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 Storia Cremonese

15 Settembre, 2002
Casalbuttano dalle cornici dorate
Un castello, o forse una dimora signorile fortificata: ecco la “fortezza” attorno al quale ruotava la vita di questo centro rurale della cui esistenza le cronache

Casalbuttano dalle cornici dorate

Un castello, o forse una dimora signorile fortificata: ecco la “fortezza” attorno al quale ruotava la vita di questo centro rurale della cui esistenza le cronache – o, come a volte succedeva: gli atti di proprietà terriera – riferiscono sin dal secolo XI. E, appunto, da un atto di permuta di beni terrieri veniamo a conoscere Ugo, capostipite della famiglia “De Casali Butano”, messo del vescovo di Cremona.
Guerre battaglie scaramucce di epoca feudale lo coinvolgono in modo devastante, è il caso di dire, quando per mano “dei milanesi” Casalbuttano viene incendiato (1217), come del resto vengono messi a ferro e fuoco molti centri del cremonese. Non esce indenne nemmeno dalle pestilenze del 1600, la sua popolazione ne resta decimata. Ma la forza di Casalbuttano sta anche nelle famiglie possidenti, caratterizzate da un rapporto meno distaccato rispetto ad un diffuso modo (“predatorio”) di gestire la proprietà terriera. Casalbuttano arriverà alla fine del secolo XIX non più anonimo “borgo rurale” ma, come si usa dire, “ridente cittadina”, con un teatro, con numerosi e importanti opifici – le filande, la latteria di Amilcare Robbiani e Gino Usuelli, le “Aste dorate” – la Società Operaia e Contadina, in seguito Associazione di Mutuo Soccorso fra gli Operai e le Operaie di Casalbuttano ed Uniti (1878-1960 cca) e, all’inizio del nuovo secolo, persino una fanfara ciclistica, una società sportiva (1907) con squadra di calcio (1913), con l’Unione Operaia Escursionisti Italiani e la Sezione Alpinistica Casalbuttanese, una sezione del Touring Club (1902) con la Squadra Cicloturistica.
Una vera ricchezza culturale e sociale, dunque, sopra la quale cominceranno ad addensarsi le nubi non appena le manifatture, in un tempo sì d’avanguardia, perderanno la loro forza trainante, fino alla loro definitiva scomparsa. Questa è la storia dell’ultimo secolo.


Le famiglie di Casalbuttano

Bisogna ricordare l’importanza, sin dal 1500, della famiglia Schinchinelli la quale, con decreto emesso da Francesco II Sforza nel 1522, riscuoterà il dazio su pane, vino e carne; nel 1627 – sotto il dominio spagnolo – il borgo viene concesso in feudo a Oliviero Schinchinelli che così assumerà il titolo di “conte di Casalbuttano”.
Altrettanto rilievo spetta ad altre due famiglie: se i Jacini furono esponenti – anche nel contesto nazionale – dell’economia e della politica dell’800, i Turina non furono di meno nel mondo delle arti. Casalbuttano ama ricordare di aver ispirato a Vincenzo Bellini – “il bel catanese” – una delle sue più amate opere, la Norma, commissionata per il Teatro alla Scala di Milano e andata in scena per la prima volta nel 1831. Scrive Friedrich Lippmann: «[Bellini] visse per mesi ospite nelle ville di campagna delle famiglie Cantù e Turina. Con Giuditta Turina, moglie infelice del latifondista e fabbricante di seta Ferdinando Turina, Bellini ebbe un’appassionata relazione amorosa iniziata nell’aprile del 1828 a Genova, dove il compositore aveva inaugurato con successo il teatro Carlo Felice con la seconda versione dell’opera Bianca e Fernando, e durata fino al 1833.» Intitolare, dunque il teatro di Casalbuttano a Vincenzo Bellini, può essere definito, più che un atto doveroso, un “atto d’amore”.

Della famiglia Jacini ebbe più notorietà di altri il conte Stefano (Casalbuttano, 1826 – Milano, 1891); figlio del Risorgimento, stretto collaboratore di Cavour, deputato e in seguito senatore, politico liberale moderato. Negli anni in cui ricopriva la carico di Ministro dei Lavori pubblici, si era dedicato al problema del miglioramento dei collegamenti ferroviari e dello stato delle rete stradale. Ma il suo nome è legato principalmente all’inchiesta agraria commissionata dal Parlamento nel 1877 e la quale si protrasse fino al 1884. I risultati di questa inchiesta sono oggi una fonte tanto preziosa per la ricerca storica di quanto non fossero, all’epoca, fonte di ispirazione per le scelte politico-economiche del governo.

Non si hanno notizie precise su come un ramo della famiglia Podestà fosse approdato a Casalbuttano. Nel 1700 furono affittuari sulle terre degli Schinchinelli nel Comune di Polengo e divennero solo in seguito possidenti. Per la storia del comune è doveroso ricordare la figura di Francesco Podestà, ingegnere, sindaco dal 1868 al 1871. Di lui scriverà Giovanni Triacchini: «Gli si attribuisce tra gli altri meriti di essere stato il maggior promotore dell’acquisto dai Turina del loro vecchio palazzo – oggi sede della biblioteca – dove vennero portati il Municipio, le scuole e l’asilo, la sede della Guardia Nazionale e altro; nonché della realizzazione del Teatro Comunale.
Trasferitosi a Cremona fece progetti, tra l’altre cose, affinché la città, a mezzo del suo Naviglio Civico, potesse fruire di una dotazione d’acque più rispondenti ai bisogni dell’igiene, dei pubblici servizi e delle industrie cittadine, caldeggiando l’idea di sfruttare per il comune benessere le forze motrici ritraibili dalle acque stesse. Fu altresì presidente del collegio degli ingegneri e architetti di Cremona e provincia, presidente della congregazione di carità dell’Ospedale Ugolani Dati (vi scrisse un libretto: La Beneficenza associata alla Previdenza); fu consigliere e assessore comunale di Cremona, consigliere della Camera di Commercio, presidente dell’ultima loggia massonica cremonese, la Quinto Curzio. Fu valente soldato con Garibaldi. Sostenne la congiunzione di tutti i servizi di viabilità in un solo grande ponte sul Po, senza del quale Cremona avrebbe per sempre dovuto rinunciare all’aspirazione di trovarsi collocata sopra una strada ferrata di importanza più che nazionale.
Francesco Podestà morì a 63 anni nella sua casa di Vicolo Cortese 1 a Cremona. Appena dopo verrà compiuta la ferrovia Cremona - Borgo San Donnino (Fidenza) per la quale dedicò tutti i suoi studi e la sua attività.
Trasmetteva ai successori, interrotto, uno studio per una nuova e grande derivazione elettrica dal fiume Serio per la provincia della sua città.
Morendo lasciò in eredità buona parte dell’avito patrimonio al Fondo Pensioni delle Società Operaie di Mutuo Soccorso di Casalbuttano e di Cremona».


