15 Settembre, 2002
Le ultime News dalla CNA
Le opinioni degli artiginai cremonesi. Gli artigiani sono stupiti per il mantenimento delle dipsarità tra dipendenti e lavoratori autonomi.
Pensioni. Le Confederazioni artigiane, profondamente
stupiti per il mantenimento delle disparità
tra dipendenti e autonomi.
“Siamo profondamente stupiti per la disparità
di trattamento tra lavoratori dipendenti
e lavoratori autonomi. Ci attendevamo il
superamento delle attuali differenziazioni
normative che invece permangono a danno del
lavoro indipendente. L’allargamento del cuneo
temporale delle finestre aumenta le discriminazioni
quando, invece, ci aspettavamo un’armonizzazione”.
Questo il commento del Presidente CNA Ivan
Malavasi e dei Presidenti delle altre Confederazioni
artigiane sull’emendamento del Governo sulle
pensioni. “La nostra disponibilità ad accettare
i sacrifici imposti dalla riforma – sottolineano
i Presidenti delle Confederazioni artigiane
– è in ogni caso condizionata dalla volontà
del Governo di mettere mano immediatamente
a misure di incentivazione della previdenza
complementare per i lavoratori indipendenti,
per consentire loro di avere trattamenti
pensionistici dignitosi”. Secondo Malavasi,
Petracchi e Basso inoltre “appare improponibile
l’emendamento riguardante il trasferimento
del TFR ai Fondi pensione disgiunto dalla
contemporanea attuazione di misure di compensazione
per rendere neutra l’operazione per l’impresa,
sia sul lato dei costi finanziari, sia sul
lato della provvista”.
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Tornano i ``vecchi`` incentivi fiscali per
il recupero del patrimonio edilizio che pero`
saranno estesi anche nel 2005.
La correzione al decreto legge milleproroghe,
che prevede la proroga per il 2004, e per
il 2005 delle agevolazioni tributarie per
il recupero del patrimonio edilizio, stabilisce
un ``ritorno`` alle disposizioni della Finanziaria
2003, non tenendo piu` conto delle modifiche
introdotte dalla recente manovra per il 2004.
L`emendamento, infatti, abroga le disposizioni
contenute nei commi 15 e 16 dell`articolo
2 della legge 350/03 (la Finanziaria 2004,
appunto) che consentivano la detrazione fiscale
al 41%, per un importo massimo di 60mila
euro, per gli interventi di recupero edilizio
sostenuti nel 2004.
Gli interventi di recupero.
Restauro, ristrutturazioni e manutenzione
(ordinaria e straordinaria) degli edifici
godranno della detrazione fiscale del 36%
(del 41% dal 1° gennaio 2004 e fino a oggi),
per un ammontare complessivo di 48mila euro
(attualmente 60mila) da ripartire in 10 quote
annuali di pari importo, per le spese sostenute
dal 1 Gennaio 2004 al 31 dicembre 2005 (l`ultima
Finanziaria prevede i costi sostenuti solo
per quest`anno).
Inoltre, dopo il via libera della Commissione
europea, viene reintrodotta - in modo retroattivo
- l`aliquota IVA agevolata del 10% sulle
``prestazioni fatturate dal primo gennaio
2004``. Un riordino delle disposizioni che,
piu` che per motivi di ``convenienza`` economica,
potrebbe essere stato dettato dalla volonta`
di incentivare la lotta contro il lavoro
sommerso, vista la convenienza per i cittadini
di richiedere la fattura all`impresa che
esegue i lavori.
Disposizioni che, comunque, potrebbero lasciare
spazio a dubbi per coloro che hanno gia`
avviato e concluso i lavori in base alle
regole contenute nella Finanziaria 2004 e
che adesso dovranno fare i conti con il cambio
di regole una volta che entrera` in vigore
il provvedimento di conversione del decreto
legge milleproroghe
Immobili acquistati dalle imprese.
