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15 Settembre, 2002
Il Caimano di Nanni Moretti
Due recensioni pubblicate da www.pol-it.org, la rivista italiana on line di psichiatria

Il Caimano di Nanni Moretti
La sinistra e la paranoia ovvero Maciste contro Freud
di Alberto Sibilla

Questa è una recensione politicamente scorretta, come del resto è scorretto il film, che però mi è piaciuto perché spinge a riflessioni sul passato e sulla stato attuale della cultura di sinistra. In tempi di tramonto per la psicanalisi il film di Nanni Moretti "Il caimano" potrebbe essere utilizzato per spiegare ai (superstiti) studenti della materia la posizione depressiva e quella schizoparanoide teorizzate dalla Klein e il loro continuo intersecarsi. La trama è su due livelli narrativi intercomunicanti: in uno prevalgono gli aspetti depressivi, mentre nell’altro quelli schizoparanoidi.

La storia e la Depressione: la componente depressiva della narrazione descrive le perdite in parte reali del produttore Bruno ( Silvio Orlando) che da anni non riesce a fare film e viene abbandonato dalla moglie, dagli attori che dovrebbero interpretare un suo possibile rientro nel mondo del cinema, dal regista con cui ha lavorato in passato stanco di insuccessi. Ben più grave è il lutto per la perdita di senso per lui, quarantenne che non sa come affrontare il divorzio e l’autonomia della moglie Paola ( Margherita Buy) e si deve confrontare con il mondo giovanile rappresentato dalla giovane regista Teresa ( Jasmine Trinca). Tutto avviene in un contesto di profondi cambiamenti culturali, in cui il suo ruolo non riesce a trovare spazio, mentre tutti sembrano molto sicuri e produttivi. In passato Paola sosteneva Bruno recitando nei suoi film e per una scelta indipendente ha abbandonato il mestiere di attrice per tornare al canto. In una bellissima scena Bruno affronta la moglie che sta per eseguire la sua parte in un concerto di musica barocca e le chiede disperato davanti al pubblico sbigottito che assiste all’esecuzione musicale " ma cosa ti ho fatto?", senza accettare che i legami matrimoniali possono finire anche se non si fa del male e possono essere una conseguenza della raggiunta autonomia della donna. Sempre per la mancata elaborazione del lutto, Bruno non si preoccupa di avere una casa sua, continua a vivere in ufficio con un rapporto tenero con i figli, visti tuttavia come bambini a vita " Ma posso darvi le coccole solo fino a dieci anni ? Peccato". È più immaturo dei figli che a differenza di lui si rendono ben conto e con sofferenza che il matrimonio è finito. I cambiamenti della società sono altrettanto sconvolgenti. Invitato a pranzo a casa della regista, Teresa, capisce che la ragazza è lesbica e si rende conto della sua estraneità dal mondo della coppia, di cui non vuol approfondire le caratteristiche. Sempre nel pranzo vede genitori che accettano i nuovi legami senza battere ciglio e viene indottrinato da un ecologista, tutto preso dalla purezza dell’ulivo ( ! ); è sempre più avulso e perturbato. Le due donne hanno un bambino e questo è un ulteriore motivo di lontananza rispetto a una società radicalmente cambiata, che non riusciamo a capire. Ho usato il plurale e mi sono identificato con Bruno perché mentre scrivo questo pezzo in Spagna un fratello e una sorella con figli hanno chiesto a Zapatero il riconoscimento della loro unione. Ma siamo così convinti che chi vuole il riconoscimento delle unioni di fatto lo faccia per la pensione, la sanità o non piuttosto per dare una convalida sociale a tali relazioni, del tutto sovrapponibile a quella della famiglia eterosessuale? È essere progressisti ratificare queste richieste? In fondo la struttura portante della psicoanalisi è il mito di Edipo considerato in maniera astorica come elemento fondante del passaggio dal mito della simbiosi madre/figlio alla sofferenza e ai limiti dell’esistenza. Per dirla con Lacan è il passaggio dal registro dell’immaginario a quello del simbolico attraverso la metafora paterna, la legge del padre. La famiglia come la vede Freud attraverso l’Edipo è profondamente conflittuale e non idealizzata come la descrive la chiesa cattolica, ma composta da padre, madre e figlio. Il film sembra prendere atto che la figura paterna è cancellata e Bruno non riesce a trovare una sua dimensione sia nella famiglia che nel lavoro. Capisco Bruno e condivido quanto Moretti vuole dire con il suo personaggio e questa parte del film mi è piaciuta molto e stimola meccanismi di identificazione profondi e ha il merito di spingere a continue riflessioni sulla famiglia nella nostra società. Non è così semplice il significato di questi cambiamenti culturali su cui si è spesso accondiscendenti, per essere political correct, senza rifletter troppo sulle conseguenze. Del resto il film è piaciuto anche a Giuliano Ferrara, intellettuale profondamente scorretto, ma conoscitore dall’interno sia della cultura sinistra e appassionato critico nel dibattito sulla nuova famiglia.

