CONTRO L'ESCLUSIONE, PER UN NUOVO WELFARE
DIRITTI CIVILI E SOCIALI PER TUTTE E PER TUTTI
A distanza di un anno dalla nascita del governo dell’Unione si registrano nel
paese forti segnali di scollamento tra società civile e istituzioni. Il sistema
politico-istituzionale appare bloccato e fatica a dare risposte alle istanze dei
soggetti più deboli e svantaggiati.
Secondo le ultime rilevazioni dell’Istat restano inalterate disuguaglianze
sociali e territoriali, asimmetrie di genere nella produzione e nel lavoro
domestico e di cura, fra le più aspre in Europa. Dieci milioni di cittadini sono
al di sotto o lambiscono i limiti della soglia di povertà. Un numero crescente
di famiglie fa i conti con la precarietà del lavoro, col problema della casa,
con la difficoltà di condurre una vita dignitosa e di prospettare un futuro
migliore per i figli.
La precarietà delle condizioni di vita di tante persone genera un diffuso
senso di insicurezza che diviene terreno fertile per l’egoismo sociale, la
chiusura corporativa, la contrapposizione dei bisogni dei singoli all’interesse
generale. Si alimentano ansie e rancori, fobie collettive. In assenza di
risposte efficaci, le forze conservatrici strumentalizzano l’emergenza sociale
con la politica della paura, inventano nemici su cui scaricare le tensioni,
preferibilmente stranieri, emarginati, i soggetti più deboli.
Ma in questo clima sta scivolando sempre più anche tanta parte dell’opinione
pubblica democratica, in balia di media che offrono narrazioni distorte e
fuorvianti del disagio amplificando l’inquietudine diffusa per fornire
scorciatoie semplificate e nuovi capri espiatori.
Appare evidente l’alternativa: da una parte un’idea residuale delle politiche
sociali che dirotta sempre maggiori risorse verso strumenti coercitivi degli
esclusi per garantire sicurezza agli inclusi; dall’altra un welfare
universalistico e innovativo, capace di andare oltre il modello novecentesco.
Una politica che guardi al futuro del paese non può che assumere come
priorità l’emergenza sociale e porsi l’obbiettivo di rafforzare il sistema di
welfare.
Il welfare può divenire un’alternativa di civiltà se è motore di una nuova
idea di sviluppo fondato sulla qualità sociale, la dignità e i diritti delle
persone, se guarda al principio dell’uguaglianza. Se da voce alle persone,
alimenta relazioni e legami sociali, investe nella ricostruzione partecipata
dello spazio pubblico. Se la sua rete di servizi accompagna e sostiene i
percorsi di liberazione delle donne, la rielaborazione di ruoli e identità dei
generi.
Un nuovo Welfare, capace di impegnare risorse economiche ma anche umane,
saperi e pratiche diffuse, energie non riconducibili a semplici capitoli di
bilancio, sarà anche capace di orientare lo sviluppo ed affermare nel senso
comune del Paese una nuova idea di benessere sottratta alle leggi del mercato.
Il rilancio del Welfare non può venir dopo la ripresa economica e il
risanamento del debito pubblico, né può costruirsi in un contesto sociale
ulteriormente deteriorato e disgregato da scelte che, sul terreno previdenziale
e dei diritti del lavoro, non rispettino il programma con cui l’Unione si è
presentata ai cittadini.
In Italia rilanciare il Welfare significa innanzitutto finanziarlo. Il fondo
per le politiche sociali deve poter disporre di una quota di spesa pro capite
almeno adeguata alle medie europee. E’ necessario sbloccare il processo
riformatore avviato nel 2000 con la Legge 328 e mortificato negli anni
successivi dall’applicazione che ne ha fatto il governo delle destre.
Vanno finalmente definiti i livelli essenziali di assistenza (liveas)
attraverso un processo di ricognizione dello stato dei servizi attuali e dei
bisogni sociali inevasi. Un primo organico intervento sulla non autosufficienza
non può essere il punto d’approdo, bensì l’indispensabile base di partenza di un
processo che guardi alla piena affermazione dei diritti.
Parallelamente ai liveas va immediatamente mandato a regime il Sistema
Informativo Sociale, così come vanno definiti requisiti, profili e percorsi
formativi delle professioni sociali al fine di qualificarle e proiettarle verso
un mondo del lavoro più dignitoso e meno precario.
La proposta di avviare il percorso per un Bilancio Sociale del paese va
sostenuta proprio per costruire gli strumenti che consentano una lettura sempre
più attenta e rigorosa dei bisogni e una verifica costante dell’efficacia della
spesa sociale.
Il decentramento territoriale deve comunque salvaguardare l’unità e la
coerenza del sistema nazionale per evitare il rischio di sperequazioni fra una
parte e l’altra del paese. A tale proposito, la questione del fondo indistinto e
dei poteri trasferiti alle regioni in virtù della riforma del titolo V potrebbe
essere affrontata adottando il “metodo di coordinamento aperto” sperimentato su
scala europea dopo Lisbona.
Infine, un sistema di protezione sociale forte ed efficace non avrà futuro se
non si riesce a contrastare la precarietà diffusa non solo nel lavoro, a
garantire i diritti sociali e civili per i migranti, ad affermare il diritto
all’abitare dando rapida attuazione alla svolta promessa dalle positive
conclusioni del tavolo di concertazione sulle politiche abitative. Così come non
può subire ulteriori dilazioni l’esigenza di cancellare i peggiori provvedimenti
attuati dalla destra in tema di istruzione o di droghe.
Su questi temi il processo riformatore disegnato dal programma dell’Unione
deve procedere con maggior determinazione se non si vuole aggravare
ulteriormente la distanza tra le fasce più deboli della società e le risposte
della politica. Vanno dati segnali immediati di discontinuità, a cominciare
dalla destinazione alla spesa sociale della parte più consistente dell’extra
gettito fiscale e dalle scelte di prospettiva da assumere col Dpef.
Lucio Babolin, Cnca
Paolo Beni, Arci
Marco Bersani, Attac
don Luigi Ciotti, Gruppo Abele
Sergio D’Angelo, Consorzio Drom
don Tonio Dell’Olio, Libera
Maria Grazia Dente, MoVi
Sergio Giovagnoli, Arci
Patrizio Gonnella, Antigone
Alfio Luchini, Federserd
Michele Mangano, Auser
Giulio Marcon, Lunaria
Fabrizio Nizzi, Action
Enrico Pugliese, Università di Napoli
Giampiero Rasimelli, Forum Terzo Settore
Annamaria Rivera, Ricercatrice sociale
Gigi Sullo, Carta