Le Aste Dorate

«La famosa ditta di cornici, le Aste Dorate – divenuta poi Cavalli & Poli – è stata per cinquant’anni, più ancora delle filande, il fulcro dell’economia industriale di Casalbuttano e dintorni.»
«si sa che tutte le aste di legno che servono per fabbricare le cornici si chiamano comunque “aste dorate” anche se dorate sempre non sono…»

Dall’annuario Le condizioni industriali della provincia di Cremona del 1888:
«Fabbriche di Aste Dorate: La ditta Podestà Ferdinando & C possiede nel Comune di Casalbuttano una fabbrica di aste dorate e verniciate, con un motore a vapore della forza di 10 cavalli. Come materie prime si adoperano legno, gesso, argento e oro in foglie, alcool, gomme, colle e vernici, prodotti che si ritirano dall’Italia e dall’estero (Germania, Austria). Gli operai impiegati sono 42 tutti maschi adulti; il lavoro è continuo per 280 giorni dell’ anno.»

Dalla monografia dell’industria e commercio della Camera di Commercio dell’anno 1914:
«CASALBUTTANO: superficie territoriale Ettari 2313 di cui agraria e forestale 2131. Mandamento di Casalbuttano, Collegio elettorale politico di Pescarolo, Pretura di Casalbuttano, agenzia imposte di Soresina.
Famiglie n. 1338, di cui 174 a San Vito e 172 a Polengo, 992 nel capoluogo. Popolazione: 4560 a Casalbuttano; 910 a San Vito; 949 a Polengo. Totale: 6585 Km .22 di strade comunali. Esiste il progetto di una tramvia Cremona-Brescia, col tracciato per Casalbuttano, Corte de’ Cortesi, Quinzano d’Oglio, Brescia. Diligenza in servizio pubblico: il mercoledì e il sabato di ogni settimana sul tratto Casalbuttano – S. Martino in Beliseto – Cremona. Mercato: ha luogo tutte le domeniche.
Fiere: due annuali di mediocre importanza.
Industria: […] La Cavalli & Poli, rilevando lo stabilimento Podestà – antica ditta fabbricante aste dorate – ne ha accresciuto la fabbricazione aggiungendovi la segheria, coll’impiego complessivo di 100 operai. Lo stabilimento è illuminato da energia elettrica prodotta da una dinamo di 16 HP.»

«Si arriva alla guerra 1915-1918 nella quale anche la Cavalli & Poli di Casalbuttano ha avuto i suoi morti. È un periodo in cui si lavora attivamente poiché, avendo ottenuto d’essere dichiarato “stabilimento ausiliario nello sforzo bellico” vi si costruiscono – come in città – componenti per aerei e autocarri.
Gli anni del dopoguerra sono quelli del massimo sviluppo della produzione. Entrati a pieno titolo nel mercato dei paesi a lingua inglese, dopo che la Germania l’aveva perso insieme alla guerra, lo stabilimento di Casalbuttano raggiunge una punta di 260 dipendenti, come verrà dichiarato in un consiglio comunale del 1923.
Tutto lascia a presagire un grande futuro – il nuovo regime lo assicura – quando Mussolini decide di rivalutare la lira. È un tiro mancino per l’economia della ditta che vede ridursi sensibilmente le esportazioni ed aumentare i debiti in valuta. Si è costretti a licenziare 110 operai. Niente scioperi, che il regime non consente.
Arriva, a ruota, la cosiddetta “Quota 90” ed è un vero disastro. Si lavora per alcuni periodi a singhiozzo poi, nel 1932, si chiudi e si licenziano 150 persone. Alcuni verranno assunti alla Cavalli & Poli di Cremona. Altri andranno alla Latteria di Casalbuttano […]
Le Aste Dorate di Casalbuttano finiscono qui.»

Fonte: Giovanni Triacchini: Cavalli e Poli – Una cornice alla storia, pubblicato in web: www.cgil.cremona.it/archiviostorico/Cavalli-Poli/Cavalli-Poli-indice.htm)