La metanarrazione e la paranoia: il secondo leitmotiv del film è invece quello metafilmico: il film nel/sul film. Venendo meno la costellazione edipica subentrano meccanismi più primitivi come quelli descritti dalla Klein: la schizoparanoia e l’idealizzazione. Berlusconi e il suo avvento nella vita culturale ( non solo politica) italiana diventa il protagonista. Ma se andiamo a leggere meglio la vera star è la cultura di sinistra in crisi di identità, incapace di risolvere le sue contraddizioni se non con meccanismi di scissione e proiezione. L’inizio di questo filone della storia è folgorante con la proiezione di un film prodotto da Bruno, Cataratte, con Paola che nei panni di una eroina infilza con un palo, a mo’ di vampiro, il futuro marito marxista leninista, che predica il distacco dai soldi per una vita francescana e al servizio del popolo. Il film nel film inizia quindi da un ripudio del massimalismo con la protagonista che si emancipa dal marito e dalla ideologia. Ma le cose nel tempo cambiano e Paola nel film esce libera rompendo la vetrata che la rinchiude nel vetero comunismo. A questo punto assistiamo al film con l’ingresso di Berlusconi che sposta all’esterno della sinistra il problema. Il nuovo film prodotto da Bruno, che inizialmente non capisce nemmeno la trama, ha un andamento progressivo e il protagonista, il caimano Berlusconi ha il volto di tre attori differenti, che interpretano il leader di Forza Italia in tempi successivi. La prima parte del film è descrittiva della discesa in campo di Berlusconi, con i soliti stereotipi della sinistra. Il punto centrale è il passaggio del ruolo di protagonista da Michele Placido a Moretti attore, chiamato a interpretare il protagonista del film. Placido è un attore consumato, attento ai soldi, al sesso e al successo; di fronte alla regista giovane e altera vuole recitare un personaggio "sfaccettato". La ragazza piena di certezze detesta l’ uomo Placido, invece vuole una recitazione "a tutto tondo" e per questo racconta tutte le nefandezze del Caimano. Bruno, fil rouge, della cultura di sinistra, non si oppone, sposa la tesi massimalista e poco dopo Placido abbandona il personaggio, che viene affidato a Moretti.

Il regista che aveva raccontato con finezza, partecipazione, dolore la estraneità di Bruno rispetto alla società contemporanea, assunti i panni dell’attore dipinge Berlusconi " a tutto tondo" per usare l’espressione di Placido, come il corruttore della società, della televisione, dell’urbanistica, del calcio… La giovane regista Teresa e il suo estremismo vincono in maniera totale. Moretti recita la parte del caimano con una espressione costantemente "incazzata", durissima, sfottente di fronte ai puri e ideali giudici che lo vorrebbero "giustamente" punire. Non ci sono sfumature. Qui torniamo alla psicanalisi e alla Klein che introduce la posizione schizoparanoide come modalità di allontanare da sé le parti cattive e vederle unicamente proiettate all’esterno. Il cavaliere viene visto come il Male, maiuscolo, che corrompe la gente a tal punto che nel finale il popolo, ormai corrotto, si ribella ai giudici. Il diavolo esiste è ha la faccia dura di Moretti che interpreta la destra immaginaria ( non quella sorridente di Berlusconi). Ma Moretti non avrà sentito parlare della Arendt e della banalità del male nell’analisi di un personaggio, ben più pericoloso del Cavaliere, come Eichmann? Questa parte del film è composta da meccanismi di idealizzazione del male e di proiezione all’esterno dei fallimenti e della perdita di senso che angoscia Bruno. Forse se Moretti affidava a un altro attore questa parte era più credibile o forse è proprio questo il senso profondo del film. Berlusconi è il male nel senso che ha distrutto la cultura italiana che era così pura e profonda. Non è un tema secondario nella cultura di sinistra e è d’obbligo il richiamo a Pasolini e alla sua nostalgia per la purezza del passato e del tempo delle lucciole. Sarà mai esistito questo passato mediatico e limitandomi alla televisione, io che non sono più giovanissimo, questi programmi televisivi di stato così belli e colti proprio prima dell’avvento di Mediaset non li ricordo. Bisogna utilizzare profondi meccanismi di scissione e isolare pochi programmi da una massa di noia moralistica; per questo non vedo niente di male nella programmazione di Mediaset, anzi giudico un progresso offrire spettacoli di notte o al mattino per le casalinghe ( la frase è del film e sembra simboleggiare la colpa della corruzione mediatica del caimano). In questi giorni Prodi ha rifiutato di comparire a Mediaset: si vede che è stato convinto da Moretti e scinde anche lui gli spettatori in buoni e cattivi.

