15 Settembre, 2002
Il Piano di zona
La novità più significativa nell’ambito socioassistenziale che decollerà nel corso del 2003, è costituita dal piano di zona previsto dall’art.19 della legge 328: la legge di riforma dell’assistenza.
Il Piano di zona
La novità più significativa nell’ambito socioassistenziale che decollerà nel corso del 2003, è costituita dal piano di zona previsto dall’art.19 della legge 328: la legge di riforma dell’assistenza.
A cura di maura Ruggeri
Che cos’è il piano di zona?
E’un documento programmatico che costituisce una sorta di carta d’identità del sistema di Welfare locale che ne restituisce l’ampiezza, le caratteristiche, la qualità e ne definisce gli indirizzi e le scelte per i prossimi anni
L’ambito territoriale preso in considerazione è quello distrettuale, quello coincidente cioè con il Distretto sociosanitario che per il distretto di Cremona è costituito da 47 comuni per un totale di 153057 abitanti.
Dovrebbe rappresentare lo strumento con cui leggere le politiche sociali territoriali in rapporto ai bisogni ,alle domande sociali, ai diritti dei cittadini, dovrebbe costituire qualcosa di analogo a ciò che in urbanistica rappresenta il piano regolatore, ossia un processo ,un percorso, che è suscettibile di aggiustamenti e di verifiche che radica progetti e processi nel territorio dove operano diversi attori sociali.
Lo scopo è quello di favorire lo sviluppo di un sistema integrato di interventi e servizi a cui non concorrono solo le istituzioni, ma anche ,con pari dignità, i diversi soggetti della solidarietà sociale.
Per comprendere come si costituisce un assetto con cui tutti coloro che a vario titolo si occupano di sociale si dovranno confrontare occorre tener presente un elemento fondamentale che è costituito dagli indirizzi regionali in materia, che sono quelli che definiscono la fisionomia del piano, orientano le scelte dei comuni, stabiliscono le risorse e come si possono spendere.
Spetta alle Regioni ,in questa come in altre materie, dopo la riforma del titolo V della Costituzione, tradurre in indirizzi e in criteri operativi, principi fissati dalla legislazione nazionale.
La Regione Lombardia ha deliberato che:
Þ i protagonisti del piano di zona siano i comuni associati nell’ambito distrettuale
Þ L’ASL costituisca un partner fondamentale non solo per l’integrazione socio sanitaria, ma anche per l’approvazione del piano : all’assenso dell’ASL è subordinata l’erogazione delle risorse previste dalla l. 328,che la Regione ha assegnato all’ASL, da girare ai comuni per l’attuazione del piano,.
Þ Il 30% della spesa nel triennio venga utilizzato per garantire la copertura di servizi essenziali da diffondere su tutto il territorio distrettuale e il restante 70% sia destinato all’erogazione di buoni e voucher alle famiglie.
Come è stato definito il piano?
La definizione del piano ha richiesto un approfondimento della conoscenza del territorio dal punto di vista sociale ,della popolazione e delle sue caratteristiche.
Ne è emerso un quadro che segnala tassi di crescita naturali della popolazione molto bassi, un allungamento delle aspettative di vita, una conseguente crescita del peso della popolazione anziana che vede indici di invecchiamento superiori alla media regionale e nazionale, una presenza sempre più consistente di popolazione immigrata che riguarda famiglie e non più individui isolati, una riduzione della dimensione dei nuclei familiari.
Un quadro che rende del tutto evidente come l’attenzione alla componente anziana della popolazione ed alle famiglie debba far parte delle priorità del piano.
I servizi da destinare agli anziani ed alle problematiche della non autosufficienza saranno tra le priorità degli interventi ,essendo gli anziani la fascia di popolazione che cresce di più e che ha maggior bisogno di aiuto.
Il piano di zona dovrà costituire lo strumento per aumentare in termini di quantità e qualità le offerte di tipo domiciliare e territoriale per i soggetti fragili, se i livelli di di assistenza e di prevenzione si alzeranno ,inferiore potrà essere il ricorso al ricovero che tuttavia ,quando è necessario deve essere garantito e non può scendere sotto certi livelli, come invece è accaduto nel nostro territorio a causa dei tagli dei posti letto finalizzati al rientro nei parametri fissati dalla Regione.