Il ricordo di Attilio Boldori a S. Vito di Casalbuttano

Nella cascina Traballino una lapide onora la memoria di un uomo ucciso da un manipolo di squadristi, poco più che ragazzi ma fascisti feroci, assassini di Attilio Boldori. L’uomo simbolo del movimento operaio e del socialismo cremonese, individuato in un’auto ferma per un guasto nei pressi della Cascina Marasca di San Vito di Casalbuttano, massacrato a bastonate nei campi dove i suoi assalitori lo inseguono mentre tenta di mettersi in salvo. È l’11 dicembre 1921.
Non si tratta di un “episodio”. Giuseppe Azzoni, nelle sue note Lo squadrismo a Cremona presenta l’interminabile elenco di provocazioni, ferimenti, uccisioni, incendi e altri atti vandalici che contrassegnavano in provincia di Cremona la marcia dei fascisti verso il potere assoluto; non diversa era la situazione in altre parti d’Italia. Nelle zone “rosse” com’era il Cremonese, forse vi erano solo in numero maggiore i “bersagli” – i centri di radicamento sociale e politico della sinistra, i partiti, i giornali, le cooperative – contro i quali accanirsi, indisturbati quando non sostenuti.
Attilio Boldori era un “bersaglio”.
Nato nel comune di Due Miglia (1883), qui sarà eletto nel 1914 consigliere comunale nelle liste del Partito Socialista, poi anche sindaco. In seguito lo troveremo anche nell’Amministrazione provinciale, consigliere prima e vice presidente poi. Torna invalido dalle trincee della Grande Guerra, una guerra che aveva sempre avversato. Redattore dell’Eco del Popolo e membro dell’Esecutivo della Camera del Lavoro. Si dedica alla creazione della Federazione provinciale delle cooperative di consumo e di lavoro. È dunque un vero “bersaglio”. Già nel 1920 era rimasto coinvolto in un attacco squadrista; in quell’occasione a morire era toccato ad altri due compagni. L’11 dicembre 1921, a S. Vito di Casalbuttano, è inciso nella memoria con il sangue di Attilio Boldori..
Scrive Lorenzo Magarini in Ritratti di politici cremonesi dell’otto-novecento: «I tre compagni di viaggio, Cerruti, Pedraneschi e Ferrari, i quali, come Boldori, non portavano armi, furono i testimoni dell’aggressione, per cui fecero arrestare i fascisti che avevano partecipato all’assassinio di Boldori. Erano quasi tutti minorenni, figli di commercianti e di un medico. Uno di loro, reo confesso, aveva sedici anni. La giustizia poteva salvare dei giovani irresponsabili, ma bisognava cercare i veri responsabili, i mandanti, come l’on. Dugoni affermò alla Camera. Il delitto fece una grande impressione in tutto il paese. A Cremona fu subito commemorato al consiglio provinciale, dove tutti gli esponenti politici democratici esposero il loro cordoglio. Solo la stampa fascista difese gli assassini, non solo, ma tentarono di ostacolare gli spontanei cortei di gente che dimostrava la condanna alle imprese degli squadristi. Ai funerali [nel cimitero di Cremona] parteciparono ventimila persone.»


Personaggi

Conte Stefano Jacini

Economista e uomo politico, fu a lungo Ministro dei Lavori Pubblici; il suo nome è soprattutto legato alla Inchiesta Agraria che il Parlamento gli commissionò nel 1877. Economista e uomo politico, fu a lungo Ministro dei Lavori Pubblici; il suo nome è soprattutto legato alla Inchiesta Agraria che il Parlamento gli commissionò nel 1877.
(La data di nascita generalmente accettata -1827- è stata corretta da G.A.Bortolin, che ha interpellato l'archivio parrocchiale di Casalbuttano).

Ecco il testo della lapide posta dal Comune di Milano:
IL CONTE STEFANO JACINI
MINISTRO DEL REGNO D'ITALIA
NEGLI ANNI 1860.64.65.66
ABITO' IN QUESTA CASA E VI MORI' IL 25 MARZO 1891
IL COMUNE DI MILANO
AL PROPUGNATORE STRENUO DEL VALICO DEL GOTTARDO
ALLO STATISTA INSIGNE
QUESTA LAPIDE POSE

Altra nota biografica del Conte Stefano Jacini
Stefano Jacini (di Giovanni Battista Jacini e di Maria Grazia Romani) (* Casalbuttano 23-6-1823 + Milano 25-2-1891), appartenente a ricca famiglia di possidenti; si occupò di economia divenendo celebre con due saggi: “La proprietà fondiaria e le popolazioni agricole in Lombardia” (1856) e “Sulle condizioni economiche della provincia di Sondrio” (1858); eletto Deputato del Regno di Sardegna nel 1859, Ministro dei Lavori Pubblici con i governi di Cavour nel 1860, di Lamarmora e di Ricasoli 1864/1867, Senatore del Regno d’Italia nominato con Regio Decreto il 6-2-1870 (convalida 17-3-1870, giuramento 23-3-1870), Presidente della Inchiesta Agraria voluta dal parlamento sulle condizioni dell’agricoltura in Italia dal 1877 al 1884 e fu l’autore della celebre relazione finale (“I risultati dell’inchiesta agraria. Relazione pubblicata negli Atti della Giunta per l’Inchiesta Agraria”); creato Conte (maschio primogenito) con Regio Decreto del 14-3-1880. Scrisse inoltre: “Sulle condizioni della cosa pubblica in Italia dopo il 1866” (1867), “I conservatori e l’evoluzione naturale dei partiti politici in Italia” (1879). Sposa il 28-2-1858 Teresa, figlia di Giuseppe Prinetti e di Giulia Borsini (* 16-7-1841 + 25-8-1887).

L'inchiesta agraria Jacini

I primi decenni dell'unità nazionale ( 1861 - 1880 ) non permettono ancora di rilevare dati statistici del tutto precisi ed attendibili, tali da poter essere confrontati in serie omogenee. Non è possibile così ricostruire gli andamenti delle singole produzioni, ma bisogna far riferimento ad indagini a carattere generale e settoriale, che offrono uno spaccato del mondo agricolo e ci parlano dello sforzo attuato per ottenere risultati compatibili con il mutato quadro di riferimento nazionale ed internazionale. Si studiano le realtà agricole con l'attenzione puntata ai risultati che si ottengono nei paesi europei ed extraeuropei. Il tema dello sviluppo e del miglioramento dei settori economici impegnò tecnici, economisti e politici, mentre la classe politica italiana si confrontava nelle posizioni della Destra ( vicina alla linea d'azione cavouriana ) e della Sinistra storica ( più aperta al riformismo sociale ).
Un quadro riassuntivo della realtà agricola italiana fu tracciato nelle considerazioni introduttive dell'Inchiesta sulle condizioni della classe agricola in Italia, avviata con la legge 15 marzo 1877.
La disparità di condizioni ambientali strideva con l'omogeneizzazione formale applicata con le leggi sull'unificazione. Ad esempio la trasposizione delle norme vigenti in materia di catasto sulla terra dallo Stato sardo-piemontese a tutto il Regno d'Italia si scontrava con la diversa impostazione degli estimi catastali negli oltre 30 tipi di catasti esistenti in Italia. L'applicazione di aliquote differenziate nei vari territori - in relazione con la difformità degli estimi - aveva determinato del resto prelievi percentualmente diversi sul reddito effettivo delle terre. Il Vercellese si trovava in una condizione migliore rispetto ad altre aree italiane, non avendo dovuto registrare grandi mutamenti nella sua legislazione, vista la sua antica appartenenza allo Stato sardo ed essendo dotato di una discreta densità di linee di comunicazione. Tuttavia anche qui si imponeva il carico fiscale legato alle consistenti richieste della finanza pubblica.
L'Inchiesta agraria e sulle condizioni della classe agricola in Italia era stata avviata con la legge 15 marzo 1877. I lavori avrebbero dovuto concludersi in due anni, ma fu necessaria l'ulteriore legge 12 dicembre 1878, che ne prolungò la durata sino al termine del 1882. L'inchiesta è nota come Inchiesta Jacini dal suo presidente, il senatore conte Stefano Jacini, ed è considerata come la più completa analisi sulla situazione dell'agricoltura italiana all'aprirsi dell'ultimo quarto dell'Ottocento. L'inchiesta si inserisce fra le molteplici indagini che il Parlamento italiano realizzò in quei decenni per conoscere il quadro esistente sul territorio nazionale per i settori vitali della economia e della società, seguendo il modello sperimentato dal Parlamento inglese e, in pratica, riprendendo la pratica delle statistiche conoscitive degli antichi regimi. Gli studiosi dell'agricoltura italiana dell'Ottocento concordano nel riconoscere la validità dei dati e delle analisi dell'Inchiesta Jacini sulla situazione esistente in quel periodo. Meno concordi sono i giudizi per le conseguenze determinate dalla Inchiesta sulle decisioni assunte per la politica agraria del Paese.

