15 Settembre, 2002 MA QUALE CONTROLLO PUBBLICO? ( di Diego Antonioli) Alla faccia del federalismo sbandierato da tutti come la panacea ai nostri mali, la realtà è che i nostri Comuni stanno perdendo progressivamente il controllo, la gestione e il governo di servizi essenziali per i cittadini
MA QUALE CONTROLLO PUBBLICO? ( di Diego Antonioli)
Alla faccia del federalismo sbandierato da
tutti come la panacea ai nostri mali, la
realtà è che i nostri Comuni stanno perdendo
progressivamente il controllo, la gestione
e il governo di servizi essenziali per i
cittadini. L’acqua è un caso lampante!
A partire dalla trasformazione in aziende
di diritto privato e ancor più con l’ingresso
dei privati nella gestione dell’acqua, di
fatto il Governo su un servizio tanto essenziale
si è allontanato a tal punto dagli amministratori
da noi eletti che il controllo democratico
sull’acqua è andato perduto: piani d’ambito
modificati di anno in anno a favore dei profitti
del gestore portano ad innalzamento delle
tariffe, riduzione degli investimenti, peggioramento
delle condizioni dei lavoratori del servizio
idrico. E’ questo che chiamiamo “privatizzazione
dell’acqua”.
Le infrastrutture rimangono pubbliche, il
controllo rimane formalmente degli AATO,
ma è chi detiene le competenze gestionali
del servizio ad essere in grado di imporre
le proprie decisioni: in giurisprudenza si
parla di “proprietà di fatto” a fronte di
una “proprietà formale” residua nelle mani
del pubblico.
Solo cittadini informati ed attivi alzano
la testa per decidere il cambiamento.
Cambiamo dal basso il sistema: pretendiamo
dalle amministrazioni comunali una maggiore
assunzione di responsabilità! Dopo aver presentato
al Parlamento nel 2007 la proposta di legge
di iniziativa popolare per una gestione pubblica
e partecipativa dell’acqua e la ri-pubblicizzazione
del servizio idrico firmata da 406mila italiani
e aver ricevuto come risposta nuove leggi
che spingono ulteriormente gli ATO verso
la privatizzazione – per poi essere cancellati
– i movimenti a difesa dell’acqua passano
al contrattacco: propongono tre quesiti referendari
per ribaltare completamente il quadro legislativo
in materia di gestione idrica.
L’assalto ai banchetti di raccolta firme
– ovunque e soprattutto dove i cittadini
hanno sperimentato la gestione privatistica
– dimostra la diffusa volontà di cambiamento:
100mila firme raccolte in un fine settimana!
Riusciremo con l’impegno di tutti a raggiungere
presto le 500mila firme necessarie per presentare
il referendum. Ma non basta: dobbiamo informare
tutti perché altri fronti sono ancora aperti.
Nella nostra provincia i privati non gestiscono
ancora la nostra acqua, ma lo faranno presto
se non convinciamo i nostri sindaci che l’alternativa
proposta dal Comitato Acqua Pubblica è perseguibile
ed è la migliore: chiedano il parere giuridico
al prof. Lucarelli.
Inoltre il referendum è uno strumento importante
per rispondere a una politica sempre più
autoreferenziale e sorda alle reali esigenze
dei cittadini; ma serve un grande impegno
per informare tutti della reale situazione
della gestione dell’acqua, affinché la primavera
prossima la maggioranza degli italiani scelga
di votare per una nuova gestione pienamente
democratica dell’acqua.