Vorrei concludere con una riflessione sull’intervista che il regista ha concesso a Fabio Fazio, in cui in maniera tra lo scherzoso e il serio si cercava di definire il genere a cui appartiene questo film. Posso dire la mia e con una certa sicurezza colloco il film nella fantascienza, genere che rappresenta molto bene le paure della gente, in questo caso della sinistra. L’accostamento non è poi tanto strano e non mi sembra fuori luogo dire che la destra viene descritta come un popolo di alieni, guidata da un subdolo capo senza pietà che si è impadronito del bravo popolo: sembra la trama della serie televisiva X files o la famosa invasione degli ultracorpi. La sinistra potrà dire la stessa cosa di Berlusconi che vede comunisti ovunque e in quetsi giorni anche bambini bolliti: si sa gli alieni sono senza cuore. Chi sarà il vero capo degli alieni e chi salverà l’umanità italiana dalla sofferenza garantendo felicità e ottimismo ? Prodi o Berlusconi ? Il delirio del paranoico è per definizione credibile e la paranoia è contagiosa e sembra una modalità diffusa di vedere la realtà in momenti di perdita. Sicuramente vedere ovunque gli alieni ( verdi e rossi che siano) da sicurezza. Parafrasando il film di Bruno, Maciste ha sconfitto su Freud che teorizzava la famiglia edipica e metteva in guardia dalla felicità e sottolineava il disagio della società. Bisognerà fondare un movimento culturale edipico di fronte all’invasione degli alieni.

***

Il Caimano, chi cambia? ( Nanni Moretti - 2006) di Pino Riefolo

"spesso l’ovvio non viene osservato" - (Bion, Seminari, 242).

Bisogna fare l’ennesimo film su Cristoforo Colombo o niente? Bruno, un produttore in crisi creativa non avrebbe mai voluto trovarsi in quella situazione; in fondo, si può continuare a fingere di essere creativi senza mai creare niente.Nella vita accade che, per una serie di circostanze, bisogna cambiare anche se la ripetizione rassicura assegnandoti una gratificazione anonima che è data a tutti: "era diventato bravissimo nel parlare molto senza dire niente. Uno dei modi più efficaci di mentire" (Katzenbach, L’analista, 440). A Bruno succede di dover cambiare per caso, nonostante se stesso: non può più fare gli stessi film insignificanti a cui, pure, tiene molto e il caso gli consegna una storia che tutti conoscono, ma che nessuno sa dire: "porca miseria!… un film su Berlusconi!… come ho fatto a non capirlo prima?".

Forse il film parla della stanchezza che ti prende quando senti che il tuo sogno è troppo piccolo perché qualcun altro lo possa condividere e che possa crescere: "Vedrai — dice Bruno al suo regista - con questo modellino possiamo girare tutte le scene!"; "Ma è un giocattolo… non possiamo girare il film!". Per questo il regista andrà via e Bruno rimarrà solo.

La fine del film mi trovava ad applaudire meccanicamente, con i pensieri altrove, forse disorientato da un finale amaro che mi indicava un futuro prossimo impotente e rassegnato che non riuscivo ad accettare. Mi sono guardato intorno e vedevo che anche per gli altri, forse, era lo stesso smarrimento.