Boldori Attilio

Nato a Duemiglia (Cremona) nel 1883. Assassinato dai fascisti l’11 dicembre 1921.
Socialista sin dagli anni giovanili. Combattente della prima guerra mondiale, guerra che avversò sempre duramente. Gravemente ferito tornò invalido.
Subito dopo la guerra fu con Arturo Verzelletti, Caporali ed altri compagni uno dei dirigenti più stimati e capaci della Federazione Socialista di Cremona.
Redattore dell’Eco del Popolo, membro dell’Esecutivo della Camera del Lavoro. Fu consigliere comunale di Cremona e Vice presidente dell’Amministrazione Provinciale dall’ottobre 1920. In uno scontro con i fascisti ebbe un braccio spezzato. Mentre stava svolgendo in provincia la propria attività di dirigente del movimento operaio venne riconosciuto da un gruppo di squadristi fascisti.
Venne inseguito in aperta campagna e massacrato con bastonate e calci presso la cascina Marasca.
L’efferato assassinio ebbe una forte risonanza nazionale; a Cremona venne proclamato uno sciopero generale.
Ai suoi funerali, pur essendo la città percorsa da minacciose squadracce fasciste parteciparono larghe masse di cittadini. ( fonte www.ampi.cremona.it)

Boldori, promotore di cooperative, brutalmente assassinato
di Giuseppe Manfrin
Nella prima sessione parlamentare della XXVI Legislatura (1921) l’on. Enrico Dugoni prese la parola per protestare contro l’uccisione di un compagno. “Parlo – disse Dugoni – con l’animo commosso ed addolorato per la tragedia che ha colpito l’uomo, il nostro compagno caduto sotto i colpi della solita mazza ferrata. Onorevoli colleghi, Boldori potrebbe essere un nostro collega se Lazzari anziché optare per Cremona avesse optato per Milano.
Boldori sarebbe venuto fra noi e l’avreste conosciuto ed ammirato e stimato, come lo stimammo e l’amammo noi, che con lui avemmo consuetudini ventennali di vita, di lavoro e di fede. Egli non ha dato nella sua vita un solo argomento di giustificazione all’aggressione che lo ha massacrato. Questa tragedia, riprova tristemente ciò che io andavo dicendo a voi, in questa aula, pochi giorni or sono. Certo non credevo che a così breve distanza di tempo le mie lugubri previsioni avrebbero avuto così impressionante conferma”. Dugoni, più avanti, coraggiosamente disse: “…diciamo solo che la responsabilità di questi assassini non cade soltanto negli esecutori materiali. Non sono solamente gli agrari, né solamente gli assoldati ma anche di coloro che guidano il movimento fascista ed il governo che non vuol intervenire. “Notizie biografiche e della barbara uccisione di Attilio Baldori ho potuto attingere ampie descrizioni che Lorenzo Magarini ha esposto nel suo volume (Ritratti di politici cremonesi dell’otto-novecento). L’11 dicembre 12921, una ventina di manganellatori fascisti; reduci da qualche scellerata impresa quale erano soliti operare tra gente inerme, intercettarono un auto in panne. In quell’auto c’era Attilio Boldori (nella foto) ed altri tre compagni di viaggio. “… la squadra armata – scrisse Magarini – riconosce l’esponente socialista, scende in strada, lo circonda, lo insulta, lo spintona. Lui non ha che la fuga come mezzo di difesa. Fugge a piedi, ma gli inseguitori lo raggiungono a Cascina Marasca di San Vito di Casalbuttano. Lo assalgono e lo bastonano selvaggiamente. Quando Boldori è a terra, i fascisti, cantando i loro inni, tornano in città”. Attilio Baldori morirà all’ospedale di Cremona senza aver ripresa conoscenza, aveva 38 anni, lasciò nel dolore e nella miseria la moglie e due figli in tenera età. Attilio Boldori nacque a Due Miglia, un comune alla periferia di Cremona, il 4 agosto 1883, lasciò presto la scuola per esigenze famigliari. Fece il muratore e il tipografo e per la sua capacità professionale, i compagni di lavoro lo vollero presidente della Società tipografica cremonese. Nel 1914 fu eletto nella lista del Psi consigliere comunale e poi sindaco del comune di Due Miglia, venne eletto anche consigliere dell’Amministrazione provinciale e ne divenne il vice presidente. Chiamato alle armi, combatté, durante il primo conflitto mondiale, per lungo tempo in trincea. A guerra finita, tornò molto provato fisicamente dai disagi subiti. Riprese il suo lavoro e l’attività politica. Creò la Federazione provinciale delle cooperative al fine di tutelare le affiliate cooperative di consumo, di produzione e agricole. Nel 1920, in uno scontro tra fascisti e avversari di questi, rimasero uccisi due socialisti e due fascisti. Boldori, presente al fatto, rimase ferito al braccio da una pallottola. Boldori non portava mai armi. Un anno dopo avvenne la selvaggia aggressione e la sua uccisione. I tre compagni di viaggio, Cerruti, Pedraneschi e Ferrari, i quali, come Boldori, non portavano armi, furono i testimoni dell’aggressione, per cui fecero arrestare i fascisti che avevano partecipato all’assassinio di Boldori. Erano quasi tutti minorenni, figli di commercianti e di un medico. Uno di loro, reo confesso, aveva sedici anni. La giustizia poteva salvare dei giovani irresponsabili, ma bisognava cercare i veri responsabili, i mandanti, come l’on. Dugoni affermò alla Camera. Il delitto fece una grande impressione in tutto il paese. A Cremona fu subito commemorato al consiglio provinciale, dove tutti gli esponenti politici democratici esposero il loro cordoglio. Solo la stampa fascista difese gli assassini, non solo, ma tentarono di ostacolare gli spontanei cortei di gente che dimostrava la condanna alle imprese degli squadristi. Ai funerali vi parteciparono ventimila persone e, al cimitero, l’on. Cazzamalli portò l’ultimo saluto del Psi al compagno caduto.
Nel 1945, dopo la Liberazione, il sacrificio di Attilio Boldori fu degnamente ricordato da tutti. Nel cimitero della città gli fu eretto un monumento a testimonianza dei democratici cremonesi e gli fu dedicata una via del centro di Cremona. L’on. Enrico Dugoni, a conclusione della sua interrogazione che fece in occasione dell’assassinio di Boldori, rivolto al governo disse: “…Come volete evitare i massacri, gli assassini, le tragedie che portano non solo alla morte del Boldori, che qui ricordiamo, perché conosciuti siano da noi e apprezzati dagli avversari, ma tragedie, devastazioni e dolori immensi nel popolo nostro, che vive costantemente sotto il terrore? – Non vi domandiamo nulla, né vi diciamo che prenderemo le rivoltelle per impedire che altri ci aggrediscano. Avvenga quel che deve avvenire: almeno preoccupatevi del disonore che si proietta su tutta Italia che va a rovina”.

