15 Settembre, 2002
Difesa della vita e tradimento della libertà (di Rossella Zelioli)
sono molto colpita dai toni usati in questi giorni dai sedicenti “difensori della vita” sulla stampa
Gent.mo Direttore,
sono molto colpita dai toni
usati in questi giorni dai sedicenti
“difensori della vita” sulla stampa
a proposito dell’attuazione del regolamento
regionale che impone
la sepoltura dei prodotti abortivi.
Non vorrei si sentissero soli nel
difenderla, e mi ci provo anch’io.
Dopo l’iniziale incredulità per
la palese violazione di ogni rispetto
laico per le posizioni di tutti,
dato sia il contenuto del regolamento
in questione che la modalità
di attuazione prevista dal Comune
di Cremona, mi sovvengono
alcune amare riflessioni.
La prima riguarda il contenuto
del regolamento regionale in sé,
che impone la sepoltura dei prodotti
abortivi anche entro le 20
settimane.
Il fatto che la legge nazionale
italiana consenta già la sepoltura
di feti anche precedenti la 20esima
settimana, su richiesta della
famiglia e quindi nei modi ritenuti
da essa più consoni, è ovviamente
una legge che non solo rispetto
ma considero positiva se in
accordo con le esigenze personali,
famigliari e le convinzioni etiche
della donna richiedente.
Sono convinta infatti che le leggi
che permettono siano in generale
buone leggi, rispettose delle
diversità delle esigenze di chiede
di applicarle e quindi complessivamente
leggi di rispetto per la
diversità personale ed etica di ciascuno.
La legge sulla sepoltura in
oggetto è una legge di tal tipo,
immagino.
Analogamente, la legge 194 è
una legge di questo tipo, che permette,
non che obbliga o che vieta.
Le altre due amare riflessioni
riguardano l’intervento di un obbligo
in questo panorama legislativo
laddove prima c’era una possibilità,
ed il fatto che a Cremona
tale obbligo sarà attuato da una
associazione confessionale (“Difendere
la vita con Maria”).
L’obbligo è il portato dell’ideologia
formigoniana, della sua carica
confessionale e del continuo
tradimento di quella “libertà di”
di cui si spaccia promotrice. Qualora
la famiglia non espliciti la volontà
di seppellire il prodotto
abortivo, Regione Lombardia e
ora il Comune di Cremona lasciano
che se ne arroghi il diritto
l’Associazione religiosa citata.
Loro sanno qual è il bene di
tutti, lo decidono per tutti, lo fanno
per tutti nello stesso modo. Mi
sembra già un’enormità.
Inoltre, rifletto sulle modalità
con cui la donna in questione
sarà messa nelle condizioni di farsi
carico di questo aspetto della
vicenda, dopo aver subito un
aborto con tutto quello che comporta.
Mi indigna sapere che una donna
potrebbe dire no a questa procedura,
per tutti i suoi legittimi
motivi, sapendo che altri se ne arrogheranno
il diritto, mentre prima
l’ASL se ne è sempre occupata
senza bisogno di preghiere e lapidi.
Mi indigna in modo bruciante
sapere che questi altri sono
un’associazione confessionale,
che impone la propria presenza
senza rispettare le legittime e costituzionali
differenze di credo,
valori e concezioni del bene che si
addicono ad una società aperta e
plurale.
Mi indigna profondamente infine
sapere che questa associazione
confessionale è stata individuata
da una istituzione come il
Comune, che per natura dovrebbe
promuovere nei suoi atti il rispetto
della laicità dello Stato e
delle sue norme.
Mi indigna perché non si rispetta
in nessun modo la diversità
profonda e presente tra le concezioni
del bene delle persone, mi
indigna perché la laicità delle istituzioni
diventa carta straccia.
Infine, mi indigna profondamente
pensare al monito morale e
alla sanzione sociale presente in
una tomba non voluta fatta da
un'associazione confessionale,
perché è chiaro che imporre la sepoltura
dei prodotti abortivi senza
il consenso della persona sottopostasi
all’intervento ha questo intento
e questo significato.
Non mi vengano a dire che
non c’è atto di denuncia dell’aborto
o di sanzione sociale su
queste cose, in questo modo. C’è
eccome, e si chiama attacco alla
194, attacco alla responsabilità
delle donne che scelgono l’interruzione
volontaria di una gravidanza.
Tutto questo è frutto di un clima
di pesante chiusura culturale
e ideologica, di una deriva confessionale
che mi fa temere per la
laicità diffusa delle istituzioni, di
una ipocrisia nel brandire la religione
da parte di un certo potere
politico che mi colpisce ogni giorno
di più.
Sono invece convinta che la politica
debba impegnarsi a promuovere
una diffusa educazione
alla laica convivenza di proposte
etiche solidamente fondate eppure
diverse, anche lontane, ma rispettose
le una delle altre, senza
stigmi sociali come le croci bianche
nel cimitero a memoria della
superiorità morale di una sulle altre.
Infine, sono convinta che emerga
da temi come questi la necessità
di una educazione all’affettività,
alla relazione e alla sessualità
consapevoli e mature, che dobbiamo
a tutti i costi riprendere come
nostro compito specifico di donne,
di madri, di insegnanti, di cittadine,
in modo che davvero la
194 non sia distorta e inapplicata,
perché siamo noi stesse e non solo
i sedicenti “difensori della vita”
a volere sempre meno aborti.
Rossella Zelioli, Isola Dovarese
 
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