15 Settembre, 2002
Riflessioni sul libro " L'Europa che verrà" di Giovanni Bianchi di Marco Pezzoni
In previsione della presentazione del 7 maggio e della prossima ricorrenza della " Festa dell'Europa".
Riflessioni sul libro " L'Europa che
verrà" di Giovanni Bianchi di Marco
Pezzoni
In previsione della presentazione del 7 maggio
e della prossima ricorrenza della "
Festa dell'Europa".
" L'EUROPA CHE VERRA': RITORNO ALLE
NAZIONI O TAPPA DI UN GOVERNO MONDIALE ?"
Trovare una bussola in questo passaggio d'epoca.
E' questo il merito principale del libro
"L'Europa che verrà" di Giovanni
Bianchi. Quante volte leggendo il quotidiano
o guardando il Tg esclamiamo " ma che
succede in Europa ?!" La crisi greca,
il rischio di contaminazione ad altre aree
dell'eurozona,la probabile sconfitta del
Labour in Gran Bretagna, le figure "volutamente
deboli" messe a capo delle nuove cariche
inventate con il Trattato di Lisbona. E quante
volte guardando alla Cina, all'India, al
Brasile ( con la Russia compongono il cosidetto
BRIC), oppure alla globalizzazione con le
diverse e successsive crisi finanziarie,
e ancora ai mutamenti climatici e alle debolezze
dell'Onu, alle guerre in Iraq e in Afghanistan,
al nuovo corso di Obama ci viene da dire
" ma dov'è l'Europa?". "Cosa
accade all'Europa?". Forse siamo ancora
prigionieri di una visione tradizionale e
lineare del dopo guerra fredda, come se fosse
automatica e garantita una "governance"
globale del sistema e della società internazionale.
Forse dopo la caduta del Muro di Berlino
e la fine del bipolarismo, non abbiamo voluto
guardare in faccia i nuovi squilibri mondiali,
le nuove asimmetrie, le nuove sconvolgenti
dinamiche che rendono più incerto e turbolento
il nostro futuro. In Italia ci siamo ripiegati
sulla crisi del nostro sistema politico,
discutendo solo di legge elettorale oppure
di semipresidenzialismo o di "federalismo
per devoluzione" ( versione nobile di
quello che vorrebbe la Lega Nord), non rendendoci
conto che anche le nostre discussioni italiane
hanno un senso se collocate nelle dinamiche
politiche, istituzionali, economiche dell'Unione
Europea. Giovanni Bianchi ha il merito di
offrirci occhiali di lettura e di comprensione
che contribuiscono a individuare una visione,
un progetto, un processo, una direzione di
viaggio. Sarà bello approfondire con lui
queste tematiche in un tempo di luoghi comuni,
di regressione culturale, di perdita di orizzonte.
Possiamo però anticipare alcune suggestioni:
1) la cultura post-moderna ci permette,secondo
il pensiero dell'ultimo Dossetti, di recuperare
il senso delle radici in modo evolutivo,
processuale, non identitario. Cadute le grandi
narrazioni, tramontati i partiti ideologici,
è possibile andare oltre le ingessature dovute
alla logica dei blocchi contrapposti e recuperare
addirittura i contenuti più avanzati della
Costituzione italiana già frutto di un superamento
e di una composizione inedita delle tradizionali
culture del 900' . Invece dopo il crollo
del Muro di Berlino, la politica italiana
si è seduta, "orfana" del grande
nemico e sembra regredita a temi ottocenteschi:
l'attività politica per censo, delegata ai
potenti e ai nuovi ricchi; la destrutturazione
dell'unità nazionale con il riemergere di
localismi e di dinamiche centrifughe; il
populismo rafforzato dal peso dei nuovi media
e il ritorno del mito dell'uomo forte, deciso
e decisionista. In realtà Giovanni Bianchi
ci avverte che tutto questo "sembra",
ma non è, un ritorno al passato. Siamo in
una fase incerta e confusa, dove pesano in
modo determinante l'accelerazione dei processi
di globalizzazione, ma questi processi interagiscono
con una storia culturale, sociale ed economica
ricca qual'è quella dell'Europa. Che ha una
storia di lungo periodo, come sosteneva Braudel;
che ha radici profonde e un'anima che ci
rivela più che il suo destino, la sua vocazione.
Riflettere sulle radici "anche"
cristiane dell'Europa non deve significare
ribadire una identità in contrapposizione
con il resto del mondo, con l'Islam in particolare,
dentro lo schema dello "scontro di civiltà".
