15 Settembre, 2002
Alberto Sordi uomo-simbolo
di Mario Verdone
Alberto Sordi uomo-simbolo
di Mario Verdone
Per un ritratto ideale dell’italiano non c’è migliore scelta da fare che passare in rassegna le grandi personalità rinascimentali: artisti, pensatori, scienziati. Se l’attenzione, invece, si rivolge all’italiano medio di oggi, lontano dalla grandezza e dalla eccezionalità, certamente un grande contributo alla sua conoscenza lo ha dato, sullo schermo, Alberto Sordi. Ha puntato la sua satira, la sua vena caricaturale, il suo macchiettismo – che in maniera ripetuta poteva anche apparire facile – sull’italiano, e più spesso sul romano, scegliendo quello che sta quasi a suo agio con i propri difetti, le sue smargiassate, la sua consapevolezza di essere al centro del mondo, le sue bordate di battute irriverenti, anche grevi, e di sfottò. Proprio per questo Sordi è stato, in qualche caso, accusato di essere un fenomeno tutto quirite, locale; ma si sa che ciò che è profondamente locale acquista valore universale. Per Roma, come per l’Italia tutta, Sordi è un uomo-simbolo.
I personaggi che ha rappresentato, bonaccioni e crudeli, burloni e codardi, mammoni ma a momenti anche luciferini, studiati dal vero, ma con una carica interiore tutta personale, talvolta eccedono nei cinismi, nelle piccinerie e nelle vigliaccherie, spesso anche nella cattiveria, però non si può dire che lo sberleffo critico di Sordi sbagli la mira. E se dapprima è soltanto divertente come Conte Claro alla radio, come datore di voce di Stanlio o Ollio, nei “numeri da cabaret”, poi ottiene con tutto merito di farsi ammirare nei primi film di Fellini – Lo sceicco bianco e I vitelloni, (1952 e 1953) - in Un giorno in pretura di Steno (1959), in Tutti a casa di Comencini (1960), nella Grande guerra (1959) e in Un borghese piccolo piccolo di Monicelli (1975), in Una vita difficile di Dino Risi (1961). Una sintesi dei suoi personaggi (non tutti perché è apparso in almeno centonovanta produzioni) si ebbe in televisione con la Storia di un italiano (1980), tema che, continuando a lavorare instancabilmente durante mezzo secolo, per lo schermo e per il video, non poteva che riaggiornare continuamente.
Quando ha lasciato il mondo delle macchiette, nel quale peraltro con forte personalità raggiungeva effetti di notevole risalto, per poi diventare autenticamente drammatico, si è consacrato attore completo. Anche lui, nella sua lunga serie di film, ha raggiunto nella grande generazione degli Eduardo, De Sica, Fabrizi, Totò, Gassmann, Mastroianni, un posto eminente, eccellendo nelle parti amene e nel dramma. È stato nello spettacolo, unanimemente riconosciuto, il cuore, il sorriso e una delle grandi maschere di Roma.
 
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