L`estensione del bonus del 36% vale anche
per gli interventi di ristrutturazione e
restauro-risanamento eseguiti, fino al 31
dicembre 2005, su interi edifici da imprese
di costruzione o ristrutturazione immobiliare
e da cooperative edilizie: in particolare
e` previsto che il beneficio spettera` all`acquirente
o assegnatario sul 25% (con il limite di
48mila euro) del prezzo dell`unita` immobiliare
``rogitata`` entro il 30 giugno 2006. Anche
in questo caso l`Iva sara` ridotta al 10
per cento.
Per opportuna conoscenza riporto inoltre
l'intervista al Presidente CNA Ivan Malavasi
nel merito del provvedimento
“Un emendamento quanto mai opportuno e necessario
per il sistema delle minori imprese del settore
delle costruzioni”, così si è espresso il
Presidente della CNA Ivan Malavasi alla notizia
che il Governo, nell’ambito della conversione
in legge del Decreto n. 355/03 “Milleproproghe”,
intende presentare un emendamento che riporta
l’aliquota dell’Iva sugli interventi di manutenzione
ordinaria e straordinaria al 10% e la detrazione
fiscale nell’arco di un decennio al 36%.
“Il voler riportare l’Iva al 10% - afferma
Malavasi - è un elemento che inevitabilmente
incontra la domanda da parte dell’utenza
ed agisce positivamente sul settore, che
oggi continua a rappresentare l’asse portante
del sistema produttivo, che ha contribuito
e contribuisce a mantenere il PIL a valori
positivi”. “La battaglia, per mantenere l’Iva
al 10% nelle ristrutturazioni – precisa il
Presidente della CNA – è stato un impegno
forte delle nostre Associazioni settoriali,
Assoedili e Anse, a cui la CNA ha dato tutto
il suo sostegno, sia allorquando si è trattato
di prorogare il provvedimento in scadenza
in settembre 2003, sia quando si è trattato
di prorogare l’efficacia al 31 dicembre 2003.
Un’azione positiva – conclude Ivan Malavasi
– che ha visto un impegno forte anche dalle
organizzazioni europee quali l’UEAPME e l’EBC
(l’organizzazione degli artigiane delle Costruzioni
Europee), che hanno operato positivamente
affinché EUROFIN sotto la Presidenza del
Ministro Tremonti prendesse la decisione
che ha consentito al Governo italiano di
proporre le modifiche sopra ricordate”. “L’emendamento,
ed è un fatto importante, prevede la durata
del provvedimento a tutto il 2005 – sottolinea
il Presidente Malavasi – tempo necessario
per consentire all’U.E. di definire una nuova
politica fiscale in materia di imposte indirette,
ma ci auguriamo anche che il Governo sappia
individuare politiche nel settore delle costruzioni
che siano realizzabili, in tempi stretti
e fungibili anche dal sistema delle PMI e
dall’artigianato”.
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La Direzione nazionale della CNA ritiene
che i contenuti previsti dal DDL Marzano
così come approvato dalla Camera, rappresentino
un fatto significativo nella tutela delle
imprese operanti nei servizi di manutenzione
degli impianti, nel segmento del post-contatore.
Si è, infatti, in presenza di una progressiva
trasformazione del mercato dell’energia che,
tuttavia, non produce ancora, effetti di
completa liberalizzazione e di reale concorrenza
tra le imprese operanti nel settore della
fornitura energetica e tra le imprese operanti
nel settore della distribuzione dell’energia
medesima.
In tale situazione è evidente il rischio
che le aziende pubbliche locali possano,
agendo in posizione di dominanza, intervenire
nella gestione dei servizi di post-contatore,
abusando della posizione derivante dall’essere,
contemporaneamente, gestori della rete distributiva.
Il DDL Marzano tende ad escludere tale rischio
ed a tutelare la piccola impresa, che attualmente
opera nel servizio a valle del contatore.
