15 Settembre, 2002
Dice bene la Fiom quando afferma che “il lavoro è un bene comune”,
Anni di teologia neoliberista hanno sancito la santità del mercato rendendo incapaci di potere prospettare un futuro
Dice bene la Fiom quando afferma che “il
lavoro è un bene comune”, cioè è un bene
che va salvaguardato che riguarda la collettività
e di cui la collettività si deve fare carico.
Allo stesso modo è un bene comune l'ambiente,
dalla cui salubrità deriva o meno la nostra
salute e il nostro futuro. Anni di teologia
neoliberista hanno sancito la santità del
mercato rendendo incapaci di potere prospettare
un futuro (ma anche un presente) che potesse
essere alternativo allo sfruttamento intensivo
di lavoro e ambiente. La crisi economico
finanziaria, tanto imprevista (dai sacerdoti
del libero mercato) quanto prevista (da chi
ha saputo discostarsi del pensiero unico
neoliberista), e la crisi ambientale (effetto
serra, ma pensando localmente cementificazione
del territorio, discariche di amianto, sversamenti
nei fiumi ecc) hanno fatto pensare che una
prospettiva che potesse conciliare lavoro,
ambiente, ma anche il capitale è percorribile.
E' la cosiddetta green economy, quella basata
su risparmio energetico, riciclaggio, energie
alternative. Tuttavia economia verde non
si traduce necessariamente in tutela ambientale,
basti pensare alle colture intensive per
la produzione di biocarburanti che inquinano
e sottraggono terreni che dovrebbero essere
adibiti alla produzione di cibo, né significa
necessariamente dignità e diritti del e nel
lavoro, visto che si possono produrre pannelli
solari sottopagando i lavoratori. Proprio
per questo motivo è il lavoro che può diventare
l'autentico motore della conversione ambientale
dell'apparato produttivo e dei modelli di
consumo, anziché il capitale con la sua voracità
di profitto.
Stefano Zurpa
Nidil-Cgil Cremona
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