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15 Settembre, 2002
Amina non sarà lapidata: l'appello le dà ragione e cancella la sentenza della sharia
Ce l’ha fatta. Amina Lawal è stata assolta. La donna nigeriana, condannata a morte per lapidazione perchè colpevole di adulterio, imputata alla Corte islamica di Katsina, nel nord della Nigeria, è stata assolta oggi dal tribunale d'appello.

Amina non sarà lapidata: l'appello le dà ragione e cancella la sentenza della sharia
Ce l’ha fatta. Amina Lawal è stata assolta. La donna nigeriana, condannata a morte per lapidazione perchè colpevole di adulterio, imputata alla Corte islamica di Katsina, nel nord della Nigeria, è stata assolta oggi dal tribunale d'appello.

Nel marzo del 2002, Amina, 31 anni, era stata giudicata colpevole per aver avuto una figlia, Wasila, al di fuori del matrimonio e la condanna era stata confermata un anno fa da un altro tribunale.
Con il capo coperto dal tradizionale velo islamico - tenendo Wasila, la figlioletta con una mano e Aliyu Musa Yawuri, l'avvocato, con l'altra - Amina si era presentata così, stamane, nell'aula del tribunale. La corte, fin dalle prime ore del mattino, era stata circondata da una trentina di poliziotti armati e presa d'assedio dai giornalisti e da un gruppo di attivisti impegnati nella difesa dei diritti umani che hanno atteso pazientemente l'arrivo della sentenza.
In base alla sharia, la legge islamica, introdotta in Nigeria nel 1999 e in vigore in alcuni Stati del nord del paese, la nascita di un figlio al di fuori del matrimonio sarebbe stato sufficiente a condannarla per adulterio. Sempre in base alla sharia, infatti, perchè un uomo sia condannato per adulterio occorrono almeno quattro testimonianze oculari, ma per una donna, una gravidanza fuori del matrimonio è considerata di per sè una prova sufficiente. I legali di Amina hanno argomentato il loro appello sostenendo che la sharia non è applicabile nel suo caso perchè il «crimine» è stato commesso prima che la legge islamica venisse introdotta nello stato di Katsina.
Amina Lawal aveva presentato ricorso alla Corte d'Appello contro la sentenza, rilasciata in prima istanza, del tribunale islamico di Bakori che l'aveva condannata a morte, tramite lapidazione, per adulterio nel marzo del 2002.
Amina, 31 anni, analfabeta e disoccupata, dopo il divorzio dall'uomo che le aveva dato due figli, aveva avuto rapporti con un uomo che aveva promesso di sposarla. Quando è rimasta incinta, l’uomo era però fuggito e non aveva mantenuto la promessa.
L'udienza di appello era stata rimandata tre volte e tali rinvii hanno dato vigore al movimento internazionale che rivendicava l'assoluzione della donna. Migliaia di lettere ed e-mail hanno tempestato le autorità nigeriane, come era avvenuto per Safiya - la donna protagonista di un caso simile e poi graziata.
Il verdetto di oggi ha dato ragione al presidente nigeriano Olusegun Obasanjo che aveva assicurato che «Amina non sarebbe mai stata giustiziata».
 


       



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