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15 Settembre, 2002
Comune Cremona. Relazione al Bilancio di Celestina Villa
Come afferma il Direttore del settore affari economico finanziari nella sua premessa alla Relazione tecnica, il percorso di costruzione del bilancio di previsione per l’anno 2009 è stato molto problematico.

BILANCIO DI PREVISIONE 2009
Relazione dell’Assessore Celestina Villa
Consiglio Comunale
15 dicembre 2008
RELAZIONE AL BILANCIO DI PREVISIONE 2009
(Assessore Celestina Villa)
Come afferma il Direttore del settore affari economico finanziari nella sua premessa alla Relazione tecnica, il percorso di costruzione del bilancio di previsione per l’anno 2009 è stato molto problematico.
Da tecnico segnala che la difficoltà è stata quella di raggiungere l’equilibrio economico cercando di conciliare le risorse disponibili con le necessità rappresentate dalle Direzioni dei diversi settori comunali.
Compito della politica è invece quello di chiedersi perché ogni anno predisporre il bilancio di previsione sia sempre più complicato, faticoso e sofferto.
Quest’anno lo è stato in modo particolare, non solo per i limiti ed i vincoli che di volta in volta ogni Governo centrale ci impone, ma anche e soprattutto per la condizione economico sociale complessiva del paese, non risparmiato dalla crisi finanziaria che ha condotto l’economia mondiale ad un deciso rallentamento in alcune aree e ad una vera e propria recessione in altre.
Crisi che viene da lontano, ma di cui si colgono o si vedono i suoi effetti concreti e dannosi solo da poche settimane ed alla quale si cerca di porre rimedio con i soliti vecchi interventi.
E’ una crisi di “domanda” composta di consumi ed investimenti che vivono essenzialmente di aspettative, ma il cui dato strutturale è l’iniqua distribuzione del reddito che premia profitti e rendite a discapito del lavoro.
Si veda in proposito il recente rapporto Ocse che ha drammaticamente fotografato questa situazione in cui si allarga la forbice dei redditi. L’indebitamento delle famiglie è un modo per non affrontare il problema distributivo, ma anzi per trasformarlo in un’ulteriore occasione di profitto per il sistema economico, in particolare per i mercati creditizi.
Il pericolo è che la crisi si avviti: come scriveva Giangiacomo Nardozzi su Il Sole 24 Ore del 25 ottobre “Le economie del G7 non sono state travolte da un collasso sistemico della finanza, ma occorre che si riprendano rapidamente dal contagio finanziario, altrimenti c’è il rischio che il circolo vizioso ricominci dalle banche, questa volta colpite non dal crollo del castello di carte da loro stesse costruito, ma dalla caduta a catena anche della sana attività produttiva cui hanno fatto credito”, cioè il rischio è che crisi finanziaria e rallentamento economico si alimentino vicendevolmente.
A quel punto non si potrebbe più parlare di recessione o crisi finanziaria, ma di depressione.
Gli interventi finora messi in atto dai governi e dalle autorità monetarie hanno riguardato la finanza e non l’economia, la partita della politica economica è ancora tutta da giocare. Potranno essere ulteriormente tagliati i tassi di interesse, ma l’impulso economico sarà comunque modesto. Non basta la sola politica monetaria serve anche quella fiscale, non tramite incentivi fiscali diretti, che non sono risultati efficaci nel rilanciare consumi ed investimenti, ma attraverso la spesa diretta dello Stato, prima di tutto in investimenti a partire da quelli a favore della sostenibilità ambientale della crescita economica, ma anche in trasferimenti ai ceti più deboli, per garantire loro un reddito che sicuramente spenderanno.
Anche in Italia, come in molti altri paesi, centinaia di migliaia di lavoratori sono o stanno per essere mandati in cassa di integrazione o, peggio ancora, licenziati. Particolarmente preoccupante è la situazione delle fasce sociali più indifese: i precari, gli operai, le donne, i pensionati, le famiglie a basso reddito, i migranti.
Alcuni provvedimenti adottati in primavera dal Governo come quello sulla detassazione degli straordinari, poi revocato con il decreto anti-crisi del 29 novembre, oppure l’abolizione dell’ICI sulla prima casa anche per le classi medio-alte evidenziano una certa confusione ed incertezza nell’agire.
La logica vorrebbe che si detassassero gli straordinari in tempi di piena occupazione, non di licenziamenti e di diminuzione dei volumi produttivi, perché destinati solo a particolari e limitati gruppi di lavoratori che non rientrano certo nelle “categorie sofferenti”.
Sempre per “incentivare la domanda” ed infondere tranquillità e sicurezza i successivi atti del Governo contemplano la perdita di 120.000 posti nel mondo della Scuola, quando la Germania decide in tempo di crisi di aumentare le risorse per Scuola ed Università, reintroducono il lavoro a chiamata e attenuano le norme sulla sicurezza del lavoro, si offre anche sostegno a Confindustria nella revisione regressiva del modello di contratto nazionale di lavoro e nel caso Alitalia si appoggia una mediazione raggiunta sulle spalle e a danno dei lavoratori.
Ai precari collaboratori a progetto che saranno licenziati verrà riconosciuto un bonus pari al 10% del loro reddito, se ovviamente entro certi limiti!
Risulta evidente che il peso di questa crisi viene fatto ricadere su lavoratori, precari e famiglie, mentre banche ed imprese ricevono aiuti ben più massicci. Proprio quando sarebbe necessario redistribuire la ricchezza per favorire il rilancio dell’economia e soprattutto la salvaguardia sociale delle categorie più deboli i “poteri forti” e le fasce sociali a più alto reddito rimangono intoccabili. Anzi, quest’ultime sono favorite come nel caso dell’abolizione dell’ICI.
Misure come la social card ed il bonus famiglia possono dare un sollievo temporaneo, ma inadeguato per le situazioni di grave disagio economico. Molto più efficace sarebbe stato un trasferimento a somma variabile in funzione dei bisogni di ciascun nucleo familiare e finalizzato a portare tutti i beneficiari al raggiungimento di una soglia minima di reddito: è quello che in quasi tutti gli altri paesi europei viene chiamato reddito minimo garantito e che sarebbe meglio definire e chiamare “reddito di cittadinanza”.
Come afferma Tito Boeri in Italia si affronta la peggiore recessione del Dopoguerra sparando a salve.