Quali sono gli obiettivi fondamentali del piano?
Þ L’assicurazione di alcuni livelli essenziali di intervento sociale su tutto il territorio del distretto
Þ Il potenziamento di un sistema d’interventi volto a mantenere a domicilio il più a lungo possibile le persone fragili (anziani e disabili)
Þ Il sostegno alle responsabilità familiari
Come è stato costruito il piano?
Si è sperimentata una forma di progettazione partecipata che ha visto la collaborazione dei principali attori della rete sociale locale.
.Alla redazione del piano hanno partecipato operatori e rappresentanti delle seguenti realtà:
Comuni del Distretto
ASL
Azienda ospedale
Organizzazione diocesana
Terzo settore
Associazione delle IPAB
Ogni tavolo ha sviluppato il confronto e l’approfondimento relativamente a :
-Lettura del bisogno: i punti di forza e di debolezza del tessuto sociale
- Confronto sugli obiettivi di potenziamento, sviluppo e innovazione dei servizi,
-lUtilizzo di risorse e competenze
-Criteri di valutazione
Come verrà gestito il piano?
Il territorio distrettuale è stato suddiviso in quattro sottoambiti che fanno riferimento ciascuno ad un comune capofila: Cremona, Soresina, Vescovato, Pizzighettone.
Saranno i Comuni capofila dei sottoambiti a gestire, per il proprio ambito, le risorse per la realizzazione degli obiettivi individuati nel piano.
Il Comune di Cremona fungerà da Comune capofila del Distretto ed avrà il compito, attraverso un ufficio di piano Distrettuale appositamente costituito, di rendicontare alla Regione l’utilizzo dei fondi, di coordinare il lavoro dei tavoli tematici distrettuali, di verificare il raggiungimento degli obiettivi , di farsi garante cioè dell’andamento complessivo del piano.
Come saranno declinati gli obiettivi del piano?
Si prevede di dotare prioritariamente tutti i comuni del servizio sociale professionale
(almeno tre operatori per ambito di cui uno coordinatore)
di dotare il distretto di un servizio di pronto intervento sociale
di sostenere la permanenza a domicilio delle persone fragili e rafforzare gli interventi di sollievo ,i servizi territoriali e le azioni di cura familiari anche attraverso l’erogazione di buoni sociali e di voucher ossia di titoli per l’acquisto di servizi professionali presso agenzie accreditate.
Per quanto riguarda i voucher
Alla base ci saranno un progetto assistenziale concordato con l’assistente sociale del comune di riferimento ed un contratto con un’agenzia erogatrice del servizio sad accreditata a svolgere un intervento di tipo professionale.
I buoni sociali saranno invece erogati , secondo un progetto concordato con l’assistente sociale di riferimento e quindi controllato e monitorato, per interventi non professionali a sostegno della cura dell’anziano a domicilio e saranno concessi compatibilmente con le risorse a disposizione, in presenza di determinate condizioni sociali ed economiche.
ll cambiamento introdotto dal piano di zona consisterà , a prescindere dai contenuti, dal processo che si riuscirà a mettendo in moto che si gioca su due elementi e fondamentali:
1. La capacità dei comuni di associarsi , di superare la frammentazione attuale, di darsi forme stabili di coordinamento
2. La capacità di coinvolgere tutti gli attori sociali e di valorizzare effettivamente l’apporto.
Abbiamo di fronte una sfida a cui non intendiamo sicuramente sottrarci ,che consideriamo certamente una importante opportunità a cui la Regione deve però garantire risorse e continuità, poiché la portata dei processi che si mettono in atto richiede tempi adeguati per affermarsi e consolidarsi e se giustamente si chiede ai Comuni di mantenere l’impegno finanziario in atto ,altrettanto deve fare la Regione per quanto riguarda il finanziamento proveniente dal fondo sociale regionale e la definizione di strumenti che supportino ed accompagnino effettivamente nel loro compito i comuni associati .
A cura di Maura Ruggeri
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In allegato relazione di Maura Ruggeri ad un convegno dell'Anci
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