Cari amici di Welfare Cremona,
quando ripenso all' 11 Settembre 2001 risuonano nella mia mente le note della
canzone We shall overcome che accompagnava le vecchie marce pacifiste e
che ho nel cuore con la voce di Joan Baez. Sì, andremo avanti. Domani è sempre
un altro giorno e, forse, gli Stati Uniti ce la faranno a superare lo shock di
quel mattino ma, di certo, nulla è già più come prima. Per questo, credo, non
sia un esercizio retorico ricordare ciò che ciascuno di noi stava facendo o ha
poi fatto in quelle ore che hanno segnato, anche per noi europei, un cambiamento
della storia come, d' altronde, gli attentati alla stazione di Madrid (11 marzo
2004) e alla metropolitana di Londra (7 luglio 2005) si sono incaricati poi di
dimostrare.
Prima di proseguire con il racconto desidero fissare una riflessione di Enzo
Biagi dal titolo Il terrore viene dal cielo contenuta ne La nuova
storia d' Italia a fumetti (Ed. Mondadori): "John Fitzgerald Kennedy
arrivando a Berlino disse: "Ich bin ein Berliner", sono un berlinese. Io mi
sento partecipe delle vicende dei cittadini di New York, la città che accoglie
gente di tutto il mondo. Siamo in tanti americani. E poi io amo quel paese: nel
1915 vennero a dare una mano a mio padre, dopo il 1940 sono venuti a soccorrere
me. Per tutto questo io partecipo al dolore e alla paura degli americani".
Quel primo pomeriggio, sul finir dell' estate, me ne stavo seduto nel fresco
giardino di un hotel a Lido di Camaiore (LU) dov' ero in vacanza con la
famiglia. Leggevo il libro di Massimo Ammaniti Crescere con i figli (Ed.
Mondadori) che aiuta a capire, tra le altre cose, l' importanza dei cosiddetti
"punti fermi", ovvero l' utilità, nei percorsi educativi, di poche ma chiare e
ragionevoli regole, in un dialogo tra genitori e bambini in cui si dà e si
riceve, dentro a un flusso continuo e vicendevole di affetto e di esperienze
singole e comuni. Claudia, mia figlia, nella sala TV seguiva La Melevisione,
la trasmissione preferita, mentre Luisella, la mamma, le teneva compagnia
sfogliando intanto qualche settimanale.
All' improvviso la notizia diffusa, su tutte le reti, dalle edizioni
straordinarie dei telegiornali: alle 14,46 (le 8.46 a New York) l' aereo numero
11 dell' American Airlines si è schiantato su una delle Torri Gemelle.
Luisella mi chiama. Accorro subito, in tempo per apprendere che è in corso un
attacco terroristico. Poco dopo, alle 15,03 il volo 175 della United
Airlines si abbatte sulla seconda torre. E' l' ecatombe. Un turista
francese, in albergo, si affretta ad esclamare: "Ah, les arabes! C' est la
troisième guerre mondial" echeggiando, per certi versi, la tesi di Samuel P.
Huntington teorico di un possibile, benché da lui non auspicato, "scontro di
civiltà" per motivi religiosi e culturali.
Nei giorni seguenti vado al bagno quasi solo per tuffarmi nella lettura dei
giornali.
Trovo, al solito, illuminanti le analisi di Thomas L. Friedman per La
Repubblica e di Igor Man per La Stampa mentre, di nuovo per il
quotidiano di Torino, i reportage di Gianni Riotta raccontano il dolore con tono
letterario adempiendo alla sua duplice funzione di giornalista che si attiene
con scrupolo ai fatti e di scrittore che narra le emozioni che quei fatti hanno
suscitato. Opportuna, quindi, la scelta successiva dell' autore di raccogliere
gli articoli, in una versione riveduta e ampliata, nel volume N.Y. Undici
settembre - Diario di una guerra (Ed. Einaudi). Riporto qui il passaggio che
più mi ha colpito: "Perché New York, papà? Devo ancora rispondere alla
domanda di mio figlio. C' è un riflesso del giornalista di provare a dire sempre
la verità, in modo chiaro, conoscendone la parzialità, sapendo che la verità che
non si spiega non serve, che la verità semplifica ma è salutare, The truth
make you free, la verità vi rende liberi, dice la Scrittura. Un bambino non
può aspettare troppo. Il cielo è azzurro sopra la piazza, le candele ardono, il
parco è nel suo splendore di settembre, da downtown, acre, il fumo del fuoco che
arde ancora: non andate vicino, forse c' è asbesto, tenete i bambini lontani,
rischio cancro, rischi malattie. Perché New York papà? La sola risposta
mi viene dalle foto degli ambulanti al Central Park, la Statua della Libertà con
sullo sfondo le Torri Gemelle.