In un tale contesto, per noi ulteriormente appesantito dai provvedimenti di riduzione delle risorse locali messi in atto dal Governo centralista, abbiamo cercato di programmare e costruire le risposte che servono alla città.
La manovra complessiva del bilancio di previsione 2009 è pari a euro 232.979.000, così suddivisa: 78.985.700 in entrate correnti, 139.245.300 in entrate per investimenti e 14.748.000 in entrate per servizi per conto terzi.
La spesa di parte corrente ammonta complessivamente ad euro 82.735.700, quella per investimenti ad euro 135.495.300, di cui 70.000.000 per impiego della liquidità, e quella per servizi per conto terzi a 14.748.000 euro.
Le entrate correnti sostanzialmente non aumentano, sia per effetto delle scelte dell’Amministrazione con il blocco delle tariffe dei servizi a domanda individuale sia per effetto del blocco dei tributi locali deciso a maggio dal Governo centrale, ad eccezione della Tarsu, e per il quarto anno consecutivo Cremona lascia invariata la pressione tributaria sui cittadini.
Diminuiscono, invece, i trasferimenti dallo Stato per il mancato ristoro dei tagli subiti in materia di ICI e per il contenimento dei costi della politica, come appare dalle tabelle che seguono.

Pertanto le entrate di parte corrente aumentano solo per l’adeguamento del 5% del gettito della Tarsu e per i contributi regionali, che crescono perché approvati ed ammessi a finanziamento alcuni progetti significativi in termini di contenuto e di importo, che gli uffici con grande impegno e tenacia sono riusciti a predisporre.
Scelta consapevole e condivisa è stata quindi quella di contenere e riqualificare la spesa e, grazie all’impegno di tutti i colleghi di Giunta, si è riusciti a coniugare l’esigenza di raggiungere gli obiettivi individuati con le risorse a disposizione.
Gli oltre 81 milioni di spesa di parte corrente vengono così destinati: 20,5 milioni per mantenere e consolidare le nostre politiche sociali, che non sono solo assistenziali, ma di cura e promozione della persona; 16,3 milioni per le funzioni di amministrazione, gestione e controllo; 13,3 milioni per il territorio e l’ambiente; 11,5 milioni per garantire il funzionamento delle scuole, dagli asili nido alle medie inferiori, il diritto allo studio e le progettualità delle politiche educative; 6,2 milioni per la cultura ed il turismo; 5,4 milioni per la viabilità ed i trasporti; 4,8 milioni per la sicurezza urbana; 1,4 milioni per lo sport; 1 milione per i servizi produttivi; 700.000 euro per il funzionamento dei servizi dell’Amministrazione Giudiziaria.
A questi importi si devono aggiungere quelli che saranno impiegati per realizzare le opere pubbliche ed i lavori di manutenzione, restauro, recupero e messa a norma di beni ed edifici che servono per lo sviluppo della comunità e che ridanno fiato all’economia. Importi finanziati anche con il ricorso a mutui, a fronte di una capacità di indebitamento per il Comune di Cremona ancora molto elevata (1,63%) rispetto al tetto massimo consentito dalla legge del 15%.
