15 Settembre, 2002
Torre de’ Picenardi – in tempi più antichi Torri de’ Malamberti
Un decreto del Re d’Italia Vittorio Emanuele II, nel 1868, unificò 4 comuni e le rispettive frazioni, assegnando il “titolo” di capoluogo a Torre de’ Picenardi.
Torre de’ Picenardi
Un decreto del Re d’Italia Vittorio Emanuele
II, nel 1868, unificò 4 comuni e le rispettive
frazioni, assegnando il “titolo” di capoluogo
a Torre de’ Picenardi. San Lorenzo Picenardi
– con Canove de’ Biazzi –, Pozzo Baronzio,
Ca’ de’ Caggi: il territorio di questi paesi
è costellato da “ville” e cascinali più o
meno fortificati nel passato. Siamo in una
terra di confine per lunghi secoli strategica
nelle guerre tra signorie. La toponomastica
è già rivelatrice dell’importanza dei singoli
casati nel determinare le sorti dei centri
rurali del territorio.
Torre de’ Picenardi – in tempi più antichi
Torri de’ Malamberti – conserva nel nome
testimonianza di ciò che in origine doveva
essere: torre, ovvero posizione militare
anche in tempi di longobardi, trasformato
successivamente in “castello”. I Picenardi
ne sono possessori dagli inizi del secolo
XVI. «Nel 1713 l’Imperatore Carlo VI stabilì
di concedere, per intercessione della propria
consorte, il titolo di Marchese al Capitano
Sforza Picenardi che desiderava appoggiare
quel titolo sulle terre che ne portavano
il nome. Le Torri, S. Lorenzo e la Cappella
negarono l’assenso desiderando rimanere immuni
da ogni titolo feudale ed il capitano Sforza
abbandonò l’agognato disegno ed optò per
il Marchesato di Calvatone.»
San Lorenzo Picenardi – già San Lorenzo de’
Faroldis nelle pergamene del secolo XIII:
«fondo rustico dei contadini semiliberi».
A parte il già accennato “scatto d’orgoglio”
con il quale si rifiutò di essere infeudato
al marchese Sforza Picenardi (1713), il nome
del paese resterà iscritto negli annali di
storia sulle pagine dedicate alla lotta tra
Cabrino Fondulo ed i Visconti, anche attraverso
le gesta, decantate dal marchese di Mantova,
«del suo fedele armigero Boldrigo Tedoldi
da San Lorenzo Picenardi».
Canove de’ Biazzi – ovvero Ca’ Nove – appaiono
nei documenti, tristi memorie, attraverso
la cronaca della peste che miete le sue vittime
attorno al 1468-72. «Biazzi è il cognome
di una famiglia del luogo, nota per aver
dato un militare, certo Biazo, ai Gonzaga
di Mantova, come scrive il Vicario di Mariana
in una lettera del 4 settembre 1511. I Biazzi
avevano possedimenti in questi luoghi o lo
stesso Biazo li ricevette in premio per il
suo valore militare.»
Pozzo Baronzio – il “Peteus Baroncii” ricordato
dallo storico Astegiano – è presente nei
documenti sin dal 1200. «È assai probabile
che il paese sia di origine longobarda. La
radice “bar” significa cespuglio, in senso
lato campo da coltivare, campo cintato.»
Si sa che era munito di rocca già nel 1312
– la assediavano le truppe ghibelline di
Cremona.
Il territorio del paese, come molti altri
del Cremonese e non soltanto, fu bonificato
da monaci che lo avevano lasciato solo in
epoca Napoleonica. Bonifica, dunque acqua
potabile: il “significato” di Pozzo Baronzio
sarebbe “pozzo d’acqua in un campo cintato”.
Minuscolo borgo rurale ma con due castelli:
in uno «smaltivano le fatiche di governo»
i baroni di Spagna (Carlo V compreso), l’altro
sembra essere l’attuale Castel Persegano.
