15 Settembre, 2002
Il Partito Democratico e le elezioni regionali (di Deo Fogliazza)
Abbiamo davanti a noi problemi precisi, che dobbiamo cercare di capire ed affrontare con lucidità.
Se penso a cosa molti si aspettavano solo qualche mese fa, essere riusciti - come Partito Democratico - a non farci rinchiudere nella "riserva indiana" degli Appennini probabilmente è da considerarsi un successo.
Se, invece, penso alla situazione del Paese ed a chi, purtroppo, continuerà ad averne la responsabilità politica ed istituzionale nei prossimi (cruciali) tre anni, mi viene da .... piangere.
Se, ancora, penso che nelle politiche del 2008 il PD raccoglieva 10.315.454 voti, nelle europee del 2009 ne aveva presi 6.957.364 ed oggi ne ha presi 5.850.800 mi viene l'orticaria.
In 2 anni (solo nelle 13 regioni in cui si è votato per le regionali) il PD si è mangiato quasi 5 milioni di voti. E almeno altri 2 milioni di voti sono quelli che si sono persi per strada rispetto alle politiche del 2006, al tempo dell'Unione.
Insomma, le valutazioni dipendono dal punto di vista. E le opinioni, come dice la parola stessa, sono opinabili.
Io credo che abbiamo davanti a noi problemi precisi, che dobbiamo cercare di capire ed affrontare con lucidità.
a) Dare una valutazione seria e non superficiale sull'astensione dal voto, sulle schede bianche e sulle schede nulle. Solo il 55% degli italiani ha espresso un voto alle liste elettorali. Praticamente un italiano su due rifiuta le libere elezioni e non partecipa. Oppure (e forse è ancora peggio) partecipa ma lascia la scheda in bianco o l'annulla. Questo fenomeno ormai non può più essere catalogato come "campanello d'allarme" ma è un "segnale politico" forte e chiaro, inequivocabile. Che obbliga il sistema democratico ad una risposta, pena il rischio di una involuzione pesante e potenzialmente irrecuperabile.
b) Se ci accontentassimo di riferirci ai dati percentuali rischieremmo di non capire la situazione. Il PD al 26.1% - secondo partito nazionale a soli 0.8 punti percentuali dal primo partito che è il PDL - vuol dire poco. Occorre guardare a quei 5-7 milioni di italiani che fino a pochi anni fa (2006-2008) votavano per noi e capire come recuperarne stima, fiducia e presenza. E' quello il primo "obiettivo" che dobbiamo centrare. Non credo possa esserci dubbio: dietro quel "non voto" c'é stanchezza, c'é disillusione, c'é delusione, c'é protesta. E c'é lontanza e rifiuto del teatrino della politica. E' un segnale che un formidabile numero di italiani ci manda, ormai da parecchio tempo, e che noi non siamo ancora riusciti a decifrare, a comprendere e a dargli una risposta convincente.
c) Nelle tre regioni del nord in cui si è votato (Piemonte, Lombardia e Veneto) su 15 milioni di aventi diritto al voto sono 1.750.000 quelli che hanno votato PD. Poco più del 10%. Questa zona del Paese è strategica per il futuro dell'Italia. Non è ulteriormente sopportabile una situazione di questo tipo. Occore porvi rimedio con atti concreti di carattere politico, di linea strategica, di approccio culturale, di valutazione politica e - ultimo ma non per importanza - di tipo organizzativo.
d) Esiste una situazione evidente che vede una presenza in forma concentrica del PD e più in generale del centrosinistra, che - in linea generale - fa perno sulle città (sulle grandi città) e via via si va indebolendo man mano che dalle grandi città si allontana. Insomma un PD (ed un centrosinistra) più forte nella metropoli e meno nelle città medio-grandi; più forti nelle città medio-grandi e meno nelle città medio-piccole; più forti in quelle medio-piccole rispetto alle cittadine; più forte nelle cittadine rispetto ai paesi e così via. Un fenomeno che potrebbe, parafrasando vecchi modi di dire, disegnare le città accerchiate dalla campagna. E' il tema del territorio, è il tema dell'Italia profonda. Ed è un tema che coinvolge - simultaneamente - sia un fondamentale aspetto di presenza organizzativa e quotidiana, sia un altrettanto fondamentale aspetto che riguarda temi di carattere culturale e politico che hanno letture diverse se vissuti in città o in campagna.
Sono qui evidenti gli esempi del Piemonte e del Lazio, realtà nelle quali il PD ed il centrosinistra vincono (stravincono per certi versi) nel capoluogo (Roma e Torino) ma perdono la Regione perché nelle province conseguono risultati limitatissimi.
Ci sono poi le note questioni che riguardano la necessità di costruire un'alternativa credibile attraverso una comunicazione politica più chiara ed intelleggibile.
Ma di quelle, eventualmente, parleremo in una prossima occasione.
Deo Fogliazza
 
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