La liberalizzazione prevede il passaggio
di un settore inizialmente governato dal
pubblico (attraverso norme di legge ed operatori
di proprietà pubblica) ad una situazione
di libera concorrenza.
Quando un mercato viene liberalizzato si
attuano in parallelo due processi:
- da un lato la proprietà dell’operatore
controllata dal pubblico viene progressivamente
ceduta ai privati
- dall’altro vengono cambiate le regole e
si da gradualmente la possibilità di intervenire
nel mercato ad altri soggetti privati.
Esempi recenti di tale evoluzione dei mercati
sono rappresentati dalla telefonia, dal settore
dell’energia elettrica ed ora dal settore
del gas naturale.
CNA si è da sempre dichiarata, in tutte le
sedi, favorevole a questi processi, ritenendoli
condizione imprescindibile per ampliare il
ruolo e la presenza delle piccole imprese
nei mercati.
Tuttavia, non sempre la liberalizzazione
dei mercati, si traduce in una situazione
di libera concorrenza tra eguali in quanto,
talvolta, condizioni di natura tecnologica
o la particolare tipologia dei clienti, determinano
il rapido affermarsi di grandi operatori.
In questa circostanza, la liberalizzazione
dà vita ad un confronto tra grandi soggetti
impegnati, oltre che nella gestione degli
impianti, anche nella fidelizzazione del
cliente finale, sino ad invadere lo spazio
dei servizi attualmente prerogativa delle
piccole imprese.
In questo contesto diviene indispensabile
il monitoraggio, la verifica ed il contrasto
delle pratiche di abuso di posizione dominante.
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CNA sulla riforma del sistema pensionistico
Qualche speranza e qualche perplessità, ma
tutto sommato un risultato moderatamente
soddisfacente. Questo è il giudizio complessivo
che la CNA esprime per l’incontro tra Parti
sociali e Governo, svoltosi a Palazzo Chigi
il 19 febbraio scorso, sulla riforma del
sistema pensionistico.
Viste le premesse da cui si partiva, cioè
il ventilato abbassamento dell’aliquota contributiva
per gli artigiani dal 20% al 17%, con le
evidenti conseguenze sul trattamento pensionistico
futuro, si è invece raggiunto un risultato
appunto moderatamente soddisfacente. La reazione
delle organizzazioni di categoria degli artigiani
e dei commercianti, che si sono detti pronti
a lasciare il tavolo se queste posizioni
fossero state, come sembrava, immodificabili
da parte del Governo, ha indotto il Ministro
Maroni a riprendere in mano le trattative
senza pregiudiziali forti in questo senso,
nonostante il Governo non avesse in effetti
alcuna proposta di aumento della contribuzione
dei lavoratori autonomi (come invece richiesto
dai sindacati). Alla luce di ciò si può affermare
che comunque qualche buon risultato è stato
ottenuto.
Per quanto riguarda le proposte avanzate
dal Governo, va apprezzata innanzitutto l’intenzione
di modificare lo “scalone” del 2008 riguardante
i requisiti per l’accesso alla pensione di
anzianità. La CNA aveva criticato fortemente
la norma contenuta nel disegno di legge in
discussione alla Commissione Lavoro del Senato
che prevedeva il passaggio secco, a partire
dal 2008, a 40 anni di anzianità contributiva
come requisito unico ed indispensabile per
richiedere la pensione di anzianità, salvo
potervi accedere con i precedenti requisiti
(35 anni di contributi e 57 anni di età –
58 per gli autonomi), ma con pesantissime
penalizzazioni. Il nuovo sistema proposto
lascia intatta la struttura della legge Dini
ed eleva l’età minima per la pensione di
anzianità, sempre dal 2008, a 60 anni tanto
per gli uomini che per le donne. Così da
quell’anno si potrà andare in pensione di
anzianità con 35 anni di contributi e 60
anni di età, oppure, in alternativa, con
40 anni di contributi indipendentemente dall’età.
