.

La mia adesione alle posizioni dell'ateismo convinto e praticante, direi
quasi fondamentalista (per usare una sorta di ossimoro concettuale), deriva
anzitutto da una riflessione "astratta" molto semplice e chiara, che si
spiega e si comprende facilmente.

In teoria, se dio non esistesse tanto meglio, vuol dire che avrebbe ragione
chi lo rinnega. Ma anche se dio esistesse, il discorso logico non muterebbe
di una virgola in quanto:

1) se dio è onnipotente, come asseriscono i suoi vescovi e rappresentanti
in terra o le sacre scritture, perché non interviene per eliminare la
violenza e il dolore?

2) se invece dio non è onnipotente e non può fare assolutamente nulla
contro il male insito nel mondo, allora è come se dio non esistesse, è un
essere inutile, una sorta di soprammobile neanche tanto bello da vedere,
dato che è invisibile;

3) la terza ipotesi, la più accreditata dalla dottrina ufficiale della
chiesa e pure dagli atei, si basa sulla teoria formulata da Sant'Agostino,
uno dei padri spirituali della chiesa cattolica apostolica romana, ossia che
dio ha concesso all'uomo il dono del libero arbitrio, vale a dire la libertà
di pensare ed agire assumendosi le proprie responsabilità, dunque anche la
possibilità e la capacità di negare dio.

Sulla base di tali premesse teoriche, forse oltremodo semplificate, si
evince chiaramente il percorso filosofico e razionale che mi ha condotto
verso un approdo di tipo ateistico, così come discende pure un sentimento di
sincera gratitudine verso dio, in quanto mi ha concesso il prezioso dono del
libero arbitrio, grazie al quale sono (appunto) ateo.

Insomma resto ateo, pur essendomi sposato in chiesa. Una simile scelta non
equivale ad un gesto di incoerenza, come è fin troppo facile obiettare, in
quanto le mie convinzioni non sono minimamente scalfite da un rito nuziale
celebrato dal sacerdote sull'altare.

Lucio Garofalo

 


       



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