Figliolo, hanno colpito New York perché ha per simbolo la Statua della
Libertà e chi odia le libertà non poteva che attaccare qui".
Per logica estensione penso sia corretto riformulare qui l' interrogativo in
questo modo: "Perché New York, perché Madrid, perché Londra?" Chi legge
perdonerà se chi scrive
sostiene il proprio punto di vista appoggiandosi a pensieri ad hoc detti da
altri. Trascrivo quindi una nuova frase, stavolta di Salman Rushdie, che ho
colto in un' intervista rilasciata a
Fabio Fazio (Chetempochefa, Rai 3, 19 marzo 2006) in occasione dell'
uscita del libro
Shalimar il clown (Ed. Mondadori): "Noi non siamo delle identità
uniche, di classe, religione, etnia. Le persone hanno varie identità. Se hanno
dentro la molteplicità diventano automaticamente tolleranti perché rispettano la
molteplicità altrui".
Su scala minore la penso come Riotta e come Rushdie. L' Occidente subisce l'
offensiva
fondamentalista in virtù della sua molteplicità che è concetto speculare
dell' unicità, il suo esatto contrario. Chi vive la religione islamica come un
assoluto separato, nella pianta del sapere, dai rami del pensiero razionale
finisce col negare il principio della realtà storica (vedi, per esempio, la
messa in forse dell' Olocausto) e ridurre il proprio credo ad un unicum
interpretativo con cui giudicare sé e il resto del mondo. Pure sul piano del
linguaggio, votarsi a imprese sante di purificazione denota intenti egemonici
all' interno del multiforme Islam, volti a limitare le istanze di libertà degli
individui e di autonomia della società civile e politica. Il riflesso è di
trasformare la fede da fattore dello spirito a fattore politico da utilizzare
contro le influenze del sistema di civiltà occidentale percepito come nemico,
peccato da cui guardarsi per evitarne il contagio. Penso quindi che i
fondamentalisti, al di là della deprecabile traduzione violenta dei loro
assiomi, difendano l' idea della identità unica, data per sempre, indifferente
all' evoluzione dei tempi, alla dialettica fra le culture, al loro scambio, a
tutti quegli aspetti, anche economici, che vanno sotto il nome di
globalizzazione. Una chiave della modernità che ha certo i suoi costi, che è
bene si attui con gradualità e nel rispetto delle diverse tradizioni e dei
differenti punti di partenza ma che non può essere ostacolata con gli anatemi.
Per quanti esami di coscienza l' Occidente debba fare, arrogarsi il diritto di
punirlo con la guerra asimmetrica del terrorismo è un modo di sottrarsi a quel
codice minimo di lealtà che presiede, di solito, le sfide anche aspre tra le
diverse concezioni del mondo.
Con espressione inglese "it' s not cricket" ovvero "così non si fa".
E - per inciso - non credo che renda un buon servizio al confronto e non allo
scontro
di civiltà chi cerca di ridurre l' identità plurima dell' Occidente alla pur
essenziale matrice
cristiana rischiando, per tal via, di prestare il fianco a chi vuol far
retrocedere l' orologio della storia ai tempi delle crociate. Il cristianesimo,
a ben vedere, ha imparato a convivere
pacificamente con le altre religioni e le altre filosofie e si è adattato ai
sistemi democratici e liberali divenendo uno dei suoi fattori vitali, com' è del
resto testimoniato dall' impegno della Chiesa per il dialogo tra le diverse fedi
e le diverse culture, alla ricerca dei fondamenti etici comuni. Un orientamento
che pone la fede cristiana come elemento di unione e non di contrapposizione fra
i popoli.
