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15 Settembre, 2002
Ricordando Bruno Trentin. “Da sfruttati a produttori” (di Gian Carlo Storti)
Ho avuto modo di incontrare Bruno Trentin più volte nella mia esperienza sindacale. La nostra generazione Trentin l’ha conosciuto prima di tutto leggendo i giornali e studiando i suoi articoli ed i suoi libri.

Ricordando Bruno Trentin. “ Da struttati a produttori”. di Gian Carlo Storti
Ho avuto modo di incontrare Bruno Trentin piu’ volte nella mia esperienza sindacale.
La nostra generazione Trentin l’ha conosciuto prima di tutto leggendo i giornali e studiando i suoi articoli ed i suoi libri.
“ Da sfruttati a produttori”
Un libro in particolare è stato fondamentale .
Il titolo “ Da sfruttati a produttori” -Lotte operaie e sviluppo capitalistico, dal miracolo economico alla crisi - ( Edizioni De Donato 1977) è significativo di un percorso politico e sociale durato un secolo e che solo in pochi allora, Trentin è uno di loro, avevano intuito quasi in modo profetico.
Su quel libro ho dato un esame alla Statale portando a casa solo un 28 . Ma tantè, allora si guardava al concreto: non si poteva solo studiare , era necessario organizzare anche le lotte con le bandiere rosse al vento.
Non contento di aver studiato il libro sono andato a sentire un dibattito con Bruno Trentin ed altri alla Festa dell’Unità di Ferrara.
Il “ Bruno” , come noi scavezzacollo, lo chiamavamo , come se fosse l’amico della porta accanto, aveva una prestanza fisica ed un atteggiamento non da sindacalista di frontiera , spettinato, con la camicia in disordine e magari jeans un poco sporchi e laceri, ma da professore universitario.
Giacca blu , camicia azzurra , pantaloni grigi , forse jeans non sgualciti e una cravatta con qualche filo di rosso ed una borsa di cuoio chiaro.
Il suo modo di parlare era incredibilmente affascinante: quasi sempre usava una voce smorzata , di tono basso, che lentamente cresceva quando voleva sottolineare o la centralità di un passaggio o il finale del ragionamento.
In quel tendone della festa dell’Unità si faceva fatica a sentire e gli organizzatori erano impegnati ad aggiungere microfoni ed altoparlanti. Circa un migliaio di “ studenti” ascoltavano la lezione.
Due erano i concetti che poneva allora e che in qualche misura ritroviamo,oggi, senza strumentalità nel dibattito politico sulla costruzione del partito democratico.

La prima questione era appunto la ricerca della strada con la quale la classe operaia si poneva l’obiettivo, in una visione molto vicina a quella gramsciana, di governare , non di prendere il “potere” ma di governare. Con quali strumenti? Con quali azioni democratiche? Con quali alleanze sociali? Da qui tutta una riflessione ed una azione sulle modalità di contrattazione nelle fabbriche, i nuovi strumenti di rappresentanza, dai consigli di fabbrica a quelli di zona fino al sindacato unitario.

Si la FLM ( il sindacato unitario dei metalmeccanici) è stata la sua piu’ grande realizzazione. La quarta confederazione , come si diceva allora, vista con sospetto dallo stesso PCI, nel quale militava , era l’avanguardia del sindacato con qualche preoccupazione di Lama, allora leader della Cgil.

In pochi ricordano che in quegli anni, le piattaforme sindacali , a mente mi ricordo della Ocrim di Cremona , contenevano rivendicazioni sociali che legavano la fabbrica alla società e per essere concreti, i lavoratori della Ocrim fecero un accordo che prevedeva che alcune risorse economiche venissero versate al Comune di Cremona per realizzare gli asili nido.

Quindi la classe, il lavoratore che si fa carico dei problemi sociali e contribuisce, non a parole, al miglioramento del sociale. E non è che i salari fossero di molto piu’ alti di oggi.

Un altro tema che si approfondiva , solo a livello di riflessione teorica, è quello relativo alla estensione dei diritti. Come cioè i diritti di una classe, i lavoratori appunto, potevano, dovevano divenire diritti di cittadinanza.

E’ questa una questione che troverà via via sempre piu’ linfa e che porterà gia il vecchio PCI a non parlare piu’ in termini di classe, ma di società.

Oggi l’approdo politico, che ritrovo molto nei ragionamenti costituenti del partito democratico, è che appunto i diritti sono di cittadinanza e non in quanto appartenenti ad una classe ma in quanto persona, cittadino appunto.

Ecco quelli sono stati gli stimoli che ci ha fornito quell’uomo nei momenti piu’ alti della forza politica della classe operaia che con la sue alleanze permise all’allora PCI di diventare una potenza, ma non egemone. Infatti non andò mai al governo del paese.

Sicuramente questa mia lettura sarà contestata da amici e compagni , ma tantè siamo nella fase dei “ mille fiori” e quindi ognuno può dire la sua.

La vicenda Olivetti di Crema.

Il 16 febbraio del 1992 venne firmata, a livello nazionale, l’intesa che di fatto prefigurava la chiusura della Olivetti di Crema.

L’intesa fu duramente contestata dai lavoratori della Olivetti di Crema e venne preceduta da innumerevoli manifestazioni a difesa di quella realtà produttiva.

Ricordo un grande sciopero unitario a Crema che coinvolse tutta la città ed una manifestazione dei lavoratori della Olivetti nel cuore dell’impresa, ad Ivrea.

Decine di pulmans partirono da Crema e centinaia di lavoratori marciarono silenziosamente sotto le finestre della sede centrale della Olivetti.

Questa manifestazione non era stata condivisa né dalla FLM nazionale né dalla Cgil. Veniva vissuta dai vertici nazionali come una rottura del fronte, come il tentativo estremo di salvare il salvabile , ma solo a Crema.

Quell’accordo fu contrastato anche dal consiglio di fabbrica della Olivetti nel quale spiccava una figura operaia di grande intelligenza: Pierangelo Salada.

Insomma per farla breve una delegazione della Cgil Cremonese, allora il Segretario Generale era Giorgio Toscani, da Felice Lo popolo ( allora segretario Cgil di Crema) ed altri fu chiamata a Roma per discutere l’accordo.

A quell’incontro parteciparono diversi dirigenti sindacali.

Al tavolo della presidenza erano seduti Sabatini,Cofferati ( allora solo segretario) e Trentin- forse era presente anche l’attuale Ministro del Lavoro Damiano, allora in Fiom. La delegazione del Consiglio di Fabbrica Olivetti era guidata da Pierangelo Salada.

Sabatini relazionò nel merito dell’accordo, ovviamente sostenendone i contenuti. Toccò a Pierangelo Salada portare le regioni della contrarietà dei lavoratori della Olivetti a quell’intesa che se pur salvaguardava l’occupazione , a vario titolo, dei lavoratori , di fatto prevedeva il termine della produzione. Salada fu molto bravo. Contestò punto per punto l’intesa con “argomentazioni forti ed interessanti. Trentin, seduto, con la sua pipa ( allora purtroppo si fumana anche durante le riunioni) prese appunti per tutta la riunione che durò ore.

Nel tardo pomeriggio prese la parola e con il suo solito tono, molto basso, parti dall’intervento di Salada, considerandolo appunto un intervento con “ argomentazioni forti ed interessanti”.

Come era prevedibile Trentin smontò la maggior parte delle argomentazione del Consiglio di Fabbrica della Olivetti di Crema assumendo due impegni: il primo di venire a Crema, di fronte ai lavoratori , a spiegare l’intesa, il secondo quello di portare sui tavoli tecnici le argomentazioni della fabbrica.

Parlò come era suo costume per molto a lungo. La delegazione uscì con alcune speranze , anche se si era capito che gli spazi di manovra era realmente ridotti.

E venne il giorno ( fine dicembre 1992) dell’assemblea alla Olivetti.

Sala stracolma. Un grande applauso accolse Trentin . Le relazioni furono brevi. Interventi forti ma rispettosi: in fondo quei lavoratori stavano difendendo il loro posto di lavoro, ma non solo , anche il futuro produttivo della Olivetti.

Le sue conclusioni furono precise e ferme. In sostanza l’accordo avrebbe garantito i posti di lavoro per tutti, però era necessaria una riconversione produttiva della Olivetti che avrebbe dato, a medi periodi, altri e nuovi posti di lavoro.

Il suo intervento durò parecchio, ma alla fine i lavoratori applaudirono con grande convinzione ed affetto il Segretario Generale della Cgil anche se erano chiare due cose: l’impegno alla difesa dei posti di lavoro e la riconversione produttiva della Olivetti. Insomma la vecchia e cara Olivetti a Crema non si sarebbe piu’ stata.

A Pierangelo Salada fu poi affidato il compito di seguire la collocazione dei lavoratori Olivetti nella pubblica amministrazione . Le istituzioni si fecero carico di definire i percorsi della riconversione sia della fabbrica che della aree. Oggi, a distanza di anni, alcuni risultati importanti si sono ottenuti.

Trentin diede in quei mesi una grande lezione sia di democrazia che di metodo: per lui la concertazione era uno strumento fondamentale su cui bisognava puntare. Una linea difficile che lo portò l’anno successivo alla firma del protocollo ( 23 luglio 1993) che aboliva la scala mobile ed alle sue dimissioni, poi respinte da Segretario Generale della Cgil.

Elezioni europee del giugno 1999

Rividi Trentin a Lodi nel 1999. Era candidato per i DS alle elezioni europee. Lo salutai con slancio ed affetto pur essendo consapevole che non mi avrebbe riconosciuto. Ed in effetti così fu. Non poteva essere diversamente.

L’incontro elettorale fu organizzato , una calda domenica di maggio, in un parco Auser sulle rive dell’ Adda.

Non vi era molta gente ad accoglierlo. I pochi astanti lo accolsero con affetto ed entusiasmo. Non erano presenti i suoi lavoratori metalmeccanici , ma i cittadini, gli elettori, le donne e di pensionati. Anche in quella calde estate era elegante: mancava solo la cravatta. Una platea diversa da quella delle grandi piazze e fabbriche. Parlò con lo stesso stile: con voce bassa ed intensa. Parlò non del domani , ma del dopodomani. Della moneta unica, di come governare la globalizzazione , dei contratti europei, dei dritti di cittadinanza che la nuova europea doveva e poteva garantire.

L’applauso finale fu forte e convinto. La sinistra non ottenne un grande risultato ( i Ds solo il 17, 3% contro ad esempio l’8,5% della Lista Bonino , ma fui comunque contento di aver potuto esprimere la preferenza a quel “ Bruno” che era ed è stato per anni un mio punto di riferimento culturale e politico .

Grazie Bruno e scusa l’informalità.

Gian Carlo Storti

Cremona 29 agosto 2007.

 


       



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