Il giorno dopo guidavo sull’autostrada. Mi aspettavano per parlare di Roberto che era stato all’università, ingegneria elettronica, e da 10 anni si era ritirato nel suo paesino dove il suo tempo si era bloccato. Aveva organizzato ossessivamente ogni momento della sua giornata e quando voleva parlare c’erano "Quelli della Storia", comandati da Clinton, con cui aveva il suo dialogo intimo e a cui nessuno poteva partecipare. Forse si era bloccato perché una donna l’aveva lasciato; o forse perché il padre era morto; o forse perché la madre era una persona strana che aveva le unghie ben curate, ma a casa gli operatori non riuscivano ad entrare per la terribile puzza di "cose andate a male": chi lo sa che cosa viene prima! Sta di fatto che questo era Roberto. Lui aveva attraversato molti servizi, ma pochi lo ricordavano… le cartelle cliniche spesso erano vuote! Si capisce subito che per sopravvivere Roberto deve aver scelto la strategia del fantasma. Ad un certo punto, però deve aver avuto la necessità di sentirsi vivo e di farsi vedere: ha cominciato a dialogare ad alta voce, alla finestra, con "Quelli della Storia" ed è stato ricoverato dove, per l’agitazione, hanno dovuto anche contenerlo per alcune ore. Ci si chiede, quindi perché Roberto, ora, può aver cominciato a desiderare di rendersi visibile?. Si cercano le cause più ovvie: i farmaci, la madre che non ce la fa più, gli anni che passano; ma poi qualcuno parla di quando Roberto è andato al Centro Diurno ed ha partecipato al gruppo con gli altri pazienti "psicotici". La dottoressa, senza pensarci molto, si era trovata a consigliargli di evitare, possibilmente di parlare di Clinton e di "Quelli della Storia" perché temeva avrebbe potuto spaventare gli altri pazienti ed essere respinto da loro. Ci si rende conto che era la prima volta che Roberto sperimentava - seppure attraverso gli altri - il contatto con la propria psicosi, e, chissà perché, la reazione automatica del mondo era di temere che lui potesse, impotente, esserne respinto e sconfitto. Forse per tutta la vita aveva organizzato l’evitamento di una zona autentica di Sé e forse, adesso, il problema del suo futuro era se e come potersene occupare. A questo punto, molti parlano della sensazione che lui evocava di estremo rischio di agitazione e di violenza… una mina inesplosa. Il fantasma fa paura quando si rende visibile e Roberto, ora, metteva paura. Poi qualcuno parla dei grandi occhi chiari con grandi ciglia di Roberto: strano! un fantasma dagli occhi buoni che deve aver avuto paura di contattare la propria psicosi in quel gruppo del Centro Diurno. Io sto ancora pensando al film e vedo la Caravella che scivola dal sogno di Bruno verso qualcun altro che non l’aveva mai sognata, ma che se ne impossessa. Nel film, a quel punto non hanno più senso le parole, ma le scene e la musica dicono della rabbia di uno che si scopre impotente e derubato di un sogno.

Quando vedi che la tua donna ti è stata tolta da un altro, allora nel film finiscono le parole, e vai solo, in giro, perché niente ti tiene se hai perso qualcosa di fondamentale (quello che gli psicoanalisti chiamano "Oggetto-Sé"). Il film allora si apre e ti accorgi che stai perdendo tutto nonostante per tanto tempo ti affannavi ad illuderti che potevi ancora fare sempre un altro film. Per strada ti investe un tuo antico sogno che a suo tempo hai dovuto lasciare ed ora ti ritorna con le dimensioni mostruose della realtà. Come in un film di Fellini, ipnotizzato, Bruno si trova a seguirlo perché è mille volte più grande della Caravella che aveva immaginato. Inseguendo quella visione dalle dimensioni mostruose senti che arriverai a toccare altre ferite. Infatti la Caravella che, di notte, scivola per le strade di Roma, porterà Bruno a scoprire che lui non potrà fare il film che vuole. E’ qualcosa che già sapeva da tempo! Forse solo a questo punto Bruno sente che bisogna cambiare, perché tutto è già cambiato. Gli analisti sanno che le trasformazioni chiedono che ciò che è concreto e pesante diventi, con gran fatica, leggero e possibile: "quanta delicatezza … è necessaria per essere un Perseo, vincitore di mostri!" (Calvino, Lezioni americane, 7).

