15 Settembre, 2002
Diritto alla salute. Riflessioni di G.Torchio sull'Ospedale Maggiore di Cremona e sull'Oglio Po
Il dibattito, anche da noi, non riesce a cancellare le preoccupazioni emerse all’Ospedale Maggiore ed all’Oglio-Po
Gentile Direttore,
il diritto alla salute per la totalità degli
americani rappresenta la grande sfida di
Obama; ma anche da noi la “questione sanitaria”
è il banco di prova del federalismo. La realtà
lombarda, con le sue luci e le sue ombre,
rappresenta comunque un elemento di valore
perchè, con costi più contenuti di altre
regioni, è in grado di fornire risposte mediamente
superiori agli standard. Assistendo ai casi
di Poggi Longostrevi, di Santa Rita fino
a Santa Giulia - sante che sicuramente si
ribellano per l’uso improprio del loro nome
- non trascurando gli sviluppi locali legati
a recenti interrogatori sulla Cava di Caravaggio,
c’è il rischio di buttare l’intero sistema
nel tritacarne della malasanità, talvolta
confondendo il diavolo con l’acqua santa.
Il dibattito, anche da noi, non riesce a
cancellare le preoccupazioni emerse all’Ospedale
Maggiore ed all’Oglio-Po. Da testimone non
silenzioso dei risultati positivi vissuti
sulla pelle mia e dei miei familiari per
merito della sanità pubblica cremonese, rinnovo
sentiti ringraziamenti.
Di fronte ad amici preoccupati che, dopo
il grave incidente stradale, volevano affidarmi
a realtà esterne, pubbliche e private, scientificamente
avanzate e all’avanguardia nella ricerca,
ringrazio le autorità sanitarie di avere
deciso di curarmi presso il nostro Ospedale.
Questo non mi fa dimenticare la “fuga” in
atto dalla sanità pubblica cremonese. Il
moralismo non può, da solo, preservare il
pubblico dalla legittima quanto necessaria
concorrenza di una sanità privata - che da
noi storicamente è religiosa - forte di cospicui
investimenti ed apprezzata a livello qualitativo.
Amicizie vecchie e nuove con i livelli dirigenziali
della realtà sanitaria cremonese non possono
portarci ad un silenzio di convenienza; né
sarebbe sufficiente un gattopardesco movimento
dei responsabili: che cioè tutti cambino
affinché nulla cambi. Il limite avvertito
da tutti è invece la marginalità dei territori,
delle municipalità locali che, un tempo,
esprimevano la “governance” del delicato
settore.
Uno stuolo di persone virtuose, schive e
spesso senza “medaglie di presenza”- uno
per tutti il dottor Priori - ha rappresentato
il peso delle comunità che, in sintesi felice
con i nostri politici a Roma, da Zelioli
Lanzini a Zanibelli, ha permesso di costruire
il nuovo ospedale: un’iniziativa d’avanguardia
e di sperimentazione del modello svedese.
Non diversamente le battaglie per l’Oglio
Po, nato dall’accorpamento e dalla chiusura
di ben tre ospedali, o per l’importante ospedale
di Crema, sarebbero state ben poca cosa senza
il peso di quei territori che oggi, nella
Conferenza consultiva dei Sindaci a livello
sanitario, contano come il due di picche.
I tre direttori generali, dai tempi di Majori,
non sono espressione del territorio. Come
per il Pendolino soppresso proprio a Cremona,
la “capitale dei ferrovieri”, il “Pirellone”
pensa che siamo tutti scemi oppure la cremonesità
viene premiata a livello di sanità privata
e, solo fuori regione, anche a livello pubblico?
Tre i poli della sanità - Cremona, Crema
e l’Oglio Po - momenti importanti d’attrazione
per confini più ampi, realtà inserite in
due Aziende Ospedaliere. Per l’eccellenza
dell’Ospedale di Cremona e per l’Oglio Po
è ancora pensabile e attuale, dopo le riforme
Mussi e Gelmini, un gemellaggio scientifico
con il sistema universitario pavese e con
il San Matteo?
Per l’Oglio Po, al confine con Mantova e
attrattivo dell’Emilia, pur privo di quell’autonomia
che la legge regionale ci ha precluso, vogliamo
dare una risposta concreta all’inquietudine
manifestata dai sindaci di Casalmaggiore
e Viadana? Mancano trenta infermieri per
attivare servizi ed evitare il fatale declino
della struttura. L’Associazione “Amici dell’Oglio
Po” si è autotassata per la fornitura di
strumentazioni d’avanguardia, gli amici del
“Centro Tumori” di Piadena e quelli dell’Ail
Oglio-Po fanno significative e costanti donazioni.
L’attaccamento del territorio, il deposito
di fatiche della gente del luogo che ha sedimentato
tante battaglie per garantire questa importante
struttura, richiedono due risposte: una concreta
ed immediata da parte dei dirigenti sanitari:
fare gli investimenti umani e finanziari;
un’altra più politica e destinata al futuro:
il coinvolgimento dei territori, dai comuni
fino al ricco associazionismo economico e
sociale, nella “governance” delle realtà
sanitarie e assistenziali locali.
Cordialmente,
Giuseppe Torchio
Cremona, 23 novembre 2009
 
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