15 Settembre, 2002
La trave e il veto di George Bush (di Antonio V. Gelormini)
Se fosse stato in corsa per il rinnovo del mandato alla Casa Bianca, Gorge W. Bush avrebbe avuto ben altro comportamento
Se fosse stato in corsa per il rinnovo del mandato alla Casa Bianca, Gorge W. Bush avrebbe avuto ben altro comportamento. Avrebbe preso ben altre decisioni, dopo che gli Stati Uniti d’America, attraverso il voto sovrano sia della Camera che del Senato, avevano espresso il loro favore ad un inizio del ritiro delle truppe americane dall’Iraq, a partire dal marzo 2008.
Invece, in un susseguirsi di fratture e di prese di distanza con il suo Paese reale, il Presidente si arrocca ancora una volta. E a poche ore dalla sorprendente difesa del fidato, ma francamente indifendibile presidente della Banca Mondiale, Paul Wolfowitz, in diretta tv, annuncia il suo veto alle deliberazioni del Congresso, che impongono una data certa per il ritiro dall’Iraq.
Le strade si sono divise da un pezzo. Oggi Gorge W. Bush non rappresenta più, nei fatti, il suo popolo, la sua nazione o gli Stati federali, ma ne è diventato “controparte”. Una controparte con cui il Congresso si appresta ad affrontare una transazione. Una negoziazione, per evitare l’imbarazzante blocco dei finanziamenti, per le missioni in Iraq e Afghanistan, conseguente al veto presidenziale. Dopo aver messo la lente d’ingrandimento sulla pagliuzza del sofferto iter parlamentare italiano al ri-finanziamento delle missioni militari, è più che una trave quella che, ora, pesa sui rapporti istituzionali a Washington, all’ombra della cupola capitolina.
Il veto era in uso presso i Tribuni romani, per impedire (vetàre) i decreti del Senato e le pubbliche deliberazioni. Successivamente opposto dai Re all’esecuzione delle leggi e decreti della potestà legislativa. Il rischio di derive monarchiche o, peggio, dittatoriali non è immaginabile sotto il cielo stellato statunitense. Ma una piega autoritaria, ad estrema difesa degli interessi finora salvaguardati, più particolari che nazionali, si prospetta all’orizzonte di fine legislatura. C’è poco da fare, è sempre nella coda che si nasconde la più parte del veleno.
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