15 Settembre, 2002
Il ruolo del progetto nella configurazione dello spazio pubblico
Intervento dell*arch. Massimo Terzi in relazione al documento di Confcommercio e Botteghe del Centro
Egregio Direttore,
le chiedo ospitalità per aggiungere una riflessione sulla città.
Ho letto su “la Cronaca” del 15 gennaio u.s. l’articolo firmato da Fabrizio Loffi “Senza qualità il centro muore” che commenta un apprezzabile documento dei commercianti contenente l’auspicio di un ritorno alla pianificazione urbanistica.
Tali considerazioni mi suggeriscono di segnalare che, nell’attività di un’Amministrazione, esistono una cronologia di avvenimenti, di meccanismi, di persistenze, di intendimenti che non si può ignorare.
Per cui ritengo sia giunto il momento di valutare, con serenità di giudizio, l’insieme dei contributi che negli anni si sono sedimentati. Credo sia diseconomico ricominciare sempre da capo, come se nel passato non ci fosse stata alcuna elaborazione.
La discesa in campo con uno spirito critico nuovo di una categoria che di fatto presidia capillarmente la città, che contribuisce a creare l’effetto città, che vive della sua “qualità” e della sua “vivacità”, non può che rinnovare la speranza di avere un alleato in più per una urgente riqualificazione degli ambienti urbani, che ci potrebbe permettere il recupero dei grossi ritardi accumulati in questa direzione.
Ritengo, tra l’altro, che questa posizione più avanzata, insieme ad una diversa qualificazione del commercio al dettaglio ed a una logica di acquisto e vendita più competitiva, potrebbe essere l’unica mossa possibile per la categoria per confrontarsi con successo con la grande distribuzione. Occorre prendere atto che la struttura commerciale urbana esistente (come già sostenevo su un articolo del 18.8.2006) è, di fatto, un grande centro commerciale all’aperto (basterebbe studiare degli appositi e specifici carrelli per trasferire le merci fino al più vicino parcheggio) che, riorganizzato nel suo insieme da mutui accordi e liberato dalle autovetture, può offrire un’ampia varietà merceologica.
Avrebbe il grande vantaggio di non essere uno spazio anonimo ed asettico, potrebbe usufruire della piacevolezza dei luoghi e soddisfare la rassicurante abitudine degli spostamenti quotidiani .
Sull’argomento specifico sono costretto a ripetermi ed a rimandare a quanto ho a suo tempo segnalato sulle pagine dei quotidiani locali ed a quanto più puntualmente riportato sul quaderno di pianificazione del Comune n.5 del 1999 (dal titolo ”Struttura e sistema urbano”).
Peraltro sono felicemente sorpreso dell’inatteso cambiamento di linea assunto dall’ASCOM e dalle BOTTEGHE del CENTRO e su quanto trapela sulla loro disponibilità all’allargamento dell’isola pedonale, per la verità già annunciato nell’agosto del 2006 e poi evidentemente passato nel dimenticatoio.
Se avessero dichiarato ai miei tempi quanto hanno dichiarato ora ed avessero affiancato, allora, quanto predicavo e quanto di buono era stato prodotto negli uffici per ricercare la qualità urbana e difeso quanto era stato fatto con pochissime risorse, probabilmente ci saremmo evitati il degrado strisciante che pervade la città e ……… probabilmente si sarebbe potuto evitare la stessa operazione piazza Marconi.
Infatti molti dei richiami e delle proposte contenute nel documento dei Commercianti confermano, a posteriori, le varie ipotesi caldeggiate allora (durante il mio mandato nella Giunta Bodini) con alcune ricerche e studi, tentativi e prove concretamente messi in atto con piccoli passi per riqualificare la città, culminati con la collocazione del gazebo per la musica ai giardini, la sistemazione di una porzione di piazza S.Agata, di piazza Antonella e della discussa piazza Stradivari per citare alcuni esempi.