Ca’ de’ Caggi – citata nel 1387 come Case
de’ Chatis, nel 1516 Cha de’ Catti – orgogliosamente
indipendente fino al 1867.
«Merita di essere ricordato che in questa
piccola frazione nel 1939, primo in Italia,
sorse un centro sperimentale di fecondazione
artificiale dei bovini voluto e seguito personalmente
fino al 1955 dal veterinario condotto dottor
Domenico Vighenzi.»
Torre de’ Angiolini – San Salvatore della
Torre, ovvero San Salvatùur: se ci è concesso
un po’ di enfasi sulla storia sociale, ricordiamo
con qualche sottolineatura le circostanze
per le quali la documentazione scritta ci
fa memoria di questo borgo. Viene citato
nei documenti del secolo XIII per le decime
(vedi la nota faccenda di dare a Cesare quel
che di Cesare e alla Chiesa quel che è dovuto
alla Chiesa); poi, nel 1387, «negli Statuti
di Cremona leggiamo di Case de’ Chatis e
di Turris Anzelini de Surdis (che nel 1468
prenderà il nome l’attuale nome di Torre
Angiolini) a proposito di epidemie sviluppatesi
nel nostro territorio». Della gente di San
Salvatùur sappiamo dunque che pagava le tasse
e moriva di epidemie radicate negli stenti.
Ville e castelli
Villa-castello ex Sommi Picenardi
«La Villa-Castello di proprietà della famiglia
Cassani ha un nobile aspetto. Vi si entra
da un ponte levatoio che, munito di due vedette,
attraversa l’ampia fossa che circonda l’edificio
e parte del giardino adiacente. Prima di
oltrepassare il ponte si osserva la parte
più antica della villa detta il Castellotto,
cinta da un muro alla guelfa, con una casa
con finestre bifore ed una piccola torre
merlata alla ghibellina. Dall’ampio cortile
si scorgono le Cappuccine Basse, un lungo
fabbricato con finestre a colonnette, interrotto
al centro dall’Oratorio privato, in perfetto
in stile gotico, dedicato alla Visitazione
della beata Vergine e la maestosa parte nobile
della villa un misto di architettura civile
e militare, attraverso la quale si accede
alle magnifiche Sala della Pallacorda, più
conosciuta come Sala degli Specchi ed alla
Sala delle Colonne. Pregevole è la bibliopinacoteca,
un grande ambiente con volta a botte realizzato
dal Voghera nel 1817. La parte del fabbricato
a sud, forse la più antica di tutte, fu restaurata
e rifatta nella seconda metà del sec. VI
dal Cavaliere Sforza Picenardi Dietro al
castello c’è il grande parco voluto dai Picenardi
nel 1772. Fu uno dei primi giardini all’inglese
realizzato in Italia. Il percorso è suggestivo
e si snoda tra tempietti classici (Bacco),
finte rovine, laghetti e l’Arco palladiano
della Concordia da cui si intravede la quinta
del Belvedere. A sinistra ci sono sei liriodendri
di notevole bellezza, numerosi tassi e boschetti
di ciliegi selvatici.»
Il villino di Torre Picenardi
«In fondo a via Cavour (el Gheèt ), circondato
da un magnifico giardino all’italiana di
40 pertiche cremonesi … si erge il Villino
(…). Molto interessante l’edificio vicino
al cancello d’ingresso, costruito nel 1826
su progetto del Voghera che disegnò anche
le colonne doriche ed il villino accanto,
edificato nel 1899 dall’arch. cremonese Repellini.
Appoggiato ad una torre merlata di stile
gotico di singolare bellezza, il villino
è ornato di cornici di terracotta, di motivi
d’arte e di un bassorilievo riproducente
una Madonna del Settignano. Su di un a piccola
altura c’è un tempietto dorico dedicato a
Priapo, “Hortorum custodi vigili” e su una
collinetta l’edificio rotondo d’ordine corinzio
dedicato a Castore e Polluce che vuol richiamare
l’amore fraterno A due passi, sornione, scorre
il limpido Bolla.»
