15 Settembre, 2002
Sepoltura dei feti: una vergognosa speculaizone ed un'inaccettabile violenza
Interrogazione depositata in data 11 maggio 2010 dalla deputata radicale eletta nelle liste Pd Maria Antonietta Farina Coscioni.
Sepoltura dei feti: una vergognosa speculaizone
ed un'inaccettabile violenza
Interrogazione depositata in data 11 maggio
2010 dalla deputata radicale eletta nelle
liste Pd Maria Antonietta Farina Coscioni.
Dichirazione di Sergio Ravelli:"La Regione
Lombardia ed ora il Comune di Cremona vogliono
che ogni donna che ha abortito abbia una
tomba su cui piangere la sua colpevolezza,
su cui autoflagellarsi per il resto dei suoi
giorni per aver scelto di non portare a termine
la gravidanza.Tutto ciò in violazione della
privacy e della legge 194. Basta con le molestie
sulle donne!"
LA REGIONE LOMBARDIA VARA UNA LEGGE IN CONFLITTO
CON QUELLA NAZIONALE, ANCORA UNA VERGOGNOSA
SPECULAZIONE E UN’INACCETTABILE VIOLENZA
NEI CONFRONTI DELLE DONNE.
DICHIARAZIONE DI MARIA ANTONIETTA FARINA
COSCIONI, DEPUTATA RADICALE E CO-PRESIDENTE
DELL’ASSOCIAZIONE LUCA COSCIONI E DI SERGIO
RAVELLI, PRESIDENTE DEL COMITATO NAZIONALE
DI RADICALI ITALIANI
“Denunciamo – lo abbiamo fatto con una interrogazione
parlamentare, e voglio sperare che per una
volta il Governo dia una risposta chiara,
precisa e veloce – quella che è a tutti gli
effetti una vergognosa speculazione, un’inaccettabile
violenza nei confronti delle donne. La regione
Lombardia ha approvato una normativa in aperto
conflitto con quella nazionale e col decreto
successivamente varato dal presidente della
Repubblica.
La legge nazionale dispone che a richiesta
dei genitori, possono essere inumati in cimitero
“prodotti del concepimento di presunta età
inferiore alle venti settimane”. La regione
formigoniana ha modificato le procedure prevedendo
che questo trattamento possa avvenire anche
nei casi in cui la richiesta non sia avanzata.
Già accade, come a Cremona, che siano state
stipulate convenzioni in questo senso con
organizzazioni che si incaricano di gestire
i feti abortiti di cui non si fa richiesta
di seppellimento, e hanno così luogo cerimonie
e riti senza avere il consenso esplicito
degli interessati. Risulta che organizzazioni
sedicenti in difesa della vita operano negli
ospedali, ed esercitano inaccettabili pressioni
nei confronti delle donne che già attraversano
un momento difficile e delicato della loro
vita avendo deciso di interrompere la gravidanza;
di fatto le donne – in nome di un malintesa
difesa della vita – vengono sottoposte a
una violenza che non meritano, in ogni caso,
ingiustificabile e ingiustificata.
E’ una situazione che abbiamo denunciato
a livello parlamentare e che denunceremo
in ogni altra sede politica e giudiziaria,
nella convinzione che si tratta di un clamoroso
conflitto tra normativa nazionale e legislazione
regionale”.
Roma, 13.5.2010
MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI, DEPUTATA
RADICALE E CO-PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE
LUCA COSCIONI
SERGIO RAVELLI, PRESIDENTE DEL COMITATO NAZIONALE
DI RADICALI ITALIANI
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Al ministro della Salute,
al ministro della Giustizia,
al ministro per i Rapporti con le regioni,
premesso che:
le norme contenute nell'articolo 7, comma
3 e 4, del decreto del Presidente della Repubblica
del 10 settembre 1990, n. 285, dispongono
che: a richiesta dei genitori, nel cimitero
possono essere raccolti con la stessa procedura
anche prodotti del concepimento di presunta
età inferiore alle 20 settimane; nei casi
previsti dai commi 2 e 3, i parenti o chi
per essi sono tenuti a presentare, entro
24 ore dall'espulsione od estrazione del
feto, domanda di seppellimento all'Unità
sanitaria locale accompagnata da certificato
medico che indichi la presunta età di gestazione
ed il peso del feto;
che in data 6 febbraio 2007 il Consiglio
regionale della Lombardia ha approvato alcune
variazioni al “Regolamento in materia di
attività funebri e cimiteriali” del 9 novembre
2004 n.6, tra l’altro modificando le procedure
inerenti la richiesta di trattamento dei
prodotti del concepimento di presunta età
inferiore alle 20 settimane, da parte dei
genitori che lo desiderano, tramite sepoltura
o cremazione; contestualmente, è stato previsto
lo stesso trattamento anche per i casi in
cui la richiesta non venga avanzata da alcuno:
in questo caso si dà carico all’ASL, all’Azienda
ospedaliera e al Comune, che sono tenuti
a trattare i prodotti abortivi e i feti in
analogia alle parti anatomiche riconoscibili
(arti amputati o parti di essi) e quindi
cremate o sepolte nelle apposite aree cimiteriali,
anziché essere smaltite come “rifiuti sanitari
pericolosi a rischio infettivo” ai sensi
dell’articolo 10 del DPR 254/2003;
che l’utenza degli Ospedali in Lombardia,
come su tutto il territorio nazionale italiano,
è plurale e composita, sotto ogni punto di
vista, com’è l’attuale popolazione del nostro
