15 Settembre, 2002
11 settembre 2005:Marcia Perugia-Assisi
«Mettiamo al bando la miseria e la guerra. Riprendiamoci l’Onu»
Presso le Acli di Cremona (0372 800421) sono aperte le iscrizioni (entro il 3
settembre) per la partecipazione alla marcia per la pace Perugia-Assisi che si
terrà domenica 11 settembre.
La trasferta sarà effettuata in pullman con partenza la domenica alle ore
0,30 sul piazzale antistante la sede dei Vigili Urbani di piazza della Libertà
a Cremona. Rientro a Cremona in tarda serata.
Promuovono: Pax Christi, Circoscrizione Locale Soci Banca Etica, Emergency,
Acli.
Mettiamo al bando la miseria e la guerra. Riprendiamoci l’Onu.
Io voglio. Tu vuoi. Noi possiamo.
APPELLO
Dal 14 al 16 settembre 2005 i Capi di stato di tutto il mondo si riuniranno a
New York per decidere, a cinque anni dalla Dichiarazione del Millennio, quali
nuovi impegni assumersi per migliorare la vita nel pianeta, lottare contro la
povertà, promuovere la pace e la sicurezza, difendere i diritti umani e l’ambiente,
riformare l’Onu. Un’agenda troppo importante per essere lasciata nelle mani
degli stessi governi che, in buona misura, sono responsabili delle drammatiche
condizioni in cui versa l’umanità e della grave crisi delle Nazioni Unite.
Per questo invitiamo tutti, ragazze e ragazzi, donne e uomini, movimenti e
organizzazioni della società civile, Comuni, Province e Regioni a partecipare
alla Marcia Perugia-Assisi per la giustizia e la pace che si svolgerà domenica
11 settembre. Ancora una volta hanno promesso e non hanno mantenuto gli impegni.
Non restiamo in silenzio! Potevano salvare la vita di centinaia di milioni di
persone. Costringiamoli a farlo ora!
Vieni anche tu indossando una maglietta bianca. Insieme creeremo la fascia
bianca vivente più lunga del mondo. Una fascia bianca (simbolo dell’impegno
mondiale contro la povertà) con un messaggio chiaro: mettiamo al bando la
miseria e la guerra. Riprendiamoci l’Onu. Io voglio. Tu vuoi. Noi possiamo.
* * *
Il mondo è sempre più affamato, disperato, violento e violentato. Crescono
la miseria, le malattie, le disuguaglianze e l’ingiustizia che le alimenta.
Crescono lo sfruttamento e la spoliazione dei paesi ricchi a danno di quelli
più poveri. Cresce il degrado ambientale e la competizione per le risorse
naturali. Insieme con la globalizzazione cresce la criminalità internazionale.
Crescono l’illegalità e l’impunità. Crescono anche i traffici di droga, di
rifiuti tossici, di esseri umani, di armi leggere e pesanti. La guerra, l’uso
della forza militare è tornata al centro delle relazioni internazionali.
Sebbene in tutto il mondo si stia affermando l’idea della sicurezza umana,
continuano ad imporsi dottrine militariste di sicurezza nazionale. E’
ricominciata la corsa al riarmo e con essa sono in continuo rialzo le spese
militari. Si moltiplicano gli atti di terrorismo seminando angoscia e
disperazione. Allo stesso tempo la cosiddetta “guerra al terrorismo” produce
nuovi conflitti, orrori e violazioni dei diritti umani. I signori della guerra e
del terrorismo hanno trasformato l’informazione in un campo di battaglia: per
imporre la propria agenda e la propria volontà usano la menzogna, la
deformazione della realtà, lo stravolgimento dei fatti e della verità. La
lotta al terrorismo sta spostando l’attenzione e le risorse del mondo dalle
principali cause d’instabilità come la povertà, le malattie infettive, il
degrado dell’ambiente e la crisi delle risorse naturali.
Ci sarebbe bisogno dell’Onu ma l’Onu è sotto attacco, sempre più
indebolita, delegittimata e marginalizzata. I suoi poteri, le sue risorse e le
sue funzioni sono stati drammaticamente ridotti. L’unilateralismo dei più
forti e un’incontrollata globalizzazione stanno mettendo da parte la