Anche quest’anno ricordiamo l’anniversario della Liberazione del nostro Paese
dagli occupanti nazisti e dal fascismo.
Una pagina fondamentale nella storia italiana, che fu scritta dalle truppe
alleate con il contributo determinante dei partigiani italiani, a chiusura del
periodo buio della dittatura, per aprire la strada alla libertà, alla nascita
della Repubblica ed alla nuova Costituzione.
Il 25 aprile è la festa della libertà riconquistata, ma è anche la memoria
dolorosa - bagnata di sangue - di un atto di disubbidienza collettiva, con il
quale il popolo italiano disse ‘NO’ alla dittatura, ‘NO’ alla guerra, alle leggi
razziali, alle deportazioni, all’abominio della razza, ad Auschwitz, Buchenwald,
Dachau e ai forni crematoi per ebrei, omosessuali, zingari, malati di mente,
oppositori politici.
E’ con questa tensione forte che anche quest’anno ci ritroviamo a salutare il
25 aprile, per fare memoria, per non dimenticare le origini della nostra libertà
e della nostra democrazia.
La Resistenza italiana si collocò certo nel più vasto movimento di lotta
sviluppatosi in tutta Europa contro il nazifascismo, ma ebbe caratteristiche del
tutto particolari.
Negli altri Paesi del continente, sconfitti sul piano militare, la Resistenza
divenne infatti la seconda fase della guerra che li aveva visti coinvolti.
L’Italia, invece, fino all’8 settembre 1943 era rimasta alleata della
Germania hitleriana, ed in questa posizione era stata responsabile della guerra
di aggressione ed era stata a sua volta potenza occupante.
Il crollo del regime fascista il 25 luglio 1943 e, qualche settimana dopo,
l’8 settembre successivo, la firma dell’armistizio con gli “Alleati”, crearono
le condizioni per l’inizio della Resistenza italiana.
Le forze politiche democratiche, che con immensi sacrifici si erano andate
ricostituendo, poterono finalmente chiamare il popolo a raccolta.
Furono forze eterogenee quelle che diedero vita al movimento di Resistenza:
diverse tra loro per impostazione ideologica ed orientamento politico, ma unite
nell’obiettivo comune di sconfiggere il nazi-fascismo e di riconquistare la
libertà.
La Resistenza fu un movimento fortemente unitario, pur mantenendo ciascuna
forza la propria specificità e la propria visione politica.
Molte contrapposizioni iniziali finirono per essere superate e accantonate
nel corso della guerra, per dare spazio - sul piano politico e su quello
militare - ad una larga convergenza e ad una profonda condivisione che misero il
movimento nelle migliori condizioni per definire i comuni obiettivi e per
sviluppare un coordinamento sempre più puntuale, efficace e incisivo.
Si trattò, come è naturale, di uno sviluppo complesso e non facile, spesso
frammentario.
Ciò nonostante, il movimento di Resistenza seppe consolidarsi ed estendersi,
si radicò gradualmente sul territorio, trovò consensi e sostegno in gran parte
della popolazione, resse alla dura prova dei tanti arresti, delle torture, delle
deportazioni nei Lager nazisti di sterminio, delle fucilazioni, delle
rappresaglie.
E finalmente, il 25 aprile del 1945, riconquistò la libertà e la pace.
Dunque è sull’unità che fonda le radici la nostra democrazia: sull’unità del
popolo e delle sue espressioni politiche; sull’unità tra il popolo e l’esercito,
tra il popolo e le sue nuove istituzioni. Sull’unità del popolo e della nazione,
al di là ed al di sopra di ogni differenza di ordine politico, partitico,
religioso, ideologico, culturale, razziale.
L’unità e non la divisione portò agli italiani libertà, pace e democrazia.
L’unità e non la divisione sono i beni preziosi che ancor oggi noi dobbiamo
salvaguardare con tutte le nostre forze, sforzandoci di trovare un “minimo comun
denominatore” anche oggi nel nostro Paese..
La celebrazione, il ricordo, l’impegno democratico non devono quindi andare
alla ricerca forzata di divaricazioni strumentali.
Però pretendono la verità.
Albert Camus metteva addirittura in discussione il valore della vita senza la
verità e la ricerca della verità.
Certo, non esiste una storia sacra, inviolabile. La storia è un processo di
ricostruzione lento e meticoloso, che va arricchito ogni giorno di nuovi
approfondimenti, di nuove testimonianze e riflessioni.
Ciò tuttavia non ha nulla a che spartire con quello che è stato
impropriamente definito revisionismo storico, improponibile ed inaccettabile:
una sorta di livella del tempo che punta a trasformare il 25 aprile in un giorno
solo di pacificazione nazionale, nel ricordo di tutte le vittime.
Nel compiangere i morti di tutte le parti, non possiamo invece evitare di
sottolineare che la Resistenza fu guerra per la libertà.
Quella che ha insanguinato l’Italia dopo l’8 settembre del 1943 non era più
una guerra tra gli Stati, ma tra civiltà.
Ed esprimere comprensione per la buona fede di molti giovani che scelsero la
parte sbagliata non significa mettere sullo stesso piano i combattenti dei due
fronti.
I nostri padri ed i nostri nonni furono costretti a combattere per cacciare
la dittatura e per attestare la democrazia nel nostro Paese.
In quella guerra c’erano due parti contrapposte.
C’era chi stava con la dittatura e chi combatteva la dittatura. C’era chi
deportava gli ebrei nei campi di concentramento e chi difendeva la dignità
umana, sotto ogni cielo, per ogni idea, razza, fede, cultura.
Spesso oggi diamo per acquisite cose che invece non lo sono affatto,
conquiste che invece vanno ribadite giorno per giorno perché furono ottenute al
costo di grandi sacrifici.
Non possiamo permetterci l’oblio. Ripeteremmo errori gravi, ed in parte forse
li stiamo già commettendo, e sempre in ogni caso li commettiamo ogni volta che
ci dimentichiamo dei valori della libertà, della pace, della tolleranza.
Valori che devono stare sempre insieme, perché un Paese tollerante è sempre
un Paese più libero ed un Paese libero ed in pace è anche un Paese tollerante.
Se sapremo insieme tenere ferma la visione dei nostri ricordi avremo la
garanzia di dare corpo ad un futuro: un domani un po’ meno incerto, meno
difficile da determinare.
I pericoli, vicini o lontani, che tradiscono gli ideali della Resistenza ci
invitano a perpetuare un messaggio chiaro: quei Valori devono continuare a
vivere nel cuore di ciascuno di noi e devono essere riconquistati ogni momento,
con uno sforzo assiduo e costante.
Viva la Libertà! Viva la Democrazia! Viva il 25 aprile!