15 Settembre, 2002
Gli avvocati sono in sciopero: io non aderisco ( di Antonino Rizzo)
Oggi 10 marzo gli avvocati si astengono dalle udienze. La manifestazione è promossa dall’O.U.A.
Gli avvocati sono in sciopero: io non aderisco
( di Antonino Rizzo)
Oggi 10 marzo gli avvocati si astengono dalle
udienze. La manifestazione è promossa dall’O.U.A.
(Organismo unitario dell’avvocatura) e dalle
principali associazioni forensi (fra cui
le Camere penali), con il sostegno degli
organismi istituzionali che governano gli
avvocati italiani (Consiglio
nazionale forense ed Ordini territoriali).
Unica associazione contraria è l’U.G.A.I.,
che rappresenta parte dei giovani (l’altra
associazione dei giovani, l’A.I.G.A., sembra
essere favorevole all’iniziativa).
La manifestazione è intesa a sollecitare
l’approvazione della legge di riforma dell’ordinamento
professionale, già approvata dalla Commissione
giustizia del Senato il 18 novembre 2009
ma, da allora, non ancora passata all’esame
dall’aula del Senato.
Io sarò un incorreggibile bastian contrario,
ma devo esprimere la mia contrarietà alla
manifestazione.
Se dovessi pensare solo al mio particulare,
potrei disinteressarmi totalmente della questione.
Tra meno di un mese, infatti, compirò i 66
anni e, nel prossimo giugno, avrò alle spalle
41 anni di professione forense.
Per di più, la mia agenda, per il 10 marzo,
non prevede alcuna udienza.
Ciononostante, poiché ho sempre pensato che
l’avvocato non possa limitarsi ad essere
un puro tecnico del diritto, ma debba essere
consapevole dei problemi della società in
cui vive, non
posso rinunciare ad esprimere la mia contrarietà
al progetto di riforma.
Gli avvocati sono in sciopero: io non aderisco
(...)Innanzitutto perchè la filosofia
che ispira il disegno di legge è tesa al
consolidamento del sistema
degli Ordini professionali e della nomenklatura
espressa dagli stessi,
di lontana origine medioevale.
Nel Medioevo, infatti, i gruppi professionali
acquistano forza e potenza
politiche: dopo la prima metà del XII secolo
si ha una estensione delle
corporazioni a tutti i rami delle attività
produttive e professionali.
Gli organismi corporativi sono autonomi di
fronte allo Stato e vengono a costituire
caste privilegiate
munite di propri poteri a difesa degli interessi
del gruppo.
Questa situazione dura sino alla Rivoluzione
francese: nel 1791 si decreta lo scioglimento
di tutte le
corporazioni in nome della libertà di associazione
e dell’autonomia dell’individuo.
Ma con Napoleone, nel 1810, si ricostituisce
l’Ordine degli Avvocati, che viene sottoposto
al controllo dello Stato, realizzandosi la
prima disciplina pubblicistica di un gruppo
professionale.
Nell’Italia postunitaria, la professione
forense, dapprima disciplinata dalla Legge
8 giugno 1874 n. 1938, è oggi regolata dal
R.D. 27 novembre 1933 n. 1578, cui, nel tempo,
sono state apportate solo
modifiche di non rilevante entità.
Eppure il respiro internazionale che la professione
forense ha assunto, soprattutto negli ultimi
cinquant’anni, con l’ingresso del nostro
paese nella Comunità europea, richiede oggi
una regolamentazione più moderna e dinamica,
nella quale l’associazionismo forense e la
collaborazione fra avvocati di diversi paesi
e di diverse culture giuridiche dovrebbe
trovare uno spazio adeguato.
Nell’ambito comunitario, la libertà di prestazione
delle professioni e la libertà di stabilimento
dei
professionisti nel territorio degli Stati
membri, costituiscono esercizio della libertà
di circolazione dei lavoratori indipendenti,
quale condizione, insieme alla libera circolazione
dei servizi e dei capitali, necessaria per
la realizzazione del
mercato unico.
La filosofia della riforma (cui ha rivolto
critiche caustiche il costituzionalista Roberto
Bin sul sito internet
Quaderni costituzionali) pare, invece, improntata
ad una chiusura gretta e provinciale che
ostacola
l’ingresso dei giovani nella professione,
senza garantire agli stessi quella preparazione
di eccellenza, indispensabile per reggere
la sfida europea.
Dell’accesso alla professione, del tutto
svincolato dall’Università e concepito più
come un percorso di guerra che come un iter
di preparazione teorico-pratica, ho già avuto
modo di parlare in passato
su queste stesse colonne.
Mi limiterò a dire che, se non condivido
quanto previsto dalla riforma, non condivido
neppure l’impostazione dell’U.G.A.I. (l’Unione
dei giovani avvocati) che punta ad esami
di
accesso alla professione sempre più facili,
con la possibilità per il candidato di escludere,
dall’esame orale, le materie professionalmente
più caratterizzanti (diritto civile, diritto
penale,
diritto processuale civile, diritto processuale
penale).
Oltre che per la soluzione data ai problemi
dell’accesso, la riforma è criticabile almeno
sotto altri due profili.
Viene disciplinata per legge l’obbligatorietà
della formazione permanente che, da quando
è stata avviata, ha solo incrementato l’industria
dei convegni e dei corsi a pagamento e si
è risolta in una vera e propria vessazione
ai limiti della costituzionalità.
In violazione dell’articolo 23 della Costituzione,
infatti, si impongono agli avvocati prestazioni
patrimoniali (le quote –sovente non indifferenti
- di iscrizione a convegni e corsi di formazione),
la
cui entità non è disciplinata dalla legge
ma liberamente imposta da privati imprenditori,
che hanno
scoperto una facile e lucrosa fonte di guadagno.
Viene, poi, attribuito agli Ordini il potere
di controllare, sulla base dei redditi percepiti,
la continuità
dell’attività professionale. Si tratta di
una previsione normativa palesemente discriminatoria
nei confronti di giovani ed anziani. Chi,
infatti, è all’inizio o al termine del suo
percorso professionale può facilmente trovarsi
a percepire redditi minimi.
Non capisco perché si debbano penalizzare
costoro con una cancellazione dall’albo disposta
d’autorità.
In conclusione, una ulteriore riflessione
sul testo della riforma, auspicata, peraltro,
dallo stesso Presidente del Senato Schifani,
si rende quanto mai necessaria, anche perché
i palesi difetti del testo non sarebbero
facilmente emendabili, una volta intervenuta,
dopo anni di attesa, una sofferta approvazione
del provvedimento.
Antonino Rizzo
( avvocato)
Pubblicazione gentilmente concessa dal giornale
La Cronaca
L’articolo è stato pubblicato sulla edizione
del 10 marzo 2010
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