15 Settembre, 2002
Il mondo secondo Obama (di Stefano Silvestri da affarinternazionali.it)
Barack Obama è stato eletto su temi di politica interna. Ed è normale che un nuovo Presidente, all'inizio del suo primo mandato, si concentri.....
Barack Obama è stato eletto su temi di politica interna. Ed è normale
che un nuovo Presidente, all'inizio del suo primo mandato, si
concentri più sulle questioni interne che su quelle internazionali, e
questa tendenza sarà certamente rafforzata dalla necessità di porre
mano alla grave crisi economica. Eppure egli potrebbe diventare
importantissimo per il futuro della potenza e del ruolo americano nel
mondo.
Gli Usa di George W. Bush hanno avuto un gravissimo problema:
fortissimi sul piano militare, essi hanno sottovalutato l'importanza
degli aspetti politici e psicologici, il cosiddetto "soft power" e
questo ha finito per rendere inefficace, e talvolta persino
controproducente, la loro strapotenza militare. Il Presidente eletto
non è né un grande esperto di politica internazionale (anche se si è
scelto un vice-presidente che di esperienza ne ha da vendere), né un
grande capo militare, ma potrebbe avere quello che mancava a Bush:
l'intelligenza e la capacità di convincere e coinvolgere gli altri
nelle scelte americane, di esprimere un sogno, un ideale e allo
stesso tempo un'immagine dell'America diversa da quella della forza
bruta. Per riprendere una vecchia ed abusata immagine, potrebbe
schierare Venere al fianco di Marte e convincere (o quanto meno
affascinare) prima ancora di vincere. Se così fosse, l'era americana
non sarebbe più prossima alla fine, come alcuni temono ed altri
sperano, ma troverebbe nuovo impulso e nuova linfa.
Non sarà facile. Certo il Presidente Obama, per quanto stretto dalle
priorità di politica interna, non potrà ignorare i grandi temi
internazionali. In parte la stessa priorità alla crisi economica lo
costringerà sin da subito (anche prima di entrare realmente in
carica) ad esporsi sui grandi temi della "governance" economica
internazionale: egli non parteciperà al prossimo G-20, ma è certo che
tutti o quasi i partecipanti al Vertice cercheranno di avere contatti
diretti o indiretti con lui e con il suo staff. Ma oltre alla crisi
economica egli dovrà rapidamente affrontare questioni sostanziali
come quelle del futuro della presenza americana in Iraq, della guerra
in Afghanistan, dei conflitti in America Latina ed in Africa, della
Russia, della Cina e del Medio Oriente.
Alcune cose sono molto probabili, come ad esempio l'avvio di un
processo di riduzione della presenza militare in Iraq, altre invece
sono del tutto aperte. Il candidato Obama si è dichiarato a favore di
un nuovo dialogo senza precondizioni con l'Iran, ad esempio, ma la
sua fattibilità dipenderà in larga misura anche dalla posizioni che
assumerà Teheran (e potrebbe non essere possibile prima delle future
elezioni politiche in Iran, la prossima primavera). Altrettanto
incerte (e condizionate dalle posizioni che assumeranno nel frattempo
i vari interlocutori) sono le prospettive con la Russia e con la Cina.
In altri casi le cose sono più chiare. Il Presidente Obama (del
resto, su questo, in apparente sintonia con il suo rivale McCain) si
è detto intenzionato a trattare la questione del degrado ambientale e
dei gas serra come una effettiva priorità nazionale americana. Anzi,
è probabile che egli intenda usare una politica di importanti
incentivi allo sviluppo di nuove tecnologie come uno dei volani per
favorire la ripresa economica americana.
In realtà il campo dove maggiori sono le incertezze (e i timori) è
quello relativo alla politica commerciale. Non solo Obama si è detto
favorevole a rinegoziare parte dell'accordo Nafta, ma è possibile che
l'approfondirsi della crisi spinga la maggioranza democratica al
Congresso americano verso posizioni protezioniste o revisioniste, in
particolare nei confronti dei cosiddetti "Fondi Sovrani", della Cina
e del Giappone. Benché nell'ultimo periodo della sua campagna
elettorale Obama abbia molto diluito alcune sue prese di posizione
iniziali, e sembri aver dato maggiore spazio all'ala più "liberista"
dei suoi consiglieri economici, come ad esempio Lawrence Summers,
un'indicazione più precisa potrà venire solo dalla scelta del
prossimo Segretario al Tesoro e del responsabile per i negoziati
commerciali internazionali.
E l'Europa? A differenza di George W. Bush, Obama ha sempre
sottolineato l'importanza del sistema delle alleanze costruito
attorno agli Stati Uniti, e di un approccio multilaterale più che
unilaterale. Tutte cose che all'Europa vanno benissimo. Tuttavia egli
avrà a che fare con una situazione fortemente degradata. Avrà bisogno
di un forte apporto europeo, ma dovrà trattare con un'Europa incerta,
divisa, e percorsa da ventate euroscettiche, in cui la crisi
economica potrebbe alimentare una tendenza al ripiegamento su sé
stessa più che una propensione all'assunzione di maggiori
responsabilità. Peraltro non è neanche chiaro se il nuovo Presidente,
al di là della sua impostazione più aperta e multilaterale, saprà o
vorrà realmente giocare la carta europea, sia perché distratto da
altre priorità, soprattutto in Asia, sia perché magari mal
consigliato dai suoi più stretti collaboratori. Molto importante sarà
quindi la scelta del prossimo Segretario di Stato, poiché i possibili
candidati potrebbero avere convinzioni molto diverse su questo punto
in particolare (tra i nomi che circolano, ad esempio, un possibile
Richard Holbrooke sarebbe diverso, e certamente più "ostico", di un
eventuale John Kerry o anche di uno Strobe Talbot).
Stefano Silvestri è Presidente dello Istituto Affari Internazionali.
 
Fonte: affarinternazionali.it
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