Fonte: http://www.avantidelladomenica.it/
Avanti! della Domenica - Settimanale socialista diretto da Carlo Correr

Franco Oneta

Nasce a Casalbuttano il 23 novembre 1934.
Dal 1965 vive e lavora a Desenzano del Garda. Esordisce come disegnatore di fumetti all'età di quindici anni, disegnando per l'editore Giurleo il personaggio di "Trottolo" che più tardi verrà ripreso e modificato dall'editore Bianconi in Trottolino.
Dal 1958 al 1964 collabora al "Messaggero dei Ragazzi" di Padova. Nello stesso periodo riduce a fumetti "Capitani Coraggiosi" e "I ragazzi della Via Paal" per la rivista "Madre".
Per la Lug di Lione disegna "Galaor" su soggetto e sceneggiatura di Gianluigi Bonelli e poi, su testi di Cesare Solini, la lunghissima saga di "Zembla".
Dal 1972 al 1974 , sempre per la Lug, realizza la versione a fumetti del cartone animato "Qum le dauphin Blanc", ristampato poi in Italia dalla Edigamma con il titolo "Zum, il delfino bianco".
Nel 1978 esegue per "Famiglia TV" una serie di caricature di personaggi dello spettacolo.
Passa quindi a "Il Giornalino", realizzando la avventurosa serie "Class Airport", le riduzioni dei cartoni animati televisivi "Sherlock Holmes" e gli "Snorky".
Per sei anni realizza il "Diario G" e varie serie di di fumetti pubblicitari come "Robotix" per conto della MB, sempre pubblicati su "Il Giornalino".
Dal 1974 partecipa ai vari saloni dell'umorismo nazionali ed internazionali, ottenendo vari riconoscimenti.
Nel 1985 ha collaborato con il programma televisivo nazionale Rai "Natura con rabbia e con amore" (di sei puntate).
Recentemente ha realizzato per "Il Giornalino" la riduzione a fumetti del film "The Pagemaster".
Attualmente, sempre per "Il Giornalino", realizza i fumetti di Yoghi, dopo essersi dedicato ai "Pronipoti", a "Gli Antenati" ed a "Scooby-Doo".
Per il Piemme di Verona realizza da anni un suo personaggio "Olivo lo Sportivo".

Scolari Giorgio, liutaio

Via Virgilio 1 - 26100 Cremona
Telefono: 037234890 Fax: 037234890
e-mail: gscolari@tiscali.it
Violini, viole e violoncelli, riparazione e restauro, valutazioni strumenti barocchi
Giorgio Scolari è nato a Casalbuttano (Cremona) il 5 gennaio 1952 e vive e svolge la propria attività di maestro liutaio in via Virgilio 1 a Cremona. Ha frequentato la Scuola Internazionale di Liuteria di Cremona ove si è diplomato nel 1970. È stato allievo dei maestri Pietro Sgarabotto e Gio Batta Morassi, l'uno e l'altro tra i protagonisti del rilancio della nobile arte di liuteria a Cremona.
Dal 1970 al 1976 Giorgio Scolari ha lavorato presso la bottega del Morassi in via Mantova, in seguito ha aperto per proprio conto un laboratorio in via Trecchi al n. 8. Al presente lavora con il fratello Daniele nel nuovo laboratorio di via Virgilio n. 1 ed è sempre alla ricerca di forme nuove, di più ampie sonorità, di approfondimento della tecnologia dei legni, della chimica delle vernici e dei fenomeni fisici-acustici degli strumenti.
Dal 1974 è docente di laboratorio nella scuola che lo vide allievo attento e coscienzioso, ove ricopre anche la carica di vice preside.
Ha studiato organo, pianoforte e composizione, e svolge una intensa attività come direttore di gruppi corali. La sua produzione si ispira ai grandi maestri cremonesi del passato, sia con modelli di Amati, Stradivari, Guarneri, sia anche e soprattutto con modelli personali. Ogni strumento di sua costruzione è oggetto di attenta ricerca e specifica valutazione per quanto riguarda la scelta del legno, il taglio e la scultura, con particolare cura per gli spessori delle tavole armoniche e dei fondi, alla ricerca della massima resa acustica. La sua vernice, prodotta nel proprio laboratorio, è brillante, morbida e trasparente; di colore arancio-oro con sottofondo giallo, mette in evidenza le marezzature dell'acero e le venature della tavola ed è composta da essenze e resine naturali.
Gli strumenti che il maestro Scolari costruisce maggiormente sono violini, viole e violoncelli dedicandosi, quando sono richiesti, ad altri strumenti a corda quali contrabbasso, viole da gamba, chitarre, liuti, ecc.
Inoltre ha ricostruito una lira da braccio ideata da Leonardo da Vinci su un modello particolare di un teschio di cavallo. Si dedica anche alla riparazione, con specifica competenza, di qualsiasi strumento a corda.
Ha avuto vari incarichi professionali: Coordinatore dei Corsi Professionalizzanti nel Progetto Intesa Stato/Regione, Coordinatore Stage presso le botteghe di liuteria di Cremona (C.F.F.), Presidente Gruppo Liutai della Provincia di Cremona della Confartigianato, Presidente del Consorzio Liutai "A. Stradivari" Cremona.

