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15 Settembre, 2002
L’Europa della moneta - l’Europa dei diritti
PdCI Cremona: «Acessibilità per i disabili applicato a tutte le forme dell’interazione sociale»

Egregio Direttore

A quanto pare l’Europa della moneta unica non basta, bisogna costruire senza indugio l’Europa dei diritti rendendo più sicura questa casa traballante per le decine di milioni di Europei colpiti da una qualsiasi forma di disabilità. La casa dei diritti in questo caso è angusta e quindi scomoda. Eppure timidamente qualcosa sembra si stia movendo, l’Europa attraverso i suoi organismi deliberanti ha focalizzato l’attenzione sul concetto di accessibilità per i disabili applicato a tutte le forme dell’interazione sociale e ambientale e quindi della normale vita quotidiana.

Ostacoli architettonici, barriere culturali, sofferenza dei conti economici legati ad inaccettabili parametri di compatibilità, sono ostacoli sistematici e sono la principale esclusione dei disabili dall’agire quotidiano e che permetta loro di partecipare attivamente al progetto di costruzione di una vita dignitosa per sè e per gli altri. Nel nostro Paese poi mancano mezzi di trasporto accessibili, limitate sono le possibilità di istruzione, manca una adeguata ed efficace assistenza, insomma la persona che non possiede le sue complete facoltà fisiche non è una risorsa disponibile o un patrimonio la cui potenzialità sarebbe tutta da scoprire e valorizzare. Al contrario e qui sta la meschinità che è una delle barriere più difficili da superare, prevale la concezione che il disabile sia un peso, un freno, un problema. Non si ha tempo che per se stessi e per la salvaguardia del proprio effimero benessere, del proprio apparire, quindi non bisogna farsi distrarre o peggio attardare da coloro che devono condividere loro malgrado, i ritmi molto più blandi di una vita quotidiana resa complicata dalla insuperabilità di simili barriere culturali.

In Europa dicevo sembra vada diffondendosi un nuovo germe, quello della lotta alla discriminazione e per la prima volta tra questa ci si mette anche la disabilità. Mi auguro che tale germe contamini l’intera Europa. Meglio tardi che mai.

Finalmente sembra prevalere il concetto che l’accessibilità del vivere quotidiano e quindi della partecipazione è legato anche e soprattutto al concetto di mobilità. E qui sta il punto cruciale, il non godimento di questa possibilità pone un insormontabile ostacolo al godimento dei diritti dei “disabili”, pone di fatto un muro di mezzo tra il cittadino disabile ed il patto di cittadinanza scritto dai padri Costituenti di questo Paese, tutti uguali non solo davanti a Dio in un altro mondo ma anche e soprattutto di fronte al diritto ed alla concretezza di questo di mondo. L’handicap non è solo la condizione propria del disabile ma è una conseguenza anche di un rapporto frustrante ed invalidante con la società e l’ambiente. La possibilità di un cittadino di avere una funzione nella Società in cui vive dipende anche e molto dalla capacità della società stessa di adattarsi agli individui e quindi alle loro differenze, alle loro specificità e di conseguenza anche alle loro limitazioni fisiche che fanno definire una persona “disabile”. In questo campo c’è molto da fare a cominciare proprio dalla sensibilità di ognuno di noi ma anche e soprattutto dagli Enti che devono curare gli aspetti procedurali e che devono sempre essere allertati in questo senso. Essi devono fare in modo che tutti i progetti nuovi o di ammodernamento di servizi ed infrastrutture debbano rispondere alla esigenza della accessibilità per tutti, non solo mettendo a norma, che è già qualcosa anche se molto riduttivo ma inserendo questo modo di procedere in un progetto organico di città e di ambiente armonioso e sano.

Eppure nonostante tutte queste considerazioni sacrosante il nostro governo, cosi attento ed intransigente rispetto alla vita che verrà, per mano del ministro Maroni emana la circolare del Ministero del lavoro del 21 febbraio 2005 che modifica il computo delle quote di riserva per l’assunzione al lavoro delle persone disabili. Questa nuova circolare interpreta negativamente il contenuto dell’ art.18 della legge 68/99 limitando pesantemente la platea dei lavoratori su cui applicare le quote di riserva e quindi le opportunità di lavoro in favore dei cittadini disabili. Per avere gridato per mesi il proprio amore per la vita ed in difesa della vita non c’è male. O forse sbaglio io perché la vita di un disabile forse non è vita, almeno non è confrontabile con quella dell’embrione di cui tutti dovremmo avere o abbiamo grande rispetto.

Angelo Ongari

 


       



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