Come per Roberto, è un momento doloroso in cui senti che non puoi continuare a evitare di sapere: "voi italiani siete un popolo strano… scavate… scavate… siete sul fondo e continuate a scavare…". Scavare significa che con Paola si possa continuare a parlare di compiti concreti da distribuirsi e di come evitare di far sapere ai figli che quei genitori si sono da tempo separati, illudendosi che i figli non lo sappiano già. Ma forse, ad un certo punto non è più possibile scavare e la disperazione affiora. Paola tocca finalmente la rabbia di Bruno: "perché hai fatto questa cosa terribile?". In fondo è il primo contatto autentico fra due persone che si sono incontrate sul falso set di "Cataratte", un film improbabile che descrive un’altra sufficiente falsità su cui ora, dopo un po’ di anni, per fortuna, si può ridere. Ricordo Annalisa , che ha i miei anni e che seguo da sempre, quando un giorno mi disse che dai nostri incontri aveva imparato soprattutto a sorridere delle situazioni terribili che le accadevano. Forse per paura di essere fraintesa fece una precisazione che confessava quanto io fossi cambiato per lei: "eppure, dottore, lei sembra una persona così seria!".

Il film, penso, suggerisce esattamente questa possibilità: per ridere bisogna essere profondamente seri. Il Caimano saluta agitando la mano dall’alto di un elicottero, salta fra la le majorette e la folla, silenziosa e triste di un teatro televisivo: " vi ho dato la televisione anche la mattina e non più solo programmi grigi… non è bello tutto questo?". Mi è capitato recentemente di vedere il video di un discorso di Mussolini da un terrazzo di Ancona. Perché in quegli anni quello spettacolo non suscitava niente di strano e veniva preso sul serio? Evidentemente, per quelli di allora, in quella contingenza storica, mancava il senso del comico che ti permette in certe situazioni di sopravvivere e di non farti schiacciare dalla concretezza estrema e pesante di una realtà sciagurata. L’interpretazione di Moretti per me ha avuto l’effetto inverso: tolta la patina del comico, il giullare ora dice una verità terribile e le frasi finali che lo stesso Moretti enuncia fanno pensare ad altre frasi che "Gian Maria" in tante occasioni ha citato parlando della mafia e dei mafiosi.

Il film procede con la cadenza degli eventi tristi che sembrano avere solo l’esito della rassegnazione impotente: "è inutile fare un film sulla storia di Berlusconi perché tutti sanno già tutto e poi lui ha già vinto…". Il progetto di Bruno, colto per caso, sembra impossibile da realizzarsi. Il buldozer che distrugge la parete della stanza del set che Bruno ha reso sua addormentandosi distrutto, è un’immagine terribile che ti costringe, impotente, a prendere contatto con quella realtà esterna da cui il tuo sonno, per un attimo, ti aveva distratto. Bruno rimane immobile, rassegnato, forse perché, alcune volte, quello che vedi accadere fuori, in qualche modo intimo ti appartiene già. Risulta difficile immaginare che quella macchina, che colpo dopo colpo distrugge un esile diaframma protettivo, sia guidata da un uomo o non sia piuttosto un mostro insensibile ed inesorabile.

A questo punto il film ha un improvviso guizzo. Bruno accetta finalmente la separazione da Paola e solo allora ci si risolve dall’impotenza "devi dire ‘azione!’… devi dirlo con forza!". Il film, alla fine, è una riflessione sui cambiamenti e su chi deve promuoverli. Da fuori possono solo venirci le occasioni, ma gli analisti e gli artisti sanno che le trasformazioni possono solo essere intime. E’ il notaio che consegna a Bruno la possibilità, finalmente di filmare l’ultimo giorno del Caimano: "ma chi li paga tutte queste persone?" chiede Andrea al padre mentre si aggirano fra la confusione del set che timidamente prende il via. E "se poi il film va male?". Bruno non sa cosa rispondere: "Che domande sono queste?… il film va… va…". Si tratta di un atto disperato?. Penso che si tratti del campo delle possibilità: è un percorso che parte dalla impossibilità di ripetere all’infinito storie su Cristoforo Colombo; che parte dalla sensazione di rimanere soli proprio quando si decide di cambiare; che parte dalla incapacità a poter dire alla tua donna quanto lei sia importante per te fino a rendersi conto che, nonostante pensavi che niente sarebbe cambiato, tutto sta cambiando, e da tempo, perché i tuoi sogni ti ritornano indietro come boomerang dalle dimensioni mostruose. E quei sogni non li riconosci più come tuoi, perché ti vengono regalati da un altro come fossero suoi: "… è sempre in un rifiuto della visione diretta che sta la forza di Perseo, ma non in un rifiuto della realtà del mondo di mostri in cui gli è toccato vivere, una realtà che egli porta con sé, che assume come proprio fardello" (Calvino, Lezioni Americane, 7)*.

 


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