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15 Settembre, 2002
12 domande al futuro segretario del Partito Democratico
Poste dal prof. Nicolò Lipari, docente universitario, storico leader dei Cittadini per l*Ulivo di Roma

Se, come assume il nostro Presidente del Consiglio, la semplice prospettazione di alcune domande può esporre il proponente al rischio di una responsabilità (civile o penale), è bene che ogni questionario soggettivamente indirizzato sia rigorosamente sottoscritto. Quello che viene qui rivolto al futuro segretario del partito democratico (chiunque questi debba essere e quindi senza alcuna sottintesa inclinazione per l’uno o l’altro dei candidati in lizza) è stato redatto da persona che da molti lustri si occupa del problema della riforma del sistema dei partiti, che con Pietro Scoppola ha dato vita alla “Lega democratica”, il primo tentativo di uscire dalle logiche della vecchia forma-partito, che con lui ha concorso alla redazione di alcuni dei documenti preparatori che hanno accompagnato la lunga gestazione del partito democratico. Le domande che seguono non toccano volutamente nè i temi di una futura strategia di governo (o di opposizione) nè quelli delle possibili future alleanze, temi rispetti ai quali è più facile trincerarsi dietro il gergalismo del politichese e che non sono stati fin qui in grado di risvegliare il disinteresse dell’opinione pubblica rispetto ad una vicenda apparsa ai più come esclusivamente riservata ai professionisti della politica. Le domande riguardano tutte il modo di organizzazione del nuovo partito e la sua possibilità di riattivare una operante relazione tra i vari contesti della società civile, con le sue competenze e professionalità, e il mondo della politica. Esse quindi suppongono scelte non dilazionabili e la serietà delle risposte risulterà immediatamente evidente all’opinione pubblica in quanto legata a comportamenti conseguenti.
Coloro che riceveranno questo testo sono invitati, ove ritengano i temi qui affrontati meritevoli di un qualche dibattito o approfondimento, a dargli la massima diffusione via e-mail. E’ necessario che, una buona volta, al di là del consueto ritualismo delle parole, la politica ricominci davvero dal basso.

NICOLO’ LIPARI


* * *

1. Ritiene che le modalità con cui è stata presentata la Sua candidatura e la dialettica che si è svolta con gli altri candidati prima della Sua elezione siano state avvertite dalla pubblica opinione come una vicenda effettivamente aperta ai dubbi, alle domande della società civile o non piuttosto come fatto tutto interno alla logica degli apparati di partito che non rimarrebbe al futuro elettore che recepire nel suo risultato senza avere in alcun modo concorso a determinarlo?

2. Più in generale – e guardando al futuro – di fronte all’evidente crisi di relazione tra il sistema dei partiti (chiusi in una dimensione del tutto autoreferenziale condotta con un linguaggio assolutamente incomprensibile al cittadino comune) e persone che incontrano sempre maggiore difficoltà a comprendere la ritualità di periodiche convocazioni elettorali tra le quali c’è il vuoto di un “non rapporto”, quale ritiene debba essere la nuova forma-partito sulla quale modellare il partito democratico? Come ritiene che il “partito nuovo” ipotizzato da Scoppola possa svincolarsi dal carrierismo politico, dagli opportunismi, dalle convenienze per aprirsi ad una vera dialettica sociale non necessariamente canalizzata nelle strutture asfittiche (e comunque ormai disertate dai cittadini comuni) delle sezioni?

3. Se Lei è convinto – secondo quella che è ormai l’acquisizione comune dei migliori costituzionalisti (da Elia a Zagrebelsky) – che la democrazia non si risolve nel momento dell’investitura elettorale, ma esige di essere articolata nella continuità di una relazione che passa attraverso tutti i momenti dell’organizzazione sociale, come pensa che il partito democratico debba strutturarsi, al centro e alla periferia, per testimoniare in concreto la democraticità della sua organizzazione? Come pensa che sia possibile superare il potere di alcuni “capi” che, al di là di qualsiasi prospettiva di contenuto, aggregano intorno a sè consensi promettendo o lasciando intravedere collocazioni politiche o di carriera? Come ritiene di poter distruggere la prassi delle “quote”?

4. Se Lei è effettivamente convinto che il partito (nella logica di un periodico ricambio) debba aprirsi alle competenze della società civile – mobilitando intelligenze che sembrano sempre più attratte dalla tentazione del disimpegno -, quali pensa debbano essere le modalità concrete per innescare questo circuito virtuoso? Come pensa si possano creare nella società civile, nei più diversi contesti, al di fuori della logica del tutto perenta delle tessere, luoghi in cui sia possibile da un lato far crescere in ciascuno la consapevolezza della dimensione politica della propria professionalità e dall’altro creare modalità di raccordo tra il sistema politico e le diverse competenze senza cadere nel meccanismo, del tutto di facciata, di isolate cooptazioni in un contesto (sempre più disprezzato dal comune cittadino) di un mero carrierismo politico?

5. Al di là dei contenuti programmatici – peraltro, in periodo di crisi, sempre meno a parole apparentemente distinguibili – come pensa si debba differenziare lo “stile” del far politica del partito democratico? Perchè, a Suo giudizio, a prescindere dai risultati gestionali, i cittadini accomunano le amministrazioni di destra a quelle di sinistra in una identica tecnica di gestione del potere? Come mai i beneficiari delle commesse pubbliche sono sempre politicamente simmetrici alle amministrazioni committenti? Perchè le modalità di svolgimento di un servizio pubblico debbono dipendere dalle (apparenti o dichiarate) convinzioni politiche del suo gestore? Come pensa il partito democratico di moralizzare un tessuto politico-imprenditoriale che ha condotto l‘Italia, per l’esecuzione di qualsiasi opera o servizio pubblico, a costi doppi se non tripli rispetto a quelli degli altri paesi europei?