Curiosità

Biblioteca comunale di CASALBUTTANO

Indirizzo: VIA JACINI, 23 - 26011 CASALBUTTANO (CR)
Telefono: 0374.362180
Fax: 0374.364481
E-mail: biblioteca@casalbuttano.it

Teatro Bellini

Nel Seicento appaiono in Italia i primi teatri che si allontanano dalle forme classiche: nasce il "teatro all'italiana" realizzato con una sala allungata, una platea al posto della gradinata, e con le pareti occupate da più ordini di palchi.
Il prototipo del teatro settecentesco è il teatro alla Scala del Piermarini che si ispira ad una concezione neoclassica, presenta la consueta forma a ferro di cavallo, quattro ordini di palchi, due gallerie e un grande palcoscenico con ampi spazi retrostanti.
A questo punto si deve dare un'occhiata a quello che avviene nel nostro territorio, Cremona e dintorni, e allora ci accorgiamo che anche qui è scoppiata la voglia del "luogo teatro" .Tra le città e i grossi paesi che erigono il loro teatro nella prima metà del Settecento e verso la fine, quasi contemporaneamente alla Scala di Milano, ci sono Crema, Casalmaggiore, Cremona (teatro Nazari), Casalpusterlengo, Codogno, Soresina (teatro Landriani), Soncino. Successivamente, nella prima metà dell'Ottocento vedono la luce i teatri di Cremona (teatro della Concordia, ora Ponchielli), Pontevico, Ostiano, Isola Dovarese, Soresina (teatro Sociale), Bozzolo, Castelleone.
Ancora non e' matura l'idea di un teatro a Casalbuttano, anzi, forse non e' ancora nemmeno allo stato embrionale, e potrebbe sembrare strana la cosa se si pensa agli eventi apparentemente favorevoli che hanno caratterizzato la storia della famiglia Turina nella prima meta' del secolo. Ferdinando Turina aveva portato nel suo sontuoso palazzo una sposa innamorata della musica, in particolare del teatro lirico che frequentava assiduamente recandosi a Milano e a Genova.
Giuditta Cantù, amica di artisti che ospitava spesso nella sua ricca dimora di Casalbuttano, amante trepida e fedele del grande Vincenzo Bellini, moglie infelice di un uomo facoltoso e munifico, forse troppo dedito agli affari, agricoltura e filande, non lasciò la sua impronta di donna sensibile all'arte nella vita di questo borgo che forse le andava stretto. Marito e il fratello di lui, dopo che Giuditta aveva lasciato il paese, anziché prendere l'iniziativa di dare un teatro a Casalbuttano, preferirono contribuire come azionisti alla costruzione del teatro Sociale di Soresina (1840). Meglio allontanare quegli spiacevoli fantasmi che erano i ricordi di lei e che l'esistenza in paese di un teatro avrebbe potuto rinverdire continuamente anche tra la popolazione.O era la considerazione fredda, ma certo realistica, che non si sarebbe trattato di un proficuo investimento?
Di fatto l'idea di costruire una sala polivalente nascerà soltanto nella seconda metà degli anni Sessanta, dopo la proclamazione del Regno d'Italia e sarà realizzata tra il 1869 e il 1870, sindaco Francesco Podestà, quando il primitivo progetto di una Gran Sala multiuso sarà opportunamente modificato e completato in modo da farne un vero teatro con atrio, platea, galleria, palchetti laterali, palcoscenico. Di modeste proporzioni, realizzato forse in economia, ma perfetto come armonia architettonica e graziosamente decorato con motivi classici:putti danzanti, festoni, strumenti musicali, motivi floreali, maschere. Da notare come l'iniziativa, diversamente da quanto era avvenuto in altri grossi centri quali Soresina, non viene assunta da maggiorenti locali appartenenti alle classi più alte per censo e per cultura, ma dall'amministrazione comunale, espressa dopo la fine del governo Asburgico in Lombardia, e per altro già alle prese con i gravosi impegni finanziari dovuti al recente acquisto e al riattamento del palazzo comunale, già casa vecchia Turina, e fermamente intenzionato a non gravare ulteriormente sulla popolazione con nuovi tributi o prestiti.
Dalla sua inaugurazione nel febbraio 1870 in poi, per vari decenni il Teatro Comunale ospiterà alternativamente e senza una preventiva programmazione spettacoli e manifestazioni diverse: burattini, marionette, prestigiatori, accademie musicali, compagnie di prosa e di operetta, qualche spettacolo lirico; ma sarà molto spesso usato anche come sala da ballo per festival, veglioni, feste sociali, come sala riunioni in occasione di esami, elezioni, comizi, celebrazioni civili e patriottiche. Nel Novecento, fin dal 1915, anche nel panorama evasivo-culturale di Casalbuttano si affaccia una nuova realtà: il cinema. Fu così sentita questa esigenza che nel trentennio successivo la vecchia struttura, opportunamente adattata, sarà alternativamente usata come teatro e come sala proiezione. Nel 1951 subirà una radicale ristrutturazione per diventare a tutti gli effetti sala cinematografica.
Finalmente, nel 1990, sulle macerie del vecchio teatro, fu costruito ex novo l'attuale Teatro Comunale "Vincenzo Bellini". Dal 1993 il teatro "V.Bellini" propone regolarmente una stagione teatrale di prosa e musica. Nello stesso anno la direzione artistica e organizzativa del teatro viene affidato a Beppe Arena del Centro di Ricerca Teatrale di Cremona "Teatrovuoto".
Dalla stagione teatrale 1995/96 il teatro comunale "V.Bellini" è entrato a far parte del Sistema Teatrale Cremonese.
Indirizzo: via Jacini, 23 - tel. 0374/362180
Anno di fondazione: 1870
Biglietteria e informazioni: Tel. 0374/362180-Segreteria: 0374-361961
Scheda tecnica:
Posti a sedere totali: 180
Platea: 180; Galleria 109