Al contrario significa capire che l'Europa
non è tanto uno spazio geografico,ma un processo
storico-politico continuamento aperto al
futuro e al mondo. Potremmo parlare di identità-relazione
piuttosto che di identità eurocentrata: sin
dall'inizio l'Europa è molteplice, aperta
al medio-Oriente e all'ebraismo. Sin dall'inizio
l'Europa si costituisce attorno al Mediterraneo.
Anche quando si divide con lo scisma d'Oriente,
i "due polmoni" dell'Europa occidentale
e dell'Est, come li ha definiti Giovanni
Paolo II, hanno continuato a respirare e
a ispirare le diverse società. Il nuovo Mondo
più che una "scoperta", è una costruzione-proiezione
dell'Europa, da cui nasce il Secondo Occidente
( Stati Uniti e Canada) e il Terzo Occidente,
l'America Latina . Questo per riaffermare
che l'Europa è stata per secoli il motore
delle varie fasi della mondializzazione,
comprese quelle più drammatiche del colonialismo.
E' stato soprattuto l'universalismo cristiano
a ispirare quest'apertura dell'Europa al
mondo, a giustificare anche le sue logiche
di dominio, comunque ad alimentare la tensione
verso la creazione o il riconoscimento dell'umanità
come " una sola e unica famiglia ".
Adesso che il mondo si sta capovolgendo,
l'Europa non può contraddire sè stessa e
la propria storia. Deve saper accogliere
gli immigrati e superare la complessa sfida
dell'inclusione .
2) La nuova Europa non può nascere a tavolino
e nemmeno dall' illuminato sforzo di giuristi
d'avanguardia impegnati a redigere una Costituzione
perfetta. Giovanni Bianchi sdrammatizza così
i compromessi recenti attorno al Trattato
di Lisbona che, per essere accolto dai 27
Stati membri, ha addirittura rinunciato a
chiamarsi "costituzionale". E critica
pure la sentenza della Corte Costituzionale
tedesca perchè concepisce la Federazione
Europea in analogia con l'architettura federale
degli Stati Uniti d'America. No, dice Bianchi,
noi siamo una costruzione inedita, sempre
in progress, ancora aperta e incompiuta.
Non solo non siamo e non dobbiamo diventare
una potenza militare, ma non siamo nemmeno
un superStato con piena e totale sovranità
su uno spazio chiuso e definito una volta
per tutte. La questione dell'adesione della
Turchia si colloca così dentro la questione
più complessa di un Islam europeo. La questione
israliana si colloca dentro un processo di
pace e di nuovi equilibri pacifici entro
tutta l'area mediorientale e coinvolgendo
tutto il Mediterraneo. La stessa questione
se la Russia sia europea o asiatica o entrambe
le cose attende risposte di cooperazione
che non siano solo sul terreno di migliore
relazioni diplomatiche e militari. Da dove
attingere la forza per affrontare queste
sfide ? Dalla cultura e dalla civiltà europea
che ha fatto nascere e crescere i diritti
umani come diritti universali. Dalla forza
della democrazia, dai valori e dai soggetti
che ad essa si richiamano e che per essa
si battono. Le paure dell'altro, il rinchiudersi
illusorio a protezione di identità tradizionali
in realta "immaginarie", il localismo
e la xenofobia non possono che accompagnare
e nascondere il "declino" dell'Europa.
Al contrario le risposte vere richiedono
il recupero della politica, di una strategia
politica di lungo respiro. Berlusconismo
e Leghismo sono risposte apparenti se non
regressive, occultano se non addirittura
favoriscono il declino. Populismo, localismo
e protezionismo sono "bende" sui
nostri occhi,sulla nostra capacità di vedere.
Il consenso che raccolgono non significa
che siano risposte giuste ed efficaci. Significa
che sono "legittime". Anche Il
libero mercato non basta. Anzi: "il
mercato di per sè non produce società...C'è
un inestiguibile primato della politica sul
destino della cittadinanza". Non è un
caso che è in Europa che nasce lo "Stato
sociale", punto di incontro tra politica,
economia e società, tra Stato e diritti civili,
sociali ed economici riconosciuti e poi addirittura
difesi e promossi nelle diverse Costituzioni.
A questo proposito Giovanni Bianchi ci invita
a conoscere meglio il pensiero "complementare"
di due grandi europeisti italiani: Alcide
De Gasperi e Altiero Spinelli. Straordinario
quel passaggio dello statista De Gasperi
a Parigi di fronte ai capi degli Stati vincitori
della seconda Guerra mondiale: "sento
che tutto, tranne la vostra personale cortesia..."
ma la frase da richiamare è quella successiva:
".. sento la responsabilità e il diritto
di parlare anche come democratico antifascista
, come rappresentante della nuova repubblica
che, armonizzando in sè le aspirazioni umanitarie
di Giuseppe Mazzini, le concezioni universaliste
del cristianesimo e le speranze internazionaliste
dei lavoratori, è tutta rivolta verso quella
pace duratura e ricostruttiva che voi cercate
e verso quella cooperazione tra i popoli
che avete il compito di stabilire."