Nel 2009 proseguiranno anche le attività meno conosciute, ma altrettanto importanti e strategiche, quali quella di contrasto dell’evasione fiscale e quella rivolta a migliorare i rapporti con i cittadini, agevolandone l’accesso alle informazioni e snellendo le procedure per ottenere servizi ed esercitare diritti.
Altro gravoso impegno che ci attende è quello del patto di stabilità, che il Comune di Cremona in questi anni ha sempre rispettato, strumento secondo la Corte dei Conti indispensabile per contenere la formazione dell’indebitamento, per stimolare la ricerca e lo sviluppo di fonti di entrata e per controllare le spinte al disavanzo, qualora gli enti locali godessero di piena autonomia finanziaria e funzionale. La stessa Corte però, nella sua relazione sulla gestione finanziaria degli enti locali per gli anni 2006-2007, rileva quanto sia complesso ed arduo conseguire gli obiettivi di finanza locale all’interno di un quadro normativo, frammentario, poco organico ed ancora in evoluzione.
Noi possiamo aggiungere che è anche difficile programmare e fare investimenti, soprattutto di lunga durata.
Ciò non ostante si assicura l’impegno di monitorare e rispettare il patto di stabilità, che con l’anno 2007 ha subito l’ennesima modifica, passando dai tetti alla spesa ai saldi.
Il patto a saldi che sembra consentire una maggiore possibilità di manovra, nei fatti è di difficile e complessa applicazione ed il suo mancato rispetto, a partire dal 2009, comporta le seguenti sanzioni:
1. incremento automatico dell’addizionale irpef dello 0,30%
2. riduzione commisurata allo scostamento dell’obiettivo del patto di stabilità dei contributi ordinari dovuti dal Ministero dell’Interno
3. limite all’impegno per le spese correnti che non possono superare il minimo dei corrispondenti impegni effettuati nell’ultimo triennio
4. impossibilità di ricorrere all’indebitamento per gli investimenti
5. divieto di assumere personale a qualsiasi titolo
6. riduzione del 30% delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza degli amministratori locali
7. il blocco del fondo decentrato dei dipendenti degli enti locali.
Sanzioni considerevoli che toccano un po’ tutti gli attori della macchina amministrativa locale, forse eccessive nel momento in cui si estendono anche al personale.
La breve esperienza fin qui maturata del nuovo patto di stabilità a saldi ci ha dato non pochi motivi di preoccupazione, perché il meccanismo sul quale si basa, la competenza mista, di fatto considera le entrate e le spese come fossero di un sola tipologia, senza distinzioni tra la parte corrente e la parte in conto capitale.
Se le entrate non riescono a coprire le uscite, si rischia di non conseguire l’obiettivo del patto e quindi di incorrere nelle sanzioni, ma da un punto di vista sociale è ben peggio sospendere e rinviare i pagamenti per lavori e servizi già effettuati. Non solo non è giusto, ma non sempre le imprese possono farsi carico di tali condizioni, soprattutto in momenti come questi!|
In attesa di tempi migliori ringrazio tutti coloro che hanno accompagnato con pazienza, dedizione e professionalità il percorso di formazione del bilancio fino al momento della sua discussione davanti a questo Consiglio Comunale.

Cremona, lì 15 dicembre 2008
Celestina Villa

 


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