15 Settembre, 2002
*Treno vecchio e senza sistemi di sicurezza* (da www.corriere.it)
Disagi per i viaggiatori delle Ferrovie Nord. - Aperta un’inchiesta
Disagi per i viaggiatori delle Ferrovie Nord. - Solo oggi la linea sarà parzialmente riaperta - «Treno vecchio e senza sistemi di sicurezza» - Il convoglio che si è scontrato con il Malpensa Express aveva più di 50 anni. Aperta un’inchiesta
dal Corriere della Sera - 16 marzo 2006
Il treno Milano-Saronno che martedì sera si è scontrato con un Malpensa Express era in servizio da cinquant’anni. E l’unico dispositivo di sicurezza prevedeva l’arresto in caso di malore del macchinista. Nessun ripetitore dei segnali, nessun blocco automatico prima di un semaforo rosso, come invece accade sui treni più moderni. Dopo la tragedia, la magistratura ha aperto un’inchiesta sullo scontro che ha provocato la morte di un macchinista e tredici feriti. Ma hanno avviato indagini anche ministero dei Trasporti e Regione Lombardia. Ieri, per tutta la giornata, la Milano-Saronno è rimasta interrotta, causando disagi a catena ai pendolari. Solo oggi la tratta dell’incidente sarà parzialmente riaperta.
Il giorno dopo lo scontro di Garbagnate, mentre l’interruzione forzata delle Nord ha messo migliaia di auto sulle strade dell’hinterland e di Milano, arriva la prima ricostruzione dell’incidente. C’erano due semafori - uno giallo prima della fermata di Serenella ed uno rosso all’uscita da quella stazione - che l’altra sera avrebbero dovuto bloccare l’omnibus, il treno partito da Cadorna alle 20.32 per Saronno. Poco prima di raggiungere la stazione di Garbagnate, quel treno si sarebbe dovuto fermare per cedere il passo al Malpensa Express che l’aveva appena lasciata e, dal primo binario dove era stato deviato a causa di un terzo convoglio bloccato da un guasto al locomotore, era già passato al secondo per rientrare sul terzo, il binario sul quale viaggia normalmente. Mentre stava imboccando lo scambio, il Malpensa Express si è trovato davanti il Milano-Saronno: non uno scontro frontale, ma un tremendo impatto laterale, di striscio, che ha divelto il locomotore dell’omnibus. La motrice del Malpensa Express, intanto, si è piegata, cadendo di fianco: infine, l’impatto più secco, contro la terza carrozza del Malpensa. Il macchinista del Milano-Saronno, Giuseppe Girola di 41 anni, è morto, sbalzato sulla massicciata; i 13 feriti sono stati dimessi con l’eccezione del macchinista del Malpensa express che lascerà l’ospedale oggi. I segnali hanno funzionato a dovere, la linea è moderna (il quadruplicamento, tra gli anni ’80 e ’90 è costato oltre 150 milioni di euro). Però su quel Milano-Saronno, treno arrivato al mezzo secolo di vita, l’unico dispositivo di sicurezza prevedeva l'arresto in caso di malore del macchinista. Nessuna ripetitore dei segnali, nessun blocco automatico prima di un semaforo rosso, come invece accade sui treni più moderni (compresi i Malpensa Express).
Ieri, nella sede delle Ferrovie Nord, hanno ricostruito l’incidente il presidente Norberto Achille, l’amministratore Luigi Legnano e il direttore generale Marco Piuri. Nessuna ipotesi sul perché quei semafori siano stati ignorati: per questo c’è l’inchiesta aperta dal pm Nicola Piacente (contro ignoti, per disastro colposo, omicidio colposo e lesioni colpose) che, tra l’altro ha disposto per domani l’autopsia sul corpo del macchinista morto. A quella della magistratura, si affiancano poi l’inchiesta annunciata dal ministero e quella della Regione. Dal Pirellone, il presidente Roberto Formigoni respinge ogni accusa - arrivata da sindacati e pendolari - riguardo al materiale rotabile troppo vecchio per garantire sicurezza. «Abbiamo investito 2,5 miliardi di euro per Trenitalia e 913 milioni per le Nord. Colpevoli sono i fornitori che dovevano consegnare 27 nuovi treni entro il 2005: se ci fossero, i vecchi treni sarebbero in pensione».
Anche secondo la direzione delle Nord il ritardo di Ansaldo-Breda nel consegnare i nuovi treni ordinati nel 2001 è solo parzialmente giustificato dalla richiesta da una variazione proprio per installarvi sistemi di sicurezza più avanzati.
«Chiediamo scusa a tutti i nostri pendolari» hanno detto i dirigenti delle Nord che, su questa tratta, hanno 70 mila viaggiatori. Stamane la linea tornerà a funzionare, ma solo parzialmente. Rimettere in piedi la motrice del Malpensa Express, 70 tonnellate, e rimuovere il resto del treno, ieri, ha richiesto tutto il giorno.