Anche per Altiero Spinelli è il grande obiettivo
della pace e della globalizzazione dei diritti
a guidarlo nelle sua elaborazione di un Federalismo
istituzionale che superi i diversi nazionalismi
e la stessa idea di sovranità assoluta degli
Stati nazionali. L'unità politica dell'Europa
è per Altiero Spinelli perno e ponte per
un nuovo ordine mondiale, per affermare finalmente
il primato del diritto internazionale, per
liberare popoli e classi lavoratrici da forme
politiche e istituzionali che li usano e
contrappongono e da forme economiche che
li sfruttano e dominano. Ancor oggi lo scopo
del vero federalismo è quello di valorizzare
le differenze ma per farle convivere e per
unirle, non per dividerle e contrapporle.
3) L'Europa che verrà non può essere la fotocopia
degli Stati Uniti e nemmeno il suo alleato
preferenziale, leale e fedele, e comunque
sempre protetto. Finito il bipolarismo, finita
anche l'illusione unipolare dell'iperpotenza
USA perseguita da Bush, l'Europa fa fatica
a capire che lo stesso Obama ha allargato
il gioco delle alleanze e che avrebbe bisogno
di un protagonismo europeo anche più autonomo,
ma soprattutto più attivo e autorevole. Sono
anni che Barbara Spinelli denuncia questa
pigrizia europea sulle grandi questioni internazionali,
questa attesa che gli Stati Uniti tornino
l'amico di un tempo, protettore invadente
ma indispensabile come guida militare, attraverso
la Nato, e come guida economica e finanziaria.
Non è più così e non sarà più così. E' finita
la centralità europea, la globalizzazione
dopo l'eurocentrismo vede in difficoltà lo
stesso ruolo di intermediazione globale della
politica estera degli Stati Uniti. E' sbagliato
vedere il terrorismo solo legato all'Islam,
ma soprattutto è sbagliato vedere l'Islam
o la Cina come i nuovi contrappesi alla superpotenza
statunitense, eredi del ruolo dell'Urss.
Siamo piuttosto di fronte ad una scomposizione
istituzionale, diplomatica, strategica e
culturale del mondo, ad un emergere di diversità
al momento irriducibili che mettono in crisi
l'universalismo dei diritti e il ruolo stesso
dell'ONU. Siamo di fronte ad una prima crisi
della globalità che regionalizza la competizione
internazionale ( tranne quella economica-finanziaria)
e gli stessi conflitti militari: le guerre
riguardano luoghi lontani da noi, così noi
ci crediamo in pace. E tuttavia importiamo
insicurezza: le speculazioni finanziarie,
la crisi economica mondiale, la competizione
per le fonti energetiche, i mutamenti climatici,
l'immigrazione che da un lato è componenete
"strutturale" indispensabile alle
nostre economie, dall'altro è un "diverso"
che fatichiamo a conoscere e a riconoscere.
La tentazione della chiusura è la prima reazione
a portata di mano. Ma la più sbagliata e
inutile. I processi storici in cui siamo
entrati sono potenti e profondi : o tentiamo
di governarli o, comunque, ci macineranno
e ci travolgeranno. La nuova Europa "
potenza civile", forte della civiltà
del diritto e del lavoro e sostenitrice del
suo Welfare, la nuova Europa accogliente
e meticcia, sempre più unita politicamente
al suo interno e sempre più soggetto geopolitico
a livello internazionale e, dunque, capace
di nuove regole per la finanza mondiale e
di un "multipolarismo democratico"
è la strada per garantirci un futuro più
giusto e più stabile. Gli scenari internazionali
stanno cambiando velocemente e potrebbero
portarci ad un mondo a-centrato e caotico,
caratterizzato da conflitti anche economici
e commerciali sempre più aspri. A maggior
ragione, invece di ritirarci in una impossibile
" isola degli illusi", dobbiamo
rilanciare il ruolo cosmopolitico dell'Europa
e accogliere l'invito di Giovanni Bianchi
per una "Europa oltre se stessa"
: " Lungo le strade della crisi l'Europa
cresce, nel mare in tempesta....Non turisti
dunque, ma ostinati viaggiatori della politica
i nuovi europei ."
Marco Pezzoni
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