6. Qual è la Sua opinione sul (ed eventualmente, le Sue proposte di modifica del) c.d. spoyl system? Come è potuto accadere che - con la condiscente connivenza del centro sinistra - dall’idea di affiancare al massimo responsabile politico di ciascuna amministrazione una o due persone di sua stretta fiducia destinate ad operare da raccordo con i tecnici di carriera si sia potuti passare (senza alcuna reazione critica da parte del centro-sinistra) ad una progressiva diffusa partitizzazione della nostra burocrazia delegittimando e dequalificando quella che ancora nella seconda metà del secolo scorso era una delle migliori amministrazioni pubbliche d’Europa? Perchè il buon funzionamento di una macchina deve dipendere dalla tessera di chi la conduce?

7. E’ convinto che oggi il primo passo per consentire ai cittadini di riavvicinarsi al sistema politico sia quello di testimoniare un modo d’essere dell’azione pubblica che valorizzi le professionalità e le competenze prescindendo dalle collocazioni? Quali pensa debbano essere modalità organizzative del partito destinate a realizzare questa nuova dimensione della moralità pubblica?

8. Considerato che il berlusconismo è, prima che una struttura di potere, un modello etico legato all’opportunismo, alla convenienza, al denaro, quali concrete iniziative intende assumere – all’interno della struttura del partito – per contrastare questo modello? Come è potuto accadere che i parlamentari del partito democratico non si siano opposti (denunciando pubblicamente la gravità del fatto) ad una norma di legge (nascosta nei meandri di uno dei soliti decreti multiuso) che ha escluso la responsabilità degli amministratori dei partiti per le obbligazioni dai medesimi assunte scaricandone gli effetti negativi su di un apposito fondo di garanzia e quindi facendo pagare all’intera collettività la disinvoltura gestionale dei partiti politici? Non ritiene che fra le ipotesi di conflitti di interesse da disciplinare ci sia anche quella di parlamentari che, approvando una norma di questo tipo, si liberano dagli effetti negativi di obbligazioni assunte o da assumere in nome e per conto del proprio partito?

9. Come ritiene debba essere disciplinato in Italia il sistema di finanziamento dei partiti politici? Se il berlusconismo è stato, fra l’altro, un ambiguo meccanismo di commistione tra strutture imprenditoriali e organizzazione politica quali iniziative concrete il partito democratico pensa di poter assumere in sede parlamentare per evitare in radice simili interferenze?

10. E’ convinto che – di fronte ad iniziative visibili di operante e continuativo raccordo tra strutture di partito e società civile nonchè di moralizzazione della vita del partito secondo uno stile del far politica che si distingua concretamente da quello degli avversari – sarebbe possibile recuperare una parte di quell’astensionismo elettorale che ormai non si caratterizza in funzione di collocazioni partitiche, bensì in nome di un radicale rifiuto della mediazione politica? Ritiene che, prima ancora di qualsiasi analisi relativa ai contenuti, la gente debba essere ricondotta a credere che il suo interlocutore politico non appartenga ad un genere diverso da quello della comune cittadinanza?

11. Come spiega che – di fronte ad una società civile che, secondo quanto hanno dimostrato gli analisti, disprezza il sistema dei partiti e non se ne sente rappresentata – la massima parte del dibattito che ha accompagnato la Sua elezione e che l’ha contrapposta ai Suoi concorrenti alla segreteria ha rigorosamente eluso questo problema cruciale non lasciando intendere in che cosa debba consistere la “novità” del nuovo partito, che quindi è stato recepito dai più come forma aggregativa di strutture partitiche preesistenti destinate comunque a continuare una loro contrapposizione dialettica all’interno della nuova organizzazione? Le risulta che l’amalgama possa ritenersi verificato se ancora ogni designazione nominativa proviene da un omologo capo-cordata e viene bilanciata secondo rigorose (nonostante ogni tentativo di occultamento) alchimie percentuali? Quali settori della cultura, dell’imprenditoria, dell’università, delle professioni sono stati da Lei contattati per concorrere al rinnovamento e per designare essi (al di là di ogni rapporto personale di conoscenza o di amicizia con maggiorenti del partito) persone idonee a dare il loro contributo di esperienza e di competenza alla nuova struttura politica?

12. Come mai la (pur pessima) legge elettorale è stata utilizzata, anzichè come strumento per aprirsi davvero alla società civile, quale semplice meccanismo per soddisfare gli appetiti degli apparati? Quali atti simbolici (inteso il termine nel senso etimologico di ciò che unisce) pensa possano essere da Lei compiuti, nella qualità di segretario politico del partito democratico, per reagire significativamente all’atteggiamento “diabolico” di chi sistematicamente assume la politica come ciò che divide? E’ convinto che ormai non è più possibile nutrirsi di parole e che è necessario compiere atti concreti, realizzare progetti visibili fin dai primi passi attuativi? E’ d’accordo nel ritenere che il rapporto tra movimenti e partiti esige un “intreccio” che non può più essere risolto secondo la logica dell’affiancamento, che lascia comunque sempre al professionismo politico l’ultima parola?

* * *

Essendo le presenti domande formulate prima che sia esaurito l’iter procedimentale che condurrà all’elezione del nuovo segretario del partito sarebbe interessane conoscere fin d’ora le risposte di ciascuno dei candidati alla segreteria.

 


       



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