territorio;
che dal febbraio 2007 ad oggi, le donne che
hanno interrotto spontaneamente o volontariamente
la gravidanza sono state tutte regolarmente
informate della possibilità attraverso le
procedure del consenso informato;
che dopo essere state regolarmente informate,
solo un’esigua percentuale di donne che hanno
interrotto spontaneamente o volontariamente
la gravidanza ha fatto richiesta di provvedere
in proprio al seppellimento del prodotto
abortivo/feto, mentre la quasi totalità ha
scelto di lasciare il compito alle Aziende
Ospedaliere e ai Comuni;
che dal febbraio 2007 il seppellimento dei
prodotti abortivi e dei feti è stato regolarmente
svolto in ottemperanza alle normative regionali
e a quella nazionale, e nel pieno rispetto
della laicità del suo ruolo di Istituzione
garante dei diritti di ogni cittadino indipendentemente
dall’etnia, dal credo religioso e dalle convinzioni
etiche;
venuti a conoscenza a mezzo stampa che l’amministrazione
comunale di Cremona avrebbe stipulato una
convenzione con l’Associazione “Difendere
la vita con Maria”; che detta convenzione
prevedrebbe l’affidamento a quest’ultima
della gestione dei feti abortiti di cui non
sia stata fatta richiesta di seppellimento;
che il citato accordo, a quanto riporta la
stampa, prevedrebbe che il comune garantisca
il trasporto dall’Azienda Ospedaliera di
Cremona al cimitero, e la posa di una lapide
su ogni sepoltura prevista il primo venerdì
di ogni mese. A carico dell’Associazione
il disbrigo delle pratiche presso l’ASL,
con le quali diventerebbe “proprietaria dei
resti”, e una sorta di rito religioso.
nella Convinzione che se tale accordo affidasse
a terzi privati l’esclusività di operazioni
così delicate, contemplando cerimonie e riti
non previsti dalle norme di legge senza avere
il consenso esplicito degli interessati,
ciò sarebbe fortemente lesivo del diritto
di libertà di scelta dei cittadini e della
laicità dell’Istituzione Comune;
che a giudizio degli interroganti tutto ciò
costituisce un’evidente anomalia circa il
regime di esclusività che la citata associazione
detiene rispetto alle richieste da inoltrare
alla unità sanitaria locale ed al servizio
di prelievo e trasporto per il seppellimento
del feto;
che, come si evince dalle norme della convenzione
sottoscritta tra azienda ospedaliera ed associazione
«Difendere la vita con Maria» all'articolo
1 delle procedure attuative è previsto che
i prodotti del concepimento siano conservati
tutti indistintamente, senza diversificare
tra quelli di cui si è fatta richiesta di
sepoltura entro le 24 ore successive all'espulsione
o all'estrazione del feto, come previsto
dalle norme citate, e quelli di cui non si
inoltra tale richiesta e di cui non vi è
ragione di una conservazione in camera mortuaria
trascorse le 24 ore dall'espulsione o estrazione
stessa. Inoltre l'articolo 1 della convenzione
delega alla sola associazione il servizio
di prelievo, trasporto e sepoltura dei feti.
In tal modo gli aventi diritto alla richiesta
non sembra possano avvalersi di altra distinta
organizzazione al fine di dare sepoltura
al feto né sembra essere possibile avvalersi
della facoltà di inoltrare direttamente e
personalmente la richiesta all'unità sanitaria
locale, detenendo l'associazione «Difendere
la vita con Maria» un monopolio ingiustificato
di tali adempimenti;
che a tale conclusione, ad avviso dell'interrogante,
sembra potersi pacificamente giungere anche
alla luce dei punti 1, 2 e 3 dell'allegato
2 della convenzione stessa, ove si prevede
che nel caso in cui l'autorizzazione all'azienda
sanitaria locale non sia richiesta direttamente
dall'associazione e dalla stessa non siano
materialmente effettuate le operazioni di
prelievo, trasporto e sepoltura, non sembra
darsi ai parenti o chi per essi altra possibilità
che assoggettare il feto «al regime giuridico
dei rifiuti pericolosi»;
che ad avviso degli interroganti, esiste
un chiaro nesso causale tra la presenza di
associazioni antiabortiste e le convenzioni
con esse stipulate da parte delle strutture
del servizio sanitario nazionale quali le
associazioni «Difendere la vita con Maria»,
e l'altissima percentuale di medici obiettori.
La situazione «ambientale» venutasi a creare
all'interno delle aziende sanitarie lombarde,
fondata anche sulla stipulazione di convenzioni
quale quella in oggetto, rende pressoché
impossibile la corretta applicazione della
legge n. 194 del 1978 -:
si chiede di sapere: se il Ministri intendano
svolgere una indagine presso l'azienda ospedaliera
di Cremona e della regione Lombardia al fine
di verificare l'eventuale violazione delle
norme di legge, prendere gli opportuni provvedimenti
e ripristinare i diritti previsti dalla normativa
di riferimento.
On. Maria Antonietta Farina Coscioni, segretario
Commissione Affari Sociali
co-Presidente "Associazione Luca Coscioni
per la libertà di ricerca scientifica"
 
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