| 15 Settembre, 2002 Cambiare lo statuto della Fondazione Città di Cremona ( Antonino Rizzo)
 Dai primi di agosto, ormai, le vicende relative alla Fondazione “Città di Cremona” tengono banco nel dibattito politico locale.
 
 
  
 Cambiare lo statuto della Fondazione Città
di Cremona ( Antonino Rizzo) Una proposta per la Fondazione: cambiare
lo statuto
 Dai primi di agosto, ormai, le vicende relative
alla Fondazione “Città di Cremona” tengono
banco nel dibattito politico locale.
 Le polemiche si sono susseguite ed hanno
assunto contorni non sempre chiari e comprensibili.
 Con l’usuale mentalità complottistica, si
è iniziato a parlare, come era prevedibile,
di retroscena e di poteri forti (la P2 e
i servizi deviati, per fortuna,
 non sembrano ancora essere coinvolti).
 In realtà, le polemiche politiche (che non
mi interessano e in cui non voglio entrare)
hanno, in concreto, alzato una cortina fumogena
che ha
 avuto il risultato di nascondere i nodi istituzionali
che la vicenda della trattativa per l’acquisto
del complesso immobiliare di Palazzo Fodri
ha messo
 drammaticamente a nudo.
 Ignoro come, nel 2003, si sia pervenuti a
stendere il testo dello Statuto della Fondazione,
che è la “lex specialis” che regola l’intera
vita dell’ente,
 dato che le norme contenute nel codice civile
e nella legislazione statale e regionale
sono assai limitate
 e frammentarie (D. Lgs. 4 maggio 2001 n.
207 e L.R. 13 febbraio 2003, n. 1).
 Ma sono fermamente convinto della assoluta
e totale inadeguatezza dello Statuto della
Fondazione.
 Il patrimonio della Fondazione è pubblico,
sia in quanto destinato a scopi di utilità
pubblica come quelli socio-assistenziali,
sia perché la Fondazione
 nasce dalla fusione di quattro istituzioni
pubbliche di assistenza e beneficenza, la
cui natura pubblicistica era stata definita
dalla Legge 17 luglio
 1890 n. 6972 (si tratta della legge “Crispi”,
che laicizzò la beneficenza, sino ad allora
in mano alla Chiesa ed ai privati).
 Di contro, la Fondazione è un ente di diritto
privato.
 Le uniche forme di controllo sulla stessa
sono quelle previste dall’articolo 25
 del codice civile (controllo dell’autorità
governativa, nel nostro caso da identificarsi
 con la Regione) e dall’articolo 18 del D.
Lgs. 4 maggio 2001 n. 207 (comunicazione
 alla Regione degli atti di dismissione degli
immobili, finalizzata all’esercizio, da parte
del
 Pubblico Ministero, dell’azione di annullamento
delle deliberazioni contrarie alla legge
o allo Statuto).
 (continua alle pagine 2-3)
 Lo Statuto della Fondazione deve perciò essere
opportunamente modificato, per consentire
 che le scelte della Fondazione stessa siano
coordinate con le politiche del Comune di
Cremona.
 Secondo il preambolo dello Statuto, "La
Fondazione opera nell'ambito degli indirizzi
stabiliti dalla
 programmazione sociale territoriale d'intesa
con il Comune di riferimento e in sinergia
con gli altri
 soggetti Istituzionali e sociali che costituiscono
la rete del welfare locale, con l'obiettivo
di contribuire
 al potenziamento e alla qualificazione del
sistema territoriale dei servizi e degli
interventi, anche
 promuovendo opportunità di sviluppo attraverso
nuovi progetti ed investimenti".
 Tali parole, tuttavia, per usare una icastica
espressione di Ernesto Rossi, famoso polemista
 degli anni cinquanta e sessanta, sono "aria
fritta".
 Ad esse, infatti, non corrisponde nessuno
specifico obbligo della Fondazione nei confronti
del Comune.
 Alcune modifiche statutarie appaiono perciò,
alla luce dei recenti avvenimenti, ineludibili.
 In particolare, dovranno essere previsti
una serie di atti che la Fondazione avrà
l'obbligo di trasmettere
 al Comune, affinché questo, ove si rendesse
necessario, possa sollecitare alla Regione
l'esercizio
 dei poteri di vigilanza che le competono.