Dal 2010 l’età minima dovrebbe essere portata
per i soli uomini a 61 anni (sempre con 35
anni di contribuzione) ed essa potrebbe essere
ancora elevata nel 2013, previa verifica.
Si tratta sempre di un aumento brusco di
tre anni (due per gli autonomi) del requisito
di età anagrafica a partire dal 2008, tuttavia
esso si presenta socialmente più sopportabile
e più equo, anche perché rispecchia l’aumento
della durata della vita media. Per gli artigiani,
inoltre, la nuova normativa è senz’altro
meno penalizzante, dato che per essi già
adesso l’età minima è fissata a 58 anni e
in generale vanno in pensione dopo i 60 anni.
Nessun impatto dovrebbe inoltre avere per
i lavoratori autonomi la riduzione da 4 a
2 delle finestre di uscita in pensione di
anzianità (per queste categorie la normativa
vigente già prevede due sole uscite all’anno).
Va anche apprezzato il meccanismo del silenzio-assenso
per il conferimento del TFR nei Fondi di
previdenza complementare, che dovrebbe da
una parte limitare il disagio che l’impresa
avrebbe dalla messa a disposizione del TFR
maturato da tutti i lavoratori e dall’altra
favorire il risparmio verso i Fondi chiusi.
Ciò non toglie che una parte cospicua dei
lavoratori adotterà il silenzio-assenso e
che, quindi, resta inalterata la necessità
di prevedere opportune e significative compensazioni
per le aziende, soprattutto quelle medio-piccole,
che si troverebbero private di una fonte
di autofinanziamento. Resta anche la necessità
di prevedere misure incentivanti specifiche
per i lavoratori autonomi per lo sviluppo
della previdenza complementare di queste
categorie, quali, ad esempio, l’eliminazione
per essi del limite annuo in percentuale
del 12% di detassazione del reddito di impresa
per gli accantonamenti nei Fondi.
Controverso è il giudizio sull’eliminazione
della decontribuzione per i nuovi assunti,
perché, se è vero che la norma, così come
era concepita, non era condivisibile in quanto
avrebbe portato in breve tempo allo sfascio
finanziario del sistema previdenziale, è
anche vero che c’è la grande necessità di
recupero di competitività per il nostro Paese,
anche attraverso la diminuzione del costo
del lavoro. La CNA ritiene, a questo scopo,
che sia più appropriato agire sulla riduzione
dell’IRAP, e non sulla contribuzione pensionistica,
almeno quando si devono garantire prestazioni
immutate.
Infine, qualche perplessità si nutre sul
sistema degli incentivi (32,70% in busta
paga in più) – che viene confermato e parte
da subito – per chi, pur avendo maturato
i requisiti per la pensione, decide di restare
al lavoro e rinvia il pensionamento. Se il
sistema è buono ed è vantaggioso per le casse
dell’INPS, non si vede perché esso non possa
essere esteso anche ai lavoratori autonomi,
le cui Gestioni previdenziali accusano deficit
via via crescenti.
In conclusione, una proposta di modifica
al disegno di legge di riforma delle pensioni
che, sulla base di quanto è emerso nella
riunione di Palazzo Chigi, non penalizza
particolarmente i lavoratori autonomi. Tuttavia,
solo l’esame attento dell’emendamento che
l’Esecutivo presenterà in Commissione Lavoro
del Senato potrà dare delle certezze sui
punti che, per ora, sono confortati solo
da un impegno formale del Governo. Un grande
lavoro dovrà poi essere svolto nel seguire
l’iter parlamentare del provvedimento, dato
che quanto finora non è entrato dalla porta
potrebbe entrare dalla finestra, e già giacciono
in Commissione parecchi emendamenti che non
trovano d’accordo la CNA, quali, ad esempio,
quelli tendenti ad aumentare la contribuzione
previdenziale dei lavoratori autonomi.
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