Castello di San Lorenzo Picenardi
«Il Castello di San Lorenzo Picenardi, immerso
in un parco di 50.000 mq. verdeggiante e
ricco di giardini e piante anche secolari,
sorge, immenso e maestoso in prossimità della
statale n° 10, Padana Inferiore. Per dimensioni
è la più grande residenza castellata del
cremonese e probabilmente della Lombardia.
La prima memoria scritta di questo fortilizio
è del 1428 e se ne trova testimonianza negli
archivi milanesi. L’aspetto attuale risale
al 1829 ed è merito dell’Arch. Luigi Voghera
che si ispirò all’immagine dei castelli medioevali.
Circondato da un’antica cerchia di mura esterne,
originaria dell’alto medio evo (sec. IX )
e mai rimaneggiata nel tempo, è visibile
anche da grande distanza, pur non sorgendo
su un’altura, grazie alle sue sei torri ed
alle ampie merlature. Inoltrarsi in questa
residenza immersa nel verde, seguirne i percorsi
e visitare il parlatorio, la sala delle stagioni,
la sala del giovinetto, il salone delle cerimonie,
la sala di Apollo e la sala rosa significa
lasciarsi alle spalle il frastuono della
modernità e farsi avvolgere dall’atmosfera
suggestiva ed incantevole del sogno, del
ritorno al passato, della memoria, che in
ogni pietra, in ogni scorcio del castello
ha lasciato la sua impronta seducente. Naturalmente
non manca la cappella, tutta medioevale,
ricca di tracce architettoniche tardo romantiche
e gotiche, dedicata a Santa Vittoria.»
Villa Martini e Cascina Grande a San Lorenzo
Picenardi
«La villa, databile a circa metà ottocento,
è immersa nel verde di un grande parco. Elegante
nella sua semplicità ed austerità, è uno
degli esempi più imponenti di villa di questo
periodo. (…) Questa villa fa parte integrante
della Cascina Grande. Sorge maestosa a spiare
i passeggeri della strada napolenica Cremona-Mantova,
la strada più larga d’Italia, ora statale
n° 10.»
La Cascina Pallavicino a Ca’ de’ Caggi
«La cascina Pallavicino è di origini settecentesche
ed è una tipica cascina-lavoro della bassa
Lombardia. Comprende la villa padronale,
la casa del fittabile con il forno e le abitazioni
contadine di tipo ottocentesco. È presente
una chiesetta dedicata a San Carlo Borromeo,
il cui Oratorio con matroneo (caratteristica
rarissima in provincia di Cremona) fu restaurato
nel 1830 dal Marchese Ludovico Antonio Pallavicino.»
L’Amministrazione
Gli Amministratori del Comune di TORRE DE'
PICENARDI
Sindaco (eletto nel 2004): GALAFASSI VALTER
La Giunta:BAZZANI MARIO
GARAVELLI RITA
ONETA GIOVANNI
VELLI ALDO
Il Consiglio:
ARCARI EDGARDO
CAPORALI GUINDANI MATTEO
DONATI FABIO
FALLI ALDO
LOMBARDI GIANFRANCO
ONETA PAOLO
PESCHERA WILLIAM
SILVESTRI PAOLA
TABAGLIO GIOVANNA
Informazioni utili:
· sito della Pro-Loco di Torre dè Picenardi
: http://www.prolocotorredepicenardi.it/
Fonte: www.comune.torredepicenardi.cr.it.
Le notizie storiche sono tratte da scritti
del dott. F.C. Carreri e di Guido Sommi Picenardi
dati alle stampe rispettivamente nel 1895
e 1909 e da pubblicazioni e manoscritti del
maestro Gianni Guerreschi.
· materiale raccolto ed organizzato da Gian
Carlo Storti, Cremona 31 maggio 2006
 
|