Laura Guardini lguardini@corriere.it
Pendolari, la protesta corre online: «Paghiamo sulla nostra pelle»
«Torno a casa stasera, verso Varese: parto alle 18 da corso Vercelli e ho tre posti in macchina. A qualcuno serve un passaggio?». L’altra faccia del disagio provocato dalla paralisi delle ferrovie Nord corre su Internet. Nei forum frequentati dai pendolari ieri costretti in molti casi a un'odissea in autostrada, è scattata la solidarietà di gruppo: chi ha a disposizione un’auto si dice pronto a dare uno strappo a qualche compagno di sventura. Si condivide il disagio e ci si tiene compagnia, proprio come ogni giorno sulle carrozze delle Nord. «Io ho impiegato due ore a coprire il tratto da Busto Arsizio a Milano: si è proceduto a passo d'uomo fino alla barriera di Lainate e accanto a me, in colonna, mi è capitato di vedere facce che incontro ogni mattina in treno»: Alessandro Berteotti, «anima» di un comitato di utenti delle Ferrovie Nord, così racconta la sua esperienza di ieri mattina. Ma aggiunge subito che dietro la solidarietà si fa largo la preoccupazione: «Tutti ci siamo posti la stessa domanda e cioè quanti morti avremmo contato se l'incidente anziché alla nove di sera fosse capitato la mattina? Non è una domanda retorica, perché ogni giorno noi utenti sperimentiamo sulla nostra pelle guasti, ritardi, sovraffollamento dei convogli».
E manco a farlo apposta proprio martedì sera, quasi in contemporanea con la sciagura di Garbagnate, un locomotore delle Nord è andato «arrosto» all’altezza di Morosolo, sulla linea per Laveno: un po’ di fumo, corrente che sparisce in tutte le carrozze e treno che riparte a passo ridotto dopo qualche istante di sconcerto.
«Chiedere le dimissioni del vertice delle Nord ci sembra esagerato - aggiunge Berteotti - perché prima è meglio far luce sulla cause di quanto è capitato. La situazione che viviamo è uno stress sia per i passeggeri che per i ferrovieri».
E intanto si moltiplicano i messaggi via Internet, specie sul sito «Il Pollonord», divenuto il più popolare tra gli utenti dell’azienda di piazzale Cadorna: è una catena interminabile di messaggi, tra chi offre un passaggio in macchina, chi chiede informazioni o fa le condoglianze alla famiglia del macchinista morto. E infine tutti, ma proprio tutti, chiedono che in casi come questi l’informazione da parte dell’azienda sia più tempestiva: «Ho chiamato ieri sera il numero verde che dovrebbe essere attivo 24 ore su 24 - dice uno dei post - una voce registrata mi ha risposto di richiamare alle 7 del mattino».
Claudio Del Frate
Il capotreno Nando ha salvato il macchinista poi ha soccorso oltre quaranta viaggiatori
Dapprima ha salvato la vita al «suo» macchinista, poi ha tirato fuori dal Malpensa Express ribaltato sui binari una quarantina di passeggeri terrorizzati, feriti, confusi.
Infine, al termine di quella notte di paura e dolore, il capotreno Nando Lo Bianco si è chiuso in casa, in silenzio. Non vuole parlare, neanche raccontare. Forse continua a rivivere, come in un sogno angoscioso, l’altra notte. Quello che ha saputo fare in quella manciata di secondi, vincendo il terrore, tuttavia, lo raccontano - ma con pudore, quasi facendosi rubare le parole - i compagni di lavoro. C’era quel treno, l’omnibus, che arrivava. Il macchinista del Malpensa - che oggi sarà dimesso dall’ospedale di Bollate e presto ascoltato anche dal magistrato - l’ha visto vicinissimo, forse ha guardato persino in faccia il suo collega. È stato il capotreno Nando, un attimo prima che fosse troppo tardi, a strapparlo dal sedile, a portarlo lontano dal parabrezza della motrice dietro al quale sta il suo posto. Sul muso del treno caduto in mezzo ai binari, adesso si vedono bene quei mille pezzi di vetro scoppiato. «Adesso Nando è sotto choc, lasciatelo in pace» dicono i lavoratori delle Nord. E tornano a parlare del loro dolore di oggi, la morte di Giuseppe Girola, «una brava persona, per gli altri non si risparmiava».
L’errore, da parte sua, sembra impossibile: «Era uno che non sbagliava, un perfezionista». La verità, semmai, potrebbe venire dall’autopsia: «Un infarto, forse, un malore». Giuseppe guidava i treni dal ’98. L’esperienza non gli mancava. E se fosse stata la stanchezza? Come l’azienda, anche i lavoratori lo escludono: «No, da noi a bordo c’è un solo macchinista, ma i turni sono normali: circa 185 minuti di guida effettiva su un arco di impegno di 7 ore e 48 minuti. La fatica, lo stress sono dati da un altro elemento: dobbiamo guidare mezzi molto diversi tra loro. Dai treni che hanno cinquant’anni ( ma "di riserva" c’è anche un locomotore prossimo agli 80) a quelli nuovi». Paura? «No, paura no. Però forse ci sono troppi treni. Facciamo 700 viaggi al giorno: finché non arrivano i convogli nuovi, forse, sarebbe meglio diminuire il numero delle corse».
Intanto il numero dei pendolari continua ad aumentare, e quei nuovi locomotori e vagoni sono in ritardo. Di chi è la colpa? «L’azienda fa quello che può. A mancare, in generale, sono più investimenti e una vera politica del trasporto pubblico».
L. Gua. 
Fonte
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