In bicicletta da Cremona a Casalbuttano lungo il Naviglio

Da Cremona a Casalbuttano,
Si parte dalla stazione ferroviaria di Cremona, dopo un breve giro del centro della città per giungere alla piazza del Duomo, si prende la via Filzi per uscire dalla città in direzione nord, quindi la via Bergamo e la pista ciclabile che conduce alla frazione Migliaro dove inizia la ciclabile che costeggiando il Naviglio della città di Cremona per un tratto di 11,5 chilometri conduce a Casalbuttano.
Il Naviglio della città di Cremona è un antico canale che preleva acque da fontanili e dal fiume Oglio in territorio bergamasco presso il paese di Calcio (concessione dell’Imperatore Ludovico il Bavaro ai cremonesi nel 1329). Già citato in atti del XIII secolo, era in passato anche navigabile, muoveva le ruote di mulini, riempiva i fossati difensivi della città ma soprattutto serviva e serve ad irrigare decine di migliaia di ettari di terreno prima di giungere in Po. Lungo il percorso della ciclabile sono visibili diversi manufatti idraulici per il controllo e la misura delle acque realizzati dal ‘500 ai giorni nostri: è una specie di museo della storia delle misurazioni delle acque a partire dalla misura cremonese in once del 1551, alla misura ottocentesca a stramazzo fino a quella attuale.
Dopo circa 3 chilometri dall’inizio della ciclabile del Naviglio si trova una piccola cascata, in realtà un manufatto del ‘700, in cotto, chiamato "Scanno Palazzolo" che serviva a regolare e misurare la portata d’acqua, con a lato la discesa pavimentata, sempre in cotto, per avvicinarsi all’acqua. Giunti al 4° chilometro inizia un tratto sterrato della lunghezza di 1,4 chilometri fiancheggiato da alberi su ambedue i lati, che ne fanno una galleria verde sempre costeggiante il canale.
Arrivati a circa 6,5 chilometri, finito il tratto sterrato, superato l’incrocio con una strada comunale si giunge ad un’opera idraulica per la ripartizione dell’acqua in numerosi canali il cui nome è scolpito su pietra in corrispondenza delle paratoie di regolazione, canali che quindi qui trovano origine. La configurazione attuale è del 1915, ma l’origine del sistema di ripartizione è molto più antica, tanto è vero che qui si possono osservare diversi sistemi di misurazione delle acque a partire da quello cremonese del ‘500. Lungo il percorso si notano altre piccole cascate, o meglio manufatti in cotto realizzati al fine regolare e di misurare la portata delle acque.
Quasi alla fine della ciclabile, dopo circa 10 chilometri si giunge all’incrocio con la strada provinciale, sulla destra si vede la lapide che ricorda l’assassinio di Attilio Boldori vicepresidente dell’Amministrazione provinciale di Cremona avvenuto ad opere di fascisti il 11/12/1921.
Lungo il percorso si notano alcune importanti cascine: Terra Amata originata da un edificio fortificato, Vernazzi pure su basi di un edificio fortificato, Cavallara già citata nel 1037, Mancapane costruita in stile medioevale nell’800.
Dopo 11.5 chilometri di ciclabile si giunge a Casalbuttano, paese un tempo sede di filande e quindi di una certa importanza economica, oggi ne restano i palazzi Jacini e Turina, nel giardino del quale si racconta venne scritta l’opera "Norma" da Vincenzo Bellini, che spesso era ospite di quella famiglia; rimane a tale ricordo la torre chiamata appunto "Torre della Norma".

RECUPERO FILANDA JACINI CASALBUTTANO

Il complesso della Filanda Jacini di Casalbuttano recuperato dall'A.L.E.R. e dal Comune.
Da tempo dismessi i fabbricati della Filanda torneranno a vivere. Dopo aver rappresentato parte importante per lo sviluppo del paese, tramontata la funzione produttiva, ora ospiteranno delle abitazioni: 30 alloggi ristrutturati dall'A.L.E.R. e dal Comune grazie ai fondi ex Gescal assegnati dalla Regione. Un intervento importante che lega passato e presente grazie ad un risanamento eseguito seguendo i criteri definiti dalla Soprintendenza ai beni architettonici.
Una parte della struttura è stata utilizzata per servizi pubblici e per la Biblioteca, che occuperà un importante salone che mantiene intatto il fascino dell'ambiente produttivo. L'attenzione per la rilevanza del complesso, nell'ambito dell'archeologia industriale, ha permesso di conservare la struttura delle antiche caldaie all'interno di una vera e propria nicchia museale.
L'intervento ha richiesto un investimento che supera i 7 miliardi di lire.


Il Territorio

Casalbuttano (C.A.P. 26011) dista 14 chilometri da Cremona, capoluogo della omonima provincia cui il comune appartiene.

