15 Settembre, 2002
Salini, un uomo solo al comando di Giuseppe Tochio
In una vecchia ironica canzone, Giorgio Gaber si chiedeva cosa fosse la destra e cosa la sinistra:
Salini, un uomo solo al comando di Giuseppe
Tochio
In una vecchia ironica canzone, Giorgio Gaber
si chiedeva cosa fosse la destra e cosa la
sinistra: fuor d'ironia si può rispondere,
oggi, con qualche esempio.
1) Apic. Sempre le stesse vicende, le stesse
notizie ufficiali o sibilate, tornate per
l'ennesima volta alla ribalta della bassa
polemica agìta per due campagne elettorali.
Ecco: noi non abbiamo paura della Magistratura.
Anzi, non vediamo l'ora che essa faccia piena
luce sugli errori di alcuni - la metà di
mille- e, contestualmente, sulla correttezza
nostra, che quegli errori abbiam denunciato
per primi. Restiamo convinti che le politiche
culturali stessero meglio in mani diverse
da quelle del consigliere Borghetti: se è
vero, come diceva mia nonna, che "come
si naviga si va a riva", l'esperienza
del consigliere Borghetti al timone dell’Azienda
sociale cremasca è stata affondata dal “fuoco
amico” e non lascia intravedere approdi confortevoli
alla sua brillante carriera di statista.
2) Commissioni. Ancora Gaber, cantava che
"libertà è partecipazione". Qui,
invece, si vuol negare addirittura la partecipazione
degli “eletti” alle scelte che, per natura,
debbono essere condivise, dialogate, maturate.
Si fa strada la retorica dell'uomo solo al
comando: a Roma, a Milano, oggi anche a Cremona,
nessuno disturbi il manovratore, tanto meno
se si tratta di svelare - con inchieste e
intercettazioni che oggi si vogliono abolire,
tra un Lodo e un Bavaglio e magari un Grembiulino
- sue eventuali scorrettezze o misfatti.
Così, non piace che un gruppo consiliare
ampio porti più voci ad affrontare e risolvere
i problemi del Collegio e del territorio:
uno in ogni commissione - possibilmente obbediente
meglio se silente - basta e avanza. È anche,
lo capiamo, una conseguenza della ricorrente
incapacità a garantire il numero legale che
tradisce lo scarso rispetto, lo scarsissimo
onore per un ruolo istituzionale che ci è
stato consegnato dai cittadini anche se svuotato
dalla riforma degli Enti Locali.
Ma questo significa essere "sgobboni
ma sciocchi", come sentenziato dal dr.
Salini in un convegno, prontamente rilanciato
dal suo stesso canale di Youtube: bene, siamo
orgogliosi di essere sciocchi ai vostri occhi.
Orgogliosi di essere talmente sciocchi da
preparare il Distretto Culturale, per uscire
dai buchi ereditati dell'Apic, e cercare
e trovare 70 milioni di euro per altri investimenti
coi quali qualcuno ora si sta beando. Dal
“discorso della montagna” ci sfuggiva il
senso dei “beati quelli che si beano!”
3) Le polemiche sui costi della democrazia,
invece di ridurre le figure di segretario
e direttore, il numero degli assessori (taluni
assenteisti cronici dall’ ufficio(Brunetta),
di tenere a Cremona e non a Milano, incarichi
e nomine dei professionisti, porteranno tra
un po' a chiedere a Bruno Tancredi di reggere,
come al tempo del fascio, anche la Provincia
e farsene "preside". La stella
cadente del federalismo andato al governo
per abolire le Prefetture, organi di “Roma
ladrona” che già Einaudi nel 1944 voleva
vedere soppresse, ha riportato ai prefetti
la nomina dei segretari comunali e presto
chiuderà le "inutili" province,
prese per il collo e non solo; inutili anche
i 180 milioni delle 13 province del Po mandati
ad evitare i fallimenti amministrativi di
Catania, Taranto e Reggio Calabria, palesando
un'incapacità del più lombardo dei Governi
della storia della Repubblica a difendere
i nostri interessi.
4) Voi negherete, e sosterrete che il vostro
è il partito della libertà e della democrazia.
Ma libertà è partecipazione, democrazia è
partecipazione. Sarete più credibili quando,
come tutti i partiti democratici, celebrerete
dei congressi, e quando smetterete di vivere
come un insopportabile fastidio qualsiasi
voce che - magari da destra, come il presidente
Fini - vi richiami alla nettezza dei comportamenti,
alla questione morale come primaria questione
politica (Berlinguer), alla necessità di
un dibattito interno il più possibile ampio
e non pregiudiziale. La crisi morale della
politica di questa "seconda Repubblica"
sta soprattutto in questo. In una politica
decisionista, fatta da gente che rifiuta
il confronto, direi con il testosterone della
cattiveria ed il dna della denigrazione,
una politica incattivita, quindi una cattiva
politica.
Giuseppe Torchio
 
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