15 Settembre, 2002
Michele Salvati: Idee alla Blair, la rottura c'è
«Un programma largamente blairiano per un paese che non ha conosciuto la Thatcher». - Giovanni Cocconi su Europa del 28-02-08
A lui, Michele Salvati, il programma del Partito democratico piace
parecchio. Dice che è un «mix tra socialdemocrazia moderna e
impostazione liberale, due polarità che oggi sono molto più strette
di quanto non fossero nell'Unione».
Certo, poi le trenta cartelle messe insieme da Enrico Morando da
sole non bastano, ma per ora Veltroni «non sta sbagliando un
colpo.Io non avrei fatto accordi né con Di Pietro né con i radicali,
avrei presentato il partito duro e puro agli elettori ma lui sa fare
i calcoli certamente meglio di me».
L'economista milanese non si scompone nemmeno di fronte alle
smagliature tra laici e cattolici. «I temi etici o bioetici sono
bandiere che la gran parte degli elettori non sentono come priorità,
strumenti per battaglie sulle quali giustamente Veltroni smorza i
toni, dando un colpo al cerchio e uno alla botte. Nessun grande
partito può essere costruito solo sulla base delle convinzioni
religiose».
Sì, perché Salvati il grande partito lo ha in mente. «Una sorta di
catch all party, un partito di massa. I vecchi blocchi sociali non
esistono più: se uno analizza i dati elettorali il primo partito
operaio in molte regioni del Nord è la Lega... Il Pd deve diventare
un grande partito interclassista, ragionevole, che combatte la sua
partita verso il centro».
Le premesse ci sono tutte. «Mi ha colpito il fatto che quando si è
trattato di votare per il rifinanziamento della missione in
Afghanistan lo si è fatto senza preoccupazioni e senza sorprese. A
pensarci bene questo è un fatto politico enorme».
Come per lui, esponente di spicco della sinistra liberale raccolta
nell'associazione Libertà Eguale, è un fatto enorme vedere un amico
come Morando nel ruolo di responsabile del programma. «Un uomo di
straordinaria competenza a lungo sottovalutato, di una coerenza che
lo ha spinto verso la marginalità, e che oggi rappresenta è una
delle figure di spicco del Pd, uno dei pochi insieme ai Bersani e ai
Letta in grado di occupare, nell'eventuale nuovo governo, un
dicastero economico».
E non vanno dimenticati neppure «i Vassallo e i Ceccanti che entrano
in politica a pieno titolo e con la forza dei loro 40 anni. Un segno
di grande rinnovamento così come l'aver offerto una candidatura a un
simbolo come Pietro Ichino, e di averlo scelto senza prendere le
distanze, senza chiedere abiure, ma proprio per la forza delle sue
idee».
Sì, perché il programma conta, ma contano ancora di più le
persone. «Per esempio nel campo che conosco meglio, quello
dell'università, il programma del Pd è del tutto condivisibile,
segna una robusta svolta rispetto al passato, ma io spero di vedere
ministro uno come Walter Tocci che è in grado di spazzare via
privilegi e rendite di posizione».
Anche la pubblica amministrazione avrebbe bisogno di una cura da
cavallo per arrivare agli standard di quella francese o tedesca, ma
non sarà facile. «Sarà un po' come l'ultima fatica di Ercole, come
ripulire le stalle di Augia. Le idee di base sono quelle del
programma, un po' come quelle che si trovano nel rapporto francese
di Attali. Però poi bisogna andare avanti come dei treni, tenendo
ferma la barra, resistendo alle sacche di conservazione che si
incontrano, anche a quelle tradizionalmente vicine alla sinistra
moderata come il sindacato. Nessuna sinistra europeo- continentale
può fare un'operazione alla Thatcher, ma è importante favorire nel
sindacato dei processi di modernizzazione, di conversione al nuovo».
L'importante, per ora, è che il programma faccia coincidere
modernizzazione e solidarietà, «due elementi tra i quali non c'è
nessuna contraddizione. Forse si poteva essere ancora più scabrosi,
su parecchi punti è comprensibilmente sfumato, e alcune cifre
farebbero la gioia del cattivissimo Luca Ricolfi. Si prevedono
risparmi di spesa un po' ottimistici e molte cose scritte si
potranno ottenere solo con risparmi di spesa spaventosi come quelli
che si otterrebbero spostando in avanti l'età pensionabile ». Ma per
ora – ripete Salvati – «va già benissimo così».
 
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