15 Settembre, 2002
Morbasco, ntervento Consiglio Comunale di Anna Maria Abbate
Per comprendere cosa è in gioco, per capire di che cosa veramente stiamo parlando, per avere ben chiare le implicazioni e le conseguenze che la scelta di oggi comporterà per la città di domani, dobbiamo ripercorre alcune tappe
Morbasco, ntervento Consiglio Comunale di
Anna Maria Abbate
Per comprendere cosa è in gioco, per capire
di che cosa veramente stiamo parlando, per
avere ben chiare le implicazioni e le conseguenze
che la scelta di oggi comporterà per la città
di domani, dobbiamo ripercorre alcune tappe.
Partiamo dal famoso PGT, pensato e realizzato
dalla precedente amministrazione, e da questa
invocato a proposito e sproposito a seconda
della bisogna.
Il PGT è uno strumento interdisciplinare
in cui la componente urbanistica risulta
complementare a quella gestionale, paesistica
ed ambientale, geologica, ed agronomica.
Nel Documento di Piano, l’operazione di recupero
naturalistico ambientale del Morbasco è delineata
con la chiara finalità di acquisire come
patrimonio pubblico, per riqualificarlo e
renderlo realmente fruibile ai cittadini,
questo straordinario polmone verde che ha
l’insostituibile funzione di mitigare l’influenza
delle infrastrutture e degli insediamenti
produttivi così vicini alla città.
Non nascondiamocelo: la zona è a consistente
rischio ecologico e la riqualificazione naturalistica
del Parco, con piantumazioni filtro che proseguano
il bosco filtro Tamoil, rappresenta un’ opera
doverosa per la tutela della salute dei cittadini,
non una grazioso optional.
Senza contare il gran beneficio che i parchi
cittadini ci danno nel mitigare il nostro
clima caratterizzato da fortissime escursioni
termiche.
In quest’ottica, l’edificazione di nuovi
edifici è il prezzo necessario da pagare
per conseguire l’obiettivo, nulla di più.
Nel PGT si legge chiaramente questa priorità.
Nulla viene prescritto di vincolante, come
voi furbescamente volete dare ad intendere.
Veniamo alla seconda tappa,la declinazione
in concreto del PGT, cioè il Piano Integrato
d’Intervento.
Un Piano Integrato che si rispetti dovrebbe
essere un insieme di interventi ed attività,
strettamente coerenti e collegate tra loro,
che convergono verso un comune obiettivo
con approccio attuativo unitario.
Il progetto dovrebbe cioè evidenziare una
reale integrazione tenendo unite le azioni
dei due operatori, il pubblico e il privato.
I Piani Integrati d’intervento sono la tipologia
di Programmazione negoziata, prevista dalla
legge regionale 12/2005, in cui più pesa
il “valore” politico del soggetto pubblico.
La negoziazione pubblico/privato consentita
dai Piani Integrati possono costituire o
praterie in cui dispiegare, se c’è, la visone
progettuale e politica dell’amministratore
pubblico, o, viceversa rivelarsi il luogo
asfittico dove la debolezza di visione dell’amministrazione
depone ogni arma e gli interessi di parte
la fanno da padrone.
Cosa è successo per il Piano Integrato del
Morbasco? Cosa è avvenuto mentre il progetto
attraversava le varie commissioni tecniche?
Qual è stata la negoziazione, eminentemente
politica volta a raggiungere la pari dignità
tra l’interesse privato della Proprietà e
l’interesse pubblico dei cittadini?
La risposta è: NESSUNA
Non è stata presa nella minima considerazione
la possibilità di governare il processo verso
un percorso di equità pubblico/privato.
E non è stata presa in considerazione questa
possibilità, semplicemente perché questa
amministrazione manca completamente di visione
progettuale del bene comune, si muove nell’orizzonte
minimo del consenso facile e finisce per
fare sempre scelte subalterne, ora a questo
ora a quel gruppo d’interesse.
Se avesse avuto a cuore il bene comune, avrebbe
scelto ben altra strada.
Avrebbe lavorato, sin dall’inizi, per tenere
una progettazione contestuale e complessiva
dell’intera area, così da scongiurare il
pericolo che la realizzazione del parco finisca
per essere residuale rispetto all’operazione
edilizia. Se avesse avuto a cuore il bene
comune, avrebbe operato affinché la progettazione
integrasse realmente il parco nel tessuto
urbano senza marginalizzarlo.
Se quest’amministrazione avesse avuto a cuore
il bene comune, si sarebbe posto il problema
della sicurezza, inevitabile quando si fa
un parco espungendolo di fatto dal contesto
urbano.
Se avesse avuto a cuore il bene comune,avrebbe
da subito fatto chiarezza sulla disponibilità
finanziaria dedicata al parco, senza confidare
in finanziamenti regionali che, sappiamo
bene, non arriveranno mai.
Se questa amministrazione avesse davvero
avuto a cuore il bene comune e fosse genuinamente
interessata a favorire la partecipazione
dei cittadini, se fosse sinceramente disposta
ad ascoltarli, avrebbe preso in più seria
considerazione le loro osservazioni.
Invece non si è fatta scrupolo di nascondersi
dietro inesistenti vincoli tecnici, maramaldeggiando
con il PGT, per giustificare scelte stilistiche
del tutto opinabili, come quella di sviluppare
in altezza gli edifici, laddove l’urbanistica
e la paesistica più avanzata suggerirebbero
anche altre opzioni.
Una città ricca di arte e di storia come
Cremona, meriterebbe di essere trattata diversamente
che come una qualsiasi anonima città di provincia
all’inseguimento del “moderno” purché sia.
In mancanza di una solida visione della città,
voi piegate e contorcete gli strumenti urbanistici
a vostro uso e consumo: quando vi fa comodo
non esitate a stravolgerli, oppure, come
in questo caso li invocate come fossero scritti
sulla pietra. Non fate che ripetere PGT PGT
PGT, come una giaculatoria.
Vi abbiamo fatto una grande apertura di credito,
vi abbiamo dato fiducia, abbiamo fatto proposte
concrete. Abbiamo presentato emendamenti
in Commissione di buon senso per mettere
in sicurezza il Parco, per legarlo a doppio
filo all’edificato, per avere garanzie che
l’interesse dei cittadini abbia pari dignità
rispetto all’interesse del privato. Vi abbiamo
suggerito un cronoprogramma che vincoli la
realizzazioni in lotti paralleli che potrebbe
essere inserita nelle compensazioni.
Siete stati irremovibili.
A questo punto ci si deve interrogare su
un nodo politico di fondo e affrontarlo con
decisione: l’assenza di visione progettuale
della città pone quest’amministrazione in
balia di interessi costituiti, che per loro
natura non possono essere che di parte. Il
rischio che corre Cremona è quello di dover
contenere lo strapotere degli immobiliaristi
che la crisi finanziaria rende più deboli
e perciò ancora più politicamente pressanti.
E’ un rischio che i cittadini di Cremona
non meritano di correre e non debbono correre.
Annamaria Abbate
 
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