Casalbuttano conta 4.093 abitanti (Casalbuttanesi) e ha una superficie di 23,2 chilometri quadrati per una densità abitativa di 176,42 abitanti per chilometro quadrato. Sorge a 60 metri sopra il livello del mare.
Cenni anagrafici: Il comune di Casalbuttano ha fatto registrare nel censimento del 1991 una popolazione pari a 4.213 abitanti. Nel censimento del 2001 ha fatto registrare una popolazione pari a 4.093 abitanti, mostrando quindi nel decennio 1991 - 2001 una variazione percentuale di abitanti pari al -2,85%.
Gli abitanti sono distribuiti in 1.620 nuclei familiari con una media per nucleo familiare di 2,53 componenti.
Cenni geografici: Il territorio del comune risulta compreso tra i 53 e i 64 metri sul livello del mare.
L'escursione altimetrica complessiva risulta essere pari a 11 metri.
Cenni occupazionali: Risultano insistere sul territorio del comune 98 attività industriali con 625 addetti pari al 43,86% della forza lavoro occupata, 81 attività di servizio con 183 addetti pari al 5,68% della forza lavoro occupata, altre 80 attività di servizio con 519 addetti pari al 12,84% della forza lavoro occupata e 18 attività amministrative con 109 addetti pari al 5,61% della forza lavoro occupata.
Risultano occupati complessivamente 1.425 individui, pari al 34,82% del numero complessivo di abitanti del comune.

L’Amministrazione

Il municipio è sito in Via S. Jacini, tel. 0374-362698 fax. 0374-364444. L'indirizzo di posta elettronica è info@casalbuttano.it
Gli Amministratori del Comune di CASALBUTTANO ED UNITI
Sindaco (eletto nel 2004): MONTAGNINI GUIDO
La Giunta:
FAVERZANI FERRUCCIO
GAROLI GIANPIETRO
MOMBELLI PIER LUIGI
MONFREDINI ANNUNZIO
Il Consiglio:
BONA FRANCESCO
CAPPELLI PIETRO
DELLEDONNE ANDREA
DUSI MARCO
FERRAMI GIUSEPPE
FRITTOLI AMOS
LANA LUCIA
MAGGIONI MARIA ROSA
MARIANI PAOLA
MONDINI GIACOMO
SGUAITA GIOVANNI
VISIGALLI PAOLO
ZERBINI EMANUELE

La Casa di Riposo

Fondazione ospedale della carità casa di riposo - Onlus - CF 8300081019
Via Marconi 1 - 26011 Casalbuttano (Cr) - Tel 0374-361118 - Fax 0374 361878 - E-mail: info@casadiriposocasalbuttano.it
Sito web http://www.casadiriposocasalbuttano.it/

Rette e costi per la degenza
Retta minima € 43,00
Retta massima € 49,00
Servizi compresi nella retta Lavanderia
Trasporti in ambulanza
Parrucchiera/Barbiere estetista
Numero posti letto 300
Descrizione delle arttività del CDI
Il Centro Diurno Integrato fornisce un'alternativa al ricovero a tempo pieno in RSA, supporto alle attività di assistenza domiciliare attraverso interventi socio-assistenziali (aiuto nelle attività della vita quotidiana), attivazione psichica, fisica e sociale, supporti ai nuclei famigliari, erogazione di servizi quali segretariato sociale, mensa, bagni assistiti, ecc... Interventi sanitari di supporto al MMG (assistenza infermieristica, fisioterapia, consulenza geriatrica. Svolge attività di prevenzione nei confronti dei soggetti a rischio di perdita dell'autonomia.
Nell'equipe è compreso un educatore sociale a tempo pieno per le attività culturali, ludiche e ricreative.
Inoltre, gli utenti del Centro Diurno Integrato hanno la possibilità di assistere e prendere parte alle attività di animazione che la RSA riserva ai propri ospiti.
Attività di animazione
Attività culturali (lettura dei quotidiani, narrazione, cineforum, uscite a carattere culturale, incontro mensile sulla cultura dialettale, progetto con le scuole, ascolto della musica, ecc..)
Attività ludico-ricreative (feste danzanti, sagre, tombola, carte, ecc...)
Laboratori manuali (terapia occupazionale, attività espressive, creazione di oggetti e piccoli lavori, ecc...)
Altre attività Gli ospiti partecipano regolarmente alle celebrazioni festive in occasione dei periodi di natale, Pasqua, Epifania, Carnevale, di inizio e fine estate.
Gli utenti partecipano agli uffici religiosi ordinari e straordinari celebrati nel corso dell'anno, sia all'interno che all'esterno della struttura.

Le principali attività produttive

AL.FER. CONFEZIONI snc
Casalbuttano (CR) - Via Cavallotti, 31 Tel. 0374.362277 - Fax 0374.362246 - info@alfersnc.it

L'azienda ma/ag
Da 25 anni al servizio di un'agricoltura moderna ed esigente, la ditta ma/ag, svolge la propria attività nella sede legale e produttiva di Strada della Casella, a Casalbuttano (CR) ed amministrativa in Via Bergamo, 7/b, a Casalbuttano (CR).

Cooperativa Dharma
Pulizie civili ed industriali,facchinaggio e gestione verde.
La Cooperativa Dharma Soc. Coop. a r.l. nasce ufficialmente nel 1992, con un fatturato di 200 milioni di lire, dalla esperienza decennale di nove soci fondatori.
Sede Legale, Via Primo Maggio, 1/3
Sede Amministrativa ,Via Bergamo, 26-tel. 0374.362422 fax 0374.362423

Castello Italia
Castello Italia opera da oltre 40 anni nel settore delle materie plastiche e si è sempre distinta per la continua ricerca dell’eccellenza qualitativa dei prodotti, per il loro forte orientamento alla ricerca e sviluppo e per un servizio che pone sempre al centro il cliente con le sua esigenze.
Uffici Commerciali: Via L. da Vinci, 40 - 26011 Casalbuttano (CR)
Stabilimento:Via Matteotti, 3 - 26020 Casalmorano (CR)

Osteria La Granda
CASALBUTTANO (CR) - ITALY
Via Jacini, 51 - Tel. 0374.362406
Officina dei sapori

** materiale raccolto ed organizzato da Gian Carlo Storti, Cremona 17 agosto 2006

 


       



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