15 Settembre, 2002
Riflessioni sul 25 aprile.
di Massimo Negri - Casalmaggiore (CR)
Cari amici di Welfare Cremona,
la ricorrenza del 25 aprile mi spinge a riflettere
sulla fortuna che
abbiamo, come italiani, di avere a disposizione
un buon numero
di scrittori che sapendo unire il piano letterario
a quello storico
contribuiscono a formare la nostra memoria
civile e politica.
Giorgio Bassani e Beppe Fenoglio, Carlo e
Primo Levi, Cesare
Pavese ed Elio Vittorini sono solo i primi
sei nomi illustri che
mi vengono in mente.
Vi sono però pure degli autori minori degni
di menzione.
Uno di questi è Mario Mantovani, uno scrittore-cantautore,
orgini bresciane ed ora cremonese e che ricordo
per una bella serata (2
novembre 2001)
a Casalmaggiore (CR) dove venne a presentare
"Voci d' acqua"
(Ed. Biblioteca del Vascello).
Chitarra in mano, alternava le canzoni con
la lettura di brani del
libro e con la proiezione delle diapositive
di un viaggio in
bicicletta da lui compiuto, d' estate, da
casa sua sino alla foce
del Po, "inseguendo le voci della memoria,
alla ricerca dell' anima
dei luoghi" (come recita il retro di
copertina).
Prima di proporre alla vostra attenzione
alcune pagine del libro,
desidero spendere due parole su Gualtieri
(RE), una delle tappe
più suggestive della lunga pedalata.
E' un piccolo borgo a ridosso dell' argine
del Po, con una larga
piazza a giardini ed un museo dedicato al
pittore naif Antonio
Ligabue che vale una gita.
Protagonista del dialogo con l' autore è
Serafino Prati che ne è
stato per 24 anni il suo Sindaco. Una biografia
d' altri tempi.
Sin da ragazzo inizia a lavorare alla monda
ed al taglio del riso
nel Vercellese. Nel 1922 è bracciante della
Cooperativa di produzione e
lavoro socialista. Bastonato dai fascisti
nel 1925
emigra a Collegno (TO) occupandosi come manovale
edile.
Disoccupato, ritorna a Gualtieri dove è operaio
"a giornata"
e dove si fidanza e si sposa con la mondina
Olimpia Terzi.
Partecipa alla Resistenza e nel dopoguerra
a fianco dell' attività
di Primo Cittadino pubblica diverse opere
di poesia e di storiografia.
Da "Alba sul Po" (Ed. Donati, Parma,
1963) traggo l' inciso :
"la guerra non poteva ascoltare la paura
della popolazione esposta ad
eventuali rappresaglie. La guerra era dappertutto
e la pietà o la prudenza, non avevano più
alcun valore".
Infine, come anticipato, riporto una ampia
citazione da
Mario Mantovani "Voci d' acqua"
(pag. 126-9) :
"Impiegò più di un' ora per rintracciare
Serafino Prati, classe 1905.
A casa gli avevano detto che a quell' ora
stava al circolo a leggere il
giornale, al circolo l' avevano visto allontanarsi
verso
l' argine in bicicletta, sull' argine c'
erano dei bambini che si
rincorrevano. Gli riuscì di trovarlo presso
l' edicola del paese.
Al piano terreno di una villetta popolare
dove viveva con il figlio
e la nuora, Serafino Prati gli raccontava
della sua vita. Lo faceva
stando in piedi, come un vecchio albero,
dietro una scrivania
di formica marrone, sicuro e pulito nel suo
collo di camicia con
cravatta. Mario, ammutolito, ascoltava i
racconti sulla Torino
degli anni venti. L' occupazione delle fabbriche
e Gramsci.
Il fascismo, la guerra e poi il matrimonio
con Olimpia.
Ritornava sovente il ricordo della moglie.
- Senza di lei la mia vita sarebbe stata
poca cosa. Olimpia negli
anni cinquanta mi diceva che non dovevo trascurarla
per la mia
attività politica nel partito socialista.