Verso la fine del ’95, infatti, fu creato l’ufficio per la “qualità urbana”, di fatto retto dall’arch.Cristina Tonoli, con L. Macchi, E. Martorana e C.Rivaroli, che si adoperò per l’unificazione dei vari elementi di arredo, il rinnovo delle tinteggiature, tramite il piano del colore ed il concorso “Cremona più bella”, la ripavimentazione di strade, sagrati e piazze, e dei vari regolamenti che dovevano sovraintendere a tali operazioni e che di fatto furono considerati, insieme all’ufficio che li aveva prodotti, un inutile intralcio. Quanto è stato fatto è facilmente documentabile consultando il n°32/2001 della collana dell’Istituto Nazionale di Urbanistica (I.N.U.) a pag.186 (“Qualità urbana:analisi e progetti”), oppure il sito del Comune alla voce “Arredo urbano”, oppure ancora il contenuto della Delibera C.n°39/27377 del 18.5.2001 che prevedeva il Regolamento per i colori delle facciate, l’occupazione temporanea del suolo pubblico , quello per le insegne, le targhe, le vetrine e le tende.
Sempre sullo stesso sito del Comune credo sia significativo andarsi a leggere le motivazioni con cui, a Lucca, per tale attività il Comune di Cremona fu riconosciuto meritevole (15.6.2001) del ”Premio nazionale Torre di Guinigi per la riqualificazione urbana”.
Si era operato per creare una nuova mentalità (negli uffici e negli utenti), costituendo un ufficio adibito a quei compiti, realizzando una normativa apposita per gli interventi negli spazi pubblici, favorendo una maggior attenzione verso alcuni dettagli normalmente trascurati. Per qualità urbana però non si intendevano solo “fioriere, panchine, lampioni, portabiciclette ma tutto ciò che concorreva a creare un intorno armonico di riferimenti visuali e rappresentava l’immagine stessa della città”.
Il concetto comprendeva manutenzione delle strade, delle facciate, luci, colori, segnaletica, insegne, la creazione di percorsi accessibili, protetti, l’eliminazione dell’inquinamento acustico ed olfattivo….
Ma attenzione, questi obbiettivi erano diretta conseguenza di una precisa e dichiarata ”idea di città”, che si conformava secondo definiti assi di sviluppo e secondo un disegno che stava prendendo corpo con la stesura del Piano Regolatore Generale e che comportava un progetto complessivo intersettoriale, gestito con criteri organici e coordinati.
Pensavo che l’Urbanistica e l’Architettura avrebbero potuto dare un contributo consistente alla rinascita della città. Ero convinto, come del resto lo sono ancora, che si dovesse capitalizzare il patrimonio di immagini che il centro storico ed una città ordinata poteva offrire. Ritenevo che questa operazione potesse favorire non solo l’accoglienza, ma anche promuovere ed attrarre indirettamente nuove iniziative ed investimenti.
Lo scopo, allora, era quello di riportare gente nel centro storico, consolidandone e rilanciandone l’immagine in armonia con le sue particolarità.
Se ora è giunto il momento di far finalmente assumere al tema dello ”spazio pubblico urbano” un ruolo che esprima chiaramente il benessere dei cittadini e l’identità della città che si vuol perseguire, allora senza contraddizioni, è necessario mettere chiaramente in atto tutti i provvedimenti tesi a conciliare la coabitazione di automezzi e pedoni nel rispetto di questi ultimi.
In tal caso il tema assume un respiro che va oltre la semplice “apertura/chiusura al traffico di qualche strada”, ma include il progetto di una trasformazione tesa a modificarne non solo l’aspetto, ma anche il modo di usarlo e viverlo. In sintesi il meccanismo di fruizione della città. E in questo senso la consistenza e la qualità degli spazi pubblici devono chiamare in causa la mobilità urbana, che risulta al tempo stesso responsabile del degrado visivo, acustico e (come succede in questi giorni) respiratorio ed imputata delle oggettive difficoltà di circolazione e parcheggio.
 
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