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15 Settembre, 2002
4 referendum per l’abrogazione parziale della Legge 40/2004
Appello di dirigenti della CGIL Lombardia per sostenere la partecipazione al voto e a votare SI

4 referendum per l’abrogazione parziale della Legge 40/2004 - “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”

Appello di dirigenti della CGIL Lombardia per sostenere la partecipazione al voto e a votare SI ai 4 referendum del 12 e 13 giugno 2005

Il 12 giugno si svolgeranno i quattro referendum abrogativi di parte della legge 40/2004 sulla procreazione assistita.

Noi, donne e uomini impegnati nel sindacato, convinti che i diritti che vanno nel senso di una migliore civiltà per le persone, nel lavoro e nella società, debbano essere la bussola di orientamento della nostra iniziativa, andremo a votare e voteremo SI a tutti e quattro i quesiti.

Andremo a votare perché non intendiamo rinunciare ad un nostro diritto.

Voteremo SI perché vogliamo cambiare una legge che interferisce con la libertà delle donne e degli uomini, che mette in discussione i principi di laicità dello stato e di libertà di ognuno, che fa arretrare le potenzialità della ricerca medica e che vuol decidere del desiderio di maternità e di paternità delle coppie, facendo prevalere la sofferenza sulla speranza.

La storia è purtroppo negativamente segnata dai comportamenti di chi ha creduto di poter proporre gerarchie tra le persone, cercando terreni fertili sui quali discriminarle sulla base del riconoscimento di diritti diversi, come ben sanno le donne.

L’art.1 della legge 40 ci riporta a quegli errori della storia, e lo fa riducendo l’umanità femminile sul piano reale, giuridico e simbolico quando sancisce che i diritti della madre sono equiparati ai diritti di chi potrà nascere, ma non è ancora nato.

Dicendo che il “concepito” ha gli stessi diritti, si dice in realtà che ne ha di più e, in caso di conflitto, impedendo alla madre di decidere liberamente e in piena coscienza, si fanno prevalere i supposti diritti del concepito.

Si dà così più valore ad una vita potenziale che ad una effettiva, già esistente ed incarnata nella donna e si mette pericolosamente in discussione il fondamento della stessa legge 194 sull’interruzione della gravidanza, che riconosce l’autodeterminazione della donna di fronte alla maternità.

Ma non basta, la legge 40 stravolge anche uno dei principi fondamentali della Costituzione Italiana, quello dell’uguaglianza dei sessi in materia di diritto oltre che il diritto a decidere di sé come fondamento di cittadinanza e di rispetto delle persone.

Il desiderio di maternità e di paternità deve potersi tradurre nel volere dei figli che abbiano opportunità positive; non si può obbligare a procreare nella certezza della sofferenza di chi viene la mondo.

La scienza offre, a noi donne e uomini del terzo millennio, la possibilità di decidere come combattere malattie a trasmissione genetica che oggi non danno speranze.

E’ incomprensibile perché lo stato voglia impedire che tutto ciò si traduca in benessere delle persone, e favorire invece pratiche che sono pericolose per la salute delle donne, e perché voglia colpire, anche con pesanti sanzioni, i medici che si dedicano a tale importante attività di ricerca.

Per questo vogliamo abrogare il divieto all’accesso alla fecondazione assistita per coppie non sterili, ma che hanno potenzialità di trasmissione di malattie.

Lo stesso significato ha la nostra volontà di abrogare il divieto alla fecondazione eterologa: non può essere la legge a formulare giudizi morali sul comportamento delle coppie.

Ed infine voteremo per l’abrogazione della norma che vieta la ricerca sulle cellule staminali embrionali-che presentano peraltro migliori possibilità di riuscita-perché la speranza non può limitarsi all’allungamento della vita dei malati, ma deve andare nella direzione di prevenire e guarire.

Vogliamo una ricerca e una sanità che curino le persone per farle vivere meglio, non che le facciano vivere per curarle.

Sappiamo che molte delle nostre affermazioni incontrano sensibilità morali e religiose diverse; non pretendiamo che la nostra sia l’unica idea della vita e della libertà ma pretendiamo, questo sì, la possibilità di scegliere in prima persona in fatto di morale, etica e fede religiosa e che non sia lo stato a farlo per tutti e tutte.

Ciò anche nel profondo rispetto della libertà di un pensiero religioso che crediamo non possa sentirsi rappresentato da obblighi normativi.

La funzione della legge è quella di riconoscere diritti e doveri uguali per tutti i cittadini, di definire regole e confini per favorire la convivenza civile e, nella fattispecie, di garantire la tutela della salute delle donne, non di stabilire chi può o non può accedere alla fecondazione assistita.

Così si vogliono condizionare le coscienze e creare cittadini con meno diritti.

Per questo crediamo che, qualunque sia la sensibilità di ognuno, riconoscere che quella dell’altro possa essere diversa, sia un esercizio di libertà.

15 aprile 2005

 


       



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