Si arrabbiò molto quando
nel 1951 vennì eletto Sindaco di Gualtieri.
Poi si abituò ed io
ricoprii quella carica sino al 1975.
A pochi mesi dalla mia elezione, mi ritrovai
ad affrontare la
terribile alluvione del 14 novembre 1951
quando, alle tre del mattino,
saltarono gli argini del torrente Crostolo.
Da parecchi
giorni gli uomini lavoravano al rafforzamento
degli argini ed il
Prefetto mi esortava a resistere perchè il
Po aveva rotto nel
Polesine e quindi il livello della piena
sarebbe diminuito.
In poche ore tutto il paese venne invaso
dalle acque mentre le
famiglie fuggivano o riparavano ai piani
alti delle case.
Io vivevo costantemente in Municipio e solo
verso sera riuscivo
a raggiungere mio figlio ed Olimpia, servendomi
di una barca.
Entravo in casa da una finestra del piano
superiore.
Il racconto di Serafino era intercalato da
continue immagini
poetiche, soprattutto quando parlava delle
lunghe settimane di
permanenza dell' acqua per le strade di Gualtieri.
Le barche vi
scivolavano sopra in un paesaggio da favola.
Descriveva gli
anziani che, attaccati come ostriche alle
loro tradizioni, si erano
rifiutati di abbandonare le case e trascorrevano
le giornate alle
finestre con lo sguardo perso sui tanti oggetti
galleggianti.
Grande era la disperazione e la malinconia,
quasi da non vederne
la fine.
- Intanto il tempo passava e l' acqua cambiava
colore.
Molte persone erano rimaste ai piani alti
delle case e la sera li
vedevi ai davanzali che guardavano le stelle
tra i veli della nebbia.
Passando con la barca potevi sentire i loro
sospiri. Ogni rumore
era attutito, poche persino le parole. Se
qualcuno avesse
brontolato, le sue frasi sarebbero finite
in acqua senza far rumore.
La torre si ergeva maestosa e solitaria tra
il cielo e l' acqua,
a guardia dei valori passati e delle nostre
tradizioni.
Essa ricordava alla gente che passava sulla
sommità arginale
del Po, la fede conservata dalla gente dei
campi, fiduciosa,
nonostante tutto, in un futuro che non poteva
essere peggiore
del presente.
Le parole uscivano dalla bocca di Serafino
con cadenza costante.
Le immagini si accavallavano. Le alluvioni,
i tedeschi che nell' aprile del
'45 non sapevano come traghettare il Po,
la morte
di Ligabue.
- Ligabue morì alle ore venti del 27 maggio
1965 in una corsia
dell' infermeria Carri, mentre fuori tramontava
il sole.
Feci subito affiggere un avviso funebre in
paese e poi, in qualità
di sindaco, pronunciai il discorso commemorativo
al cimitero,
davanti alla sua bara. Al funerale, con me
ed il maresciallo dei
carabinieri, c' erano due o tre persone.
Qualcuno in paese mal
digerì tutto quell' impegno del sindaco per
la morte di un matto.
Sorrideva parlando di Ligabue. Si abbassò
sul cassetto della
scrivania e ne trasse un foglio scritto a
macchina.
- Ecco, questo è il testo del discorso commemorativo.
Serafino, mentre parlava, guardava il grande
argine verde che,
appena dietro la casa, sembrava entrare dalla
finestra aperta.
Mario gli chiese spiegazione di quel riferimento
ai tedeschi.
- Il mese di aprile del '45 arrivò sopra
l' argine maestro di Gualtieri
che la primavera sembrava più primavera del
solito. Le boschine
golenali erano già fiorite ed il Po si gonfiava
lentamente come
succede nel periodo primaverile. Numerose
compagnie di militari
tedeschi, sotto l' incalzare dell' avanzata
alleata, invasero quella
zona con tutta l' intenzione di organizzare,
proprio a ridosso degli
argini, una disperata linea di difesa. Questo
avrebbe consentito,
nel frattempo, di predisporre l' attraversamento
del Po.
I bombardieri inglesi avevano distrutto tutti
i ponti fino a Torino,
tagliando in due la pianura padana.
Gli ufficiali tedeschi, per fare più in fretta,
avevano coinvolto
anche gli italiani che lavoravano per la
TOD, ma tutto fu inutile
perchè gli americani erano ormai arrivati
a pochi chilometri da
Gualtieri. I soldati tedeschi giravano per
il paese con i fucili
spianati, sempre più atterriti dalla morsa
che li stava stritolando.
Il fiume sempre più in piena e gli alleati
in avanzata dall' altra.
Bussavano alle porte, entravano nei cortili
alla ricerca disperata
di qualcosa che li aiutasse ad attraversare
il Po.
Cercavano in particolare i coppertoni di
gomma di qualsiasi
dimensione, di macchina o di bicicletta,
da usare come salvagente. Il fiume
stava ad osservare tutto quel trambusto
sulla riva destra. Aveva l' aria furbesca
di chi stava per combinare
qualcosa. Guardava i militari buttare elmi
e fucili, li spiava mentre
si avvolgevano nei coppertoni, mentre immergevano
i piedi nelle
sue acque aggrappati alle fascine di legna,
alle balle di paglia.
Si buttavano trattenendo il respiro, chiudendo
gli occhi, incorag-
giandosi l' un l' altro. Fu immane la tragedia,
l' ennesima.
Le boschine golenali si riempirono di grida
dure ed incomprensibili, di nomi
strozzati nelle bocche che si riempivano
d' acqua. Pochi riuscirono a raggiungere
il fiume nel mezzo.
La balle di paglia si gonfiavano d' acqua
e si scioglievano in
tanti fili gialli. Decine di mani si aggrappavano
all' acqua, ad
inconsistenti e fragili appigli. C' erano
ragazzi avvolti nei coppertoni
delle biciclette di Gualtieri che annaspavano
e maledivano la Germania.
In poco tempo la superficie del fiume si
disseminò di lugubre
forme galleggianti. Centinaia di cadaveri
venivano lentamente
trasportati verso il mare, confusi tra gli
improbabili appigli.
Pochi, i migliori nuotatori, i più fortunati
che avevano recuperato
un solido galleggiante, vedevano ormai la
riva mantovana
avvicinarsi. Si chiamavano per nome, si incoraggiavano
a vicenda. Era biondo
quel ragazzo che sembrava ormai prossimo
a toccare un enorme salice ricurvo sull'
acqua. Si considerava
il più fortunato. Gli si riempirono gli occhi
di stupore quando vide
un partigiano sporgersi da dietro il tronco
del salice e puntargli,
dritto negli occhi, il suo fucile. Un colpo
ed il Po si tinse di rosso.
Poi altri partigiani dalla sponda mantovana,
altri colpi e altri
cadaveri a galleggiare. Non è dato sapere
se qualche ragazzo
tedesco riuscì a raggiungere l' argine mantovano,
solo si sa che
per giorni e giorni il fiume nascose nei
suoi anfratti, nelle sue
lanche, una infinità di poveri corpi. Grande
ne fu il fetore tra le
boschine di golena. Toccò agli abitanti di
Gualtieri recuperarli
e dare loro lontana sepoltura.
Dalla scala che porta al piano superiore,
arrivava un malizioso
profumo di pietanze. Serafino Prati ne approfittò
per accennare
al suo ottimo appetito.
- Se intendi ripassare a trovarmi, non devi
lasciar trascorrere
troppo tempo. Ormai ogni giorno è buono per
me.
Mario ripresa la bicicletta in direzione
del mare. Non era stato
facile lasciare quella casa e soprattutto
non sarà possibile
dimenticare Serafino Prati".
Cordiali saluti
Massimo Negri - Casalmaggiore (CR)
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