Allargando più oltre lo sguardo, la contrarietà a ogni forma di fanatismo
trova riscontro pure nelle sagge parole del Dalai Lama secondo il quale "non
esiste un' unica strada verso la verità, perché tutte le confessioni hanno le
stesse finalità" e che dunque "bisogna diffidare di coloro che in nome di un
ideale religioso perseguono l' odio, l' intolleranza e il razzismo. Ognuno è
libero di seguire il credo che vuole, qualunque esso sia". Sotto questa luce
ritengo perciò che anche il cristianesimo non debba essere, a sua volta, visto
come una religione da fortezza sotto assedio ma, semmai, col suo richiamo ai
valori della dignità di tutti gli uomini e della fratellanza universale, come un
ulteriore mezzo a supporto della molteplicità, segno distintivo e sinonimo del
carattere aperto delle nostre società.
Tali principi mi paiono pure una buona premessa per il dialogo con l' Islam,
nelle parole di
Igor Man "una grande religione-cultura nella quale vivono e lavorano persone
come noi"
che dobbiamo aiutare perché non cadano nella trappola tesa loro da Al-Qaeda.
Tessere relazioni pacifiche con i paesi a maggioranza musulmana significa
difenderne la loro articolazione, drenare consenso ai fondamentalisti e
conquistare, poco a poco, quelle comunità all' idea che la democrazia è un bene
universale che tutela, al meglio, la libertà religiosa che è
parte così importante della loro vita.
Non è questa però la sede per esaminare i riflessi di politica internazionale
del discorso
e le scelte non unilaterali ma multilaterali che sempre auspico da parte
degli Stati Uniti per dare una risposta non solo militare al terrorismo e per
governare le varie crisi d' intesa con
l' Unione Europea. Vi ho solo accennato mentre è mio scopo ritornare al
racconto per dire che una vacanza turbata è solo l' ultima delle preoccupazioni.
La bella spiaggia e il clima temperato dalla presenza dei monti Apuani sono
senz' altro dei beni fruibili in nuovi soggiorni. Adesso, Settembre 2001, è
tempo di onorare le vittime delle Torri Gemelle per cui, prima di lasciare il
mare, facciamo tappa a Sant' Anna di Stazzema (LU), piccolo borgo di collina e
luogo dell' eccidio nazista del 12 aprile 1944 dove perirono 560 persone.
Gela il sangue vedere le sagome in legno disposte a cerchio coi nomi dei
bambini uccisi
davanti alla chiesa mentre facevano il girotondo.
Come scrive Primo Levi in Se questo è un uomo (Ed. Einaudi): "Meditate
che questo è stato:
vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore. Riportatele ai vostri
figli".
Dopo i tristi dati, per la legge del contrappasso e per i rimbalzi della
memoria che talora
la vita regala, risuonano nella mia mente pure le dolci note di un' altra
canzone
Il girotondo delle farfalle e la tenera immagine di un altro cerchio,
nella circostanza
compiuto dai bambini dell' asilo di Vicomoscano (CR) alla festa di fine anno,
nel giugno 2001.
Claudia e i suoi amici, indossate le alette da farfalla e col più piccino tra
loro coricato nel mezzo, accolsero noi genitori nel giardino della scuola
cantando in coro:
In un prato in mezzo ai fiori gialli
una bionda farfalla si posò
stropicciandosi gli occhi in giro si guardò
nel silenzio poi si addormentò
e ad un tratto tantissime farfalle
si riunirono in fretta e dopo un po'
tutte intorno tenendosi per mano poi
un bel cerchio formarono con lei
ed insieme facendo un girotondo
le farfalle felici più che mai
quando il cielo si fece un po' più scuro poi
se ne andaron tutte salutando lei
e la bionda farfalla sola lì restò
sopra il fiore si riaddormentò.
Concludo il testo ringraziando gli autori Ernesto Cerrito e Angelo
Testaquadra, le maestre
che hanno scelto la canzone e ideato la scenetta mentre non rimane che unirmi
a tutti coloro
che si impegnano, nei vari campi e in diversi modi, per educare le giovani
generazioni al dialogo e per consegnare loro un futuro migliore.
Cordiali saluti
Massimo Negri - Casalmaggiore (CR)