15 Settembre, 2002
L’exploit di consensi ad Agostino Alloni ed a Vanni Pavesi di Viadana( di Giuseppe Torchio)
Alle politiche non c’è più il voto di preferenza e non penso che il Parlamento riesca a reintrodurlo, ma alle regionali sì e la gente lo usa per fare la differenza
L’exploit di consensi ad Agostino Alloni
( di Giuseppe Torchio)
Alle politiche non c’è più il voto di preferenza
e non penso che il Parlamento riesca a reintrodurlo,
ma alle regionali sì e la gente lo usa per
fare la differenza
L’exploit di consensi ad Agostino Alloni,
prima alle primarie del Pd (mio l’unico voto
al seggio del Maristella) e poi alle regionali
dove, con quasi 9 mila voti, ha quadruplicato
quel dato, avviene a soli dieci mesi di distanza
dalle provinciali che ci videro soccombere.
C’è qualche analogia con le politiche del
’92, col deterioramento che precedette l’incipiente
avvento della Lega e di Forza Italia. In
quell’occasione nelle mie 35 mila preferenze
c’erano tanti voti della gente, quella stessa
gente che oggi non va a votare o vota Lega
o Grillo (che pure fa perdere regioni chiave)
o…Alloni, cioè vota contro o sceglie il candidato
meno lontano da sé, del territorio e, magari,
combattuto dall’apparato. E’ capitato anche
a me che pure avevo in competizione Tabacci,
già presidente della Regione e Martelli,
vice presidente del Consiglio in carica,
che furono doppiati.
Alle politiche non c’è più il voto di preferenza
e non penso che il Parlamento riesca a reintrodurlo,
ma alle regionali sì e la gente lo usa per
fare la differenza. Anche a Brescia, Mantova
e altrove neofiti hanno battuto potenti pezzi
da novanta. Alloni ha avuto il consenso anche
di quelle centinaia di persone che, insieme
e fuori dai partiti, ha incontrato come amministratore
a Crema, che abbiamo interpellato per costruire
il “Patto dello Sviluppo” della Provincia,
in cinque anni di duro lavoro. Di quella
gente animata dalla “politica del fare” che
ha apprezzato le aperture alla persona, al
territorio, al lavoro, alle imprese, alle
infrastrutture di una squadra operosa che
sapeva mediare le spinte interne ambientaliste
e radicali ed orientarle alla crescita della
comunità.
Oggi quel disegno rischiava di essere cancellato,
la pazienza di un lavoro di squadra sostituita
da “un uomo solo al comando”, il sito del
Patto dello Sviluppo doveva essere oscurato
in nome di una vera e propria “rimozione
del buono” e un’enfasi degli errori altrui.
In questo periodo, tanto amaro per me, ho
spesso pensato al mitico “Taiadèla” che sul
listone di Casalmaggiore, nel ventennio,
cantava “vincere!” camminando all’indietro
ed ai Reali Carabinieri che lo avevano fermato
chiedeva se quell’azione potesse essere punita.
A dieci mesi di distanza dalle ultime provinciali
un altro dato eclatante riguarda il voto
di Lecco, Lodi e Venezia. L’amico Brivio,
sconfitto nella primavera scorsa, è stato
eletto sindaco al primo turno contro il vice
ministro leghista Castelli. L’ex presidente
della provincia Lorenzo Guerini viene confermato
sindaco del capoluogo laudense. Il Ministro
per la Pubblica Amministrazione Brunetta,
nonostante l’assenza di Cacciari, condannato
dal limite del secondo mandato che colpisce
i sindaci ma non i governatori di regione,
clamorosamente battuto nella Laguna.
In tutte queste realtà, al pari della vicina
Mantova sono state o saranno determinanti
quelle formidabili “liste civiche” che portano
un indispensabile valore aggiunto al tradizionale
voto partitico e quelle tante persone che,
magari da moderati o da agricoltori o da
ambulanti o da cacciatori, non hanno dato
troppo importanza a che Alloni fosse stato
guardia del Parco del Serio o segretario
del Pds ma, come me, hanno pensato che potesse
rappresentare una voce reale del territorio
e della gente di una provincia che ha solo
due consiglieri su 96.
Per il futuro solo un’alleanza reale con
queste realtà civiche, come ha saputo fare
Dellai in Trentino, potrà riportarci alla
guida delle amministrazioni locali. E sono
convinto che questo lavoro valga molto di
più di qualche “inciucio” sulle aziende locali.
Per questo non sono pentito di avergli fatto
il “galoppino”, di avergli attaccato i manifesti
e distribuito i volantini e di averlo segnalato
a tanti amici anche di quella operosa borghesia
lombarda che ha voluto rischiare sulla sua
persona.
Giuseppe Torchio
Cremona 30 marzo 2010
 
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