15 Settembre, 2002
IL TOPONIMO di Ennio Serventi
E così ce l’hanno fatta! Con il blitz estivo dei comunali e, come dice Kiro, dei falsi e degli ipocriti e forse dei melomani ( ma questo lo dico io) hanno cancellato quell’antico toponimo.
IL TOPONIMO di Ennio Serventi
E così ce l’hanno fatta! Con il blitz estivo
dei comunali e, come dice Kiro, dei falsi
e degli ipocriti e forse dei melomani ( ma
questo lo dico io) hanno cancellato quell’antico
toponimo.
Aveva resistito nei secoli ai soldati stranieri
ed a quelli nostrani, ai tedeschi nell’assalto
alla caserma ed al camminare degli ebrei
e dei derelitti senza casa dell’ultimo dopoguerra.
Era tutt’uno con il profumo di grappa e di
vinacce. Per sradicarlo a fare posto al nome
di un sergente della GNR è stato necessario
essere forti e così sono accorsi anche quelli
del PD. Era bello quel toponimo che, nella
inversione degli aggettivi, sembrava volersi
contrapporre alla più nota via Lungastretta
ed evocare rivalità di rione. Mediana fra
le due vie era e rimane la via Stretta COrta
dalla quale adesso non passa mai nessuno.
Ma un 25 aprile di tanti anni fa, da quella
via Strettacorta passarono i partigiani di
Gianfranco Amici nel loro tentativo di attraversare
il corso battuto dai fucili degli ultimi
fascisti asserragliati dalle parti dell’ex
palazzo della rivoluzione.
Strada popolare di carrettieri, fornaciai,
renaioli e, per fame, fraudolenti pescatori,
via Lungastretta in leggero pendio portava
alla cascina del signor Panizza, quello dell’argine.
LO fece costruire lui per difendere le sue
terre dall’acqua del Morbasco che ad ogni
piena primaverile ed autunnale del PO, completamente
o parzialmente, le sommergeva. DA un cancello
in fondo all’aia della cascina si arrivava
ai campi e l’argine cominciava in quel punto,
in riva sinistra del Cavo. Alto e sinuoso
seguiva il corso dell’acqua fino a congiungersi
alla attuale via Bosco.
SE via Lungastretta era la via dei “Panizza”
la Strettalunga era la via dei Verzellesi.
Abitavano la casa d’angolo con via dei Mille.
Dall’altra parte, addossata all’ex convento
di s. Benedetto, la casetta del maresciallo
Lucia e della sua numerosa famiglia. Ermanno
aveva (forse ha) la mia stessa età, ed era
(è) il figlio maschio del maresciallo, emigrò
in Belgio. Andò anche se la tragedia alla
miniera di Marcinelle era già avvenuta. Erano,
i Verzellesi ed i Lucia, gli unici abitanti
di quella strada che alla stagione buona
profumava il quartiere.
Erano distillatori di professione i Verzellesi.
Li nei cortili oggi trasformati in parcheggio,
ammucchiavano e distillavano gli scarti di
pigiature e di successive torchiature che
gli osti cremonesi portavano. Poi l’uso degli
osti di pigiare l’uva sulla porta di casa
passò, le bottiglie di grappa dalla etichetta
azzurrina con la scritta”Distillerie Verzellesi”
nobilitate da quel plurale finirono. Per
noi non ci furono più da comprare, con pochi
soldi, i residui della distillazione destinati
ad essere bruciarti nelle stufa della cucina,
unico ambiente dell’ abitazione dove era
possibile godere di un certo tepore.
Se ne è andato il tepore di quel fuoco ed
il profumo aspro del graspo e della vinaccia
in fermento che negli autunni inondava le
strade. Ora se ne va anche il toponimo che
in qualche misura tutto questo racchiudeva
ed il nuovo non riporta a noi il profumo
di quegli autunni né, ai cultori del bel
canto, le profondità verdiane. Per gli uni
e per gli altri saranno rimbombi di spari
e l’eco dello strazio che si rincorre per
la vallata. Per alcuni, forse, sarà anche
dubbioso rimorso. ED il ricordo triste va
al figlio della Righeta ,al padre di Bucabela
ed agli altri che non sono tornati ed i loro
nomi stanno scritti sulla lapide sotto il
portico del comune. No, non passerò più per
quella strada.
Ennio Serventi
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