15 Settembre, 2002
I cinquemila armeni scampati al genocidio
«Mussa Dagh. Gli eroi traditi» di Flavia Amabile e Marco Tosatti

Di genocidi, ormai è assodato, la storia del
Novecento è stata protagonista e maestra; e tra i tanti, oltre a quello,
ampiamente conclamato e proclamato, degli ebrei ad opera di Hitler, un altro ha
avuto luogo, atroce e senza pietà, il primo in ordine cronologico e ideologico,
purtroppo vittima di un silenzio omertoso e legato a un nome dal suono strano,
quasi profetico: il Mussa Dagh.
Il Mussa Dagh è la “montagna di Mosè”, vicino Antiochia, la prima città
cristiana del mondo; e i protagonisti di questo eccidio sono stati nel lontano
1915 gli abitanti dei sette villaggi circostanti, 5000 armeni vittime della
persecuzione religiosa del governo turco, votato allo sterminio loro e di tutto
un popolo, peccaminoso responsabile di un'unica colpa: quella di essere
cristiano. E a scoprire un particolare momento di questa tragica vicenda è
giunto nelle librerie il saggio dei giornalisti Flavia Amabile e Marco Tosatti
“Mussa Dagh. Gli eroi traditi.” (Guerini e associati, 2005, pp.154, € 14),
nato da una curiosità degli autori, audaci indagatori di un'epopea mai scritta:
che fine hanno fatto gli armeni ribelli ai turchi provvisoriamente salvati dal
governo francese? Fu davvero lieto fine? O dobbiamo seriamente credere
all'esistenza di popoli votati all'infelicità?
Fondandosi sui pochi testi, tutti in armeno, in grado di rispondere a queste
domande, il libro ripercorre, attraverso la citazione dei documenti e con una
narrazione sapida e mai monotona, la storia dei cinquemila profughi scampati
all'eccidio e finiti sotto la “protezione” francese, di quella Francia che
li ha salvati, nutriti, curati, condotti a Port Said, ma che ben presto si
ritrova a non saper che fare di quei quattromila montanari, fieri, poco
malleabili, che parlano una lingua incomprensibile. Arruolati così nella
Legione Orientale in funzione antiturca, dopo aver conquistato l'Arara e
sconfitto i nemici, essi ritorneranno nella loro terra promessa, là, sotto il
Mussa Dagh, per assistere, ironia della sorte, al più grande dei tradimenti: un
esilio forzato voluto dagli “amici” francesi, deciso da Parigi e avente come
meta un nome, largamente ignoto allora e poco conosciuto anche adesso: Anjar,
una spianata vasta e nuda, lungo le pendici dell'Antilibano, al confine con la
Siria.
Da lì, concludono gli autori, per decenni questi armeni, antichi eroi del Mussa
Dagh, hanno sospirato la loro casa, ricordando l'impresa eroica del 1915 e
maledicendo quella jihad che voleva convertirli all'islamismo e sfruttare la
fede a scopi genocidari. E contemporaneamente esecrando tutte le guerre di
religione, giù a ritroso nel tempo fino alla prima, quella condotta da
Massenzio, aspirante imperatore romano, contro il suo rivale Costantino, il
quale sbandierava una triste insegna con croce rossa in campo bianco…
Silvana La Porta
 
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