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 Politica

15 Settembre, 2002
La vera priorità è la questione sociale
Appello delle reti al governo dell’Unione per una nuova stagione di politiche sociali

CONTRO L'ESCLUSIONE, PER UN NUOVO WELFARE

DIRITTI CIVILI E SOCIALI PER TUTTE E PER TUTTI

A distanza di un anno dalla nascita del governo dell’Unione si registrano nel paese forti segnali di scollamento tra società civile e istituzioni. Il sistema politico-istituzionale appare bloccato e fatica a dare risposte alle istanze dei soggetti più deboli e svantaggiati.

Secondo le ultime rilevazioni dell’Istat restano inalterate disuguaglianze sociali e territoriali, asimmetrie di genere nella produzione e nel lavoro domestico e di cura, fra le più aspre in Europa. Dieci milioni di cittadini sono al di sotto o lambiscono i limiti della soglia di povertà. Un numero crescente di famiglie fa i conti con la precarietà del lavoro, col problema della casa, con la difficoltà di condurre una vita dignitosa e di prospettare un futuro migliore per i figli.

La precarietà delle condizioni di vita di tante persone genera un diffuso senso di insicurezza che diviene terreno fertile per l’egoismo sociale, la chiusura corporativa, la contrapposizione dei bisogni dei singoli all’interesse generale. Si alimentano ansie e rancori, fobie collettive. In assenza di risposte efficaci, le forze conservatrici strumentalizzano l’emergenza sociale con la politica della paura, inventano nemici su cui scaricare le tensioni, preferibilmente stranieri, emarginati, i soggetti più deboli.

Ma in questo clima sta scivolando sempre più anche tanta parte dell’opinione pubblica democratica, in balia di media che offrono narrazioni distorte e fuorvianti del disagio amplificando l’inquietudine diffusa per fornire scorciatoie semplificate e nuovi capri espiatori.

Appare evidente l’alternativa: da una parte un’idea residuale delle politiche sociali che dirotta sempre maggiori risorse verso strumenti coercitivi degli esclusi per garantire sicurezza agli inclusi; dall’altra un welfare universalistico e innovativo, capace di andare oltre il modello novecentesco.

Una politica che guardi al futuro del paese non può che assumere come priorità l’emergenza sociale e porsi l’obbiettivo di rafforzare il sistema di welfare.

Il welfare può divenire un’alternativa di civiltà se è motore di una nuova idea di sviluppo fondato sulla qualità sociale, la dignità e i diritti delle persone, se guarda al principio dell’uguaglianza. Se da voce alle persone, alimenta relazioni e legami sociali, investe nella ricostruzione partecipata dello spazio pubblico. Se la sua rete di servizi accompagna e sostiene i percorsi di liberazione delle donne, la rielaborazione di ruoli e identità dei generi.

Un nuovo Welfare, capace di impegnare risorse economiche ma anche umane, saperi e pratiche diffuse, energie non riconducibili a semplici capitoli di bilancio, sarà anche capace di orientare lo sviluppo ed affermare nel senso comune del Paese una nuova idea di benessere sottratta alle leggi del mercato.

Il rilancio del Welfare non può venir dopo la ripresa economica e il risanamento del debito pubblico, né può costruirsi in un contesto sociale ulteriormente deteriorato e disgregato da scelte che, sul terreno previdenziale e dei diritti del lavoro, non rispettino il programma con cui l’Unione si è presentata ai cittadini.

In Italia rilanciare il Welfare significa innanzitutto finanziarlo. Il fondo per le politiche sociali deve poter disporre di una quota di spesa pro capite almeno adeguata alle medie europee. E’ necessario sbloccare il processo riformatore avviato nel 2000 con la Legge 328 e mortificato negli anni successivi dall’applicazione che ne ha fatto il governo delle destre.

Vanno finalmente definiti i livelli essenziali di assistenza (liveas) attraverso un processo di ricognizione dello stato dei servizi attuali e dei bisogni sociali inevasi. Un primo organico intervento sulla non autosufficienza non può essere il punto d’approdo, bensì l’indispensabile base di partenza di un processo che guardi alla piena affermazione dei diritti.

Parallelamente ai liveas va immediatamente mandato a regime il Sistema Informativo Sociale, così come vanno definiti requisiti, profili e percorsi formativi delle professioni sociali al fine di qualificarle e proiettarle verso un mondo del lavoro più dignitoso e meno precario.

La proposta di avviare il percorso per un Bilancio Sociale del paese va sostenuta proprio per costruire gli strumenti che consentano una lettura sempre più attenta e rigorosa dei bisogni e una verifica costante dell’efficacia della spesa sociale.

Il decentramento territoriale deve comunque salvaguardare l’unità e la coerenza del sistema nazionale per evitare il rischio di sperequazioni fra una parte e l’altra del paese. A tale proposito, la questione del fondo indistinto e dei poteri trasferiti alle regioni in virtù della riforma del titolo V potrebbe essere affrontata adottando il “metodo di coordinamento aperto” sperimentato su scala europea dopo Lisbona.

Infine, un sistema di protezione sociale forte ed efficace non avrà futuro se non si riesce a contrastare la precarietà diffusa non solo nel lavoro, a garantire i diritti sociali e civili per i migranti, ad affermare il diritto all’abitare dando rapida attuazione alla svolta promessa dalle positive conclusioni del tavolo di concertazione sulle politiche abitative. Così come non può subire ulteriori dilazioni l’esigenza di cancellare i peggiori provvedimenti attuati dalla destra in tema di istruzione o di droghe.

Su questi temi il processo riformatore disegnato dal programma dell’Unione deve procedere con maggior determinazione se non si vuole aggravare ulteriormente la distanza tra le fasce più deboli della società e le risposte della politica. Vanno dati segnali immediati di discontinuità, a cominciare dalla destinazione alla spesa sociale della parte più consistente dell’extra gettito fiscale e dalle scelte di prospettiva da assumere col Dpef.

Lucio Babolin, Cnca
Paolo Beni, Arci
Marco Bersani, Attac
don Luigi Ciotti, Gruppo Abele
Sergio D’Angelo, Consorzio Drom
don Tonio Dell’Olio, Libera
Maria Grazia Dente, MoVi
Sergio Giovagnoli, Arci
Patrizio Gonnella, Antigone
Alfio Luchini, Federserd
Michele Mangano, Auser
Giulio Marcon, Lunaria
Fabrizio Nizzi, Action
Enrico Pugliese, Università di Napoli
Giampiero Rasimelli, Forum Terzo Settore
Annamaria Rivera, Ricercatrice sociale
Gigi Sullo, Carta

 


       



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