15 Settembre, 2002
Chiara Saraceno: «Un passo avanti, ma non confondiamo disagio e illegalità»
Eduardo Di Blasi su L'Unità del 7 settembre 2007
Sicurezza e Sinistra. Per la sociologa Chiara Saraceno anche se il
termine «Sinistra» è diventato negli anni «un termine così vago»,
sulla sicurezza la vecchia «Sinistra» ha sempre fatto la sua
parte: «All'epoca del terrorismo è stata fortemente dalla parte
della legalità e della sicurezza, al punto che qualcuno ci ha
rimesso le penne».
Poi è accaduto qualcosa...
«Di fronte a certi tipi di illegalità in cui le valutazioni si
mescolano con il disagio sociale e con il timore di essere giudicati
razzisti, la sinistra ha avuto atteggiamenti molto ondivaghi.
All'inizio è andata avanti con gli occhi chiusi, perché non vedeva
l'avvicinarsi di un problema. Non vedeva, ad esempio, i rischi della
ghettizzazione abitativa. Ha considerato le proteste un fatto
razzista. È un errore commesso anche all'epoca dell'edilizia
popolare: concentrare tutti i disagiati in un posto solo. Rendendo
infernale la vita a loro ma anche a quelli che gli abitavano
attorno».
Quella era un'idea di sinistra...
«Sì. Un errore. Sono anni che parlo con amiche che dicono: "Io non
voglio che mio figlio vada a scuola qui", e da prima degli
immigrati... Oggi si confonde disagio con illegalità. Sono fatti
diversi ma che vanno monitorati. C'è un'abitudine all'illegalità che
alla fine esplode. Sia perché da questa illegalità di sopravvivenza
si passa a illegalità più forti, sia perché il cittadino che ha
accettato il pizzo, o i soldi per il parcheggio dell'auto a un certo
punto esplode».
Le risposte che la sinistra ha dato in questi anni, come il muro di
via Anelli a Padova, le condivide?
«Il muro di via Anelli io l'ho vissuto malissimo, però poi ho
parlato con dei padovani anche di sinistra e mi hanno detto che sta
funzionando. Se il muro vuole dire "svuotiamo il ghetto" e
non "separiamo i cattivi dai buoni", allora io sono a favore. Perché
non bisogna proteggere solo il cittadino normale. Anche l'assistito
che viene messo lì si trova in una condizione di fortissimo disagio.
Quello che invece mi ha un po' sconcertato è tutta questa campagna
sui lavavetri. Perché non ce la prendiamo con quelli che vendono per
la strada e occupano suolo pubblico? Perché non ci preoccupiamo di
quelli che chiedono la carità col bambino appresso?».
Su questo però la sinistra non ha elaborato una visione politica...
«No, perché oscilla. Ha la sua anima che si dice di sinistra che
dice che non si deve fare solo pulizia. Siamo d'accordo. È chiaro
che non si deve fare soltanto pulizia. Non bastano prigione e multe.
È chiaro che ci voglia anche integrazione. E però se non si fa anche
pulizia, se non si dà ai cittadini, inclusi quelli che arrivano,
l'idea che lo Stato è dalla loro parte e che, per quanto non possa
fare miracoli, non ignora che ci sono strade dove non si può
camminare la sera. Che non ignora che ci sono abitazioni in cui
pochi rimasti si chiudono dentro sperando in Dio. È un discorso
lungo questo: non a spot. Non è che adesso facciamo la multa ai
lavavetri e abbiamo risolto. E poi di volta in volta allunghiamo la
lista: i lavavetri, i professori fannulloni, i rom».
Nel piano Amato ci sono anche i writers...
«Appunto, ma c'è criminalità e criminalità. I writers direi che
potrebbero essere condannati a ripulire, però non possono mettere
sullo stesso piano quello che ruba, che stupra, che non mi lascia
entrare in casa con quello che scrive sui muri».
Amato afferma che la sinistra non dovrebbe usare le parole della
destra, come «Tolleranza zero»
«Questo lo dice per salvarsi la coscienza. Prima mi deve dire perché
si decide di seguire la destra, oppure spiegare in cosa siamo
diversi. Discriminando, ad esempio, tra i writers e gli stupratori».
Alla fine non si darà una medesima risposta agli uni e agli altri...
«Sì, però se li metto nello stesso elenco di "illegalità"... E poi
le leggi ci sono già: è vietato rubare, scrivere sui muri, usare
violenza. Il problema sono le risorse di controllo, la sistematicità
del controllo. Confesso che non riesco a comprendere l'utilità
del "pacchetto". Quindi da un lato sono contenta che non sia più un
tabù parlare di sicurezza, ma mi pare un discorso ancora fatto in
modo muscolare».
 
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