 Fra tali atti non potranno non essere ricompresi
i bilanci (preventivi e consuntivi) della
Fondazione.
 Oggi, infatti, i bilanci della Fondazione
sono segreti, in quanto i bilanci stessi,
secondo il Regolamento regionale
 2 aprile 2001, n. 2 (che ha istituito, ai
sensi dell'articolo 7 del D.P.R. 10 febbraio
2000 n. 361, il Registro regionale delle
persone giuridiche
 private, tenuto dalle Camere di Commercio)
non fanno parte degli atti che devono essere
iscritti in
 tale Registro.
 Sono, poi, dell'avviso di non consentire
alla Fondazione la costituzione di società
di capitali o
 la partecipazione nelle stesse. Soprattutto
perché, come ho già avuto modo di chiarire
su queste stesse
 colonne, con la cessione delle quote di una
società cui possono essere conferiti gli
immobili si
 eluderebbero le norme (il già citato articolo
18 del D. Lgs. 4 maggio 2001 n. 207) che
attribuiscono
 alla Regione un controllo sulle dismissioni
degli immobili costituenti il patrimonio
delle Fondazioni
 derivanti dalla trasformazione delle istituzioni
pubbliche di assistenza e beneficenza (non
risulta,
 infatti, che, della dismissione di quote
di società, la Regione debba essere notiziata).
 Non è da escludere, poi, che la costituzione
di una società possa prestarsi alla realizzazione
di
 operazioni di elusione fiscale.
 Come è noto, secondo la giurisprudenza più
recente (si veda, da ultimo, la sentenza
della Corte
 di Cassazione in data 26 febbraio 2010 n.
4737), in materia tributaria, il divieto
di abuso del diritto
 si traduce in un principio generale antielusivo,
applicabile anche ai tributi non armonizzati
in sede
 comunitaria, il quale preclude al contribuente
il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti
mediante
 l'uso distorto, pur se non contrastante con
alcuna specifica disposizione, di strumenti
giuridici
 idonei ad ottenere un'agevolazione o un risparmio
d'imposta, in difetto di ragioni economicamente
 apprezzabili che giustifichino l'operazione,
diverse dalla mera aspettativa di quei benefici.
 Resta da dire delle modalità con cui lo Statuto
della Fondazione potrebbe essere modificato.
 E' lo stesso Consiglio di Amministrazione
della Fondazione che è competente per le
modifiche statutarie.
 Si potrebbe, quindi, pensare, da parte di
qualcuno, che ben difficilmente la Fondazione
farebbe
 hara kiri, riducendo il proprio potere, oggigiorno
pressoché assoluto.
 Ma il Comune ha, comunque, due potenti strumenti
di "moral suasion" per spingere
la Fondazione
 ad adottare le necessarie modifiche statutarie.
 Innanzitutto gli amministratori della Fondazione
sono nominati dal Sindaco del Comune di Cremona
 che, quindi, su un piano puramente politico,
ha certo il potere di vincolare le nomine
alla adozione
 delle modifiche statutarie. Secondariamente,
sempre secondo lo Statuto, il Comune deve
necessariamente
 esprimere un parere sulle proposte di modifiche
statutarie.
 * * *
 Non mi illudo, tuttavia, che queste mie note,
dettate da elementare buon senso (quello
che ha
 ispirato il "buon governo" di tanti
amministratori del passato), troveranno udienza.
La politica locale
 segue logiche che sempre più mi sfuggono
e non riesco a comprendere.
 E poi, ad onta di più di quattro decenni
di esperienza professionale, soprattutto
nel campo del diritto
 pubblico, ho un grave ed ineliminabile difetto:
sono cremonese (e non milanese, bresciano,
 mantovano, parmense), in una città in cui,
per essere esperti, bisogna essere, prima
di ogni altra cosa,
 forestieri.
 Paradossi del provincialismo.
 Antonino Rizzo
 
 N.b. Welafare Cremona ringrazia l'Avv. Antonino
Rizzo per averci concesso la ripresa del
suo articolo pubblicato sul giornale "
La Cronaca" del 14 settembre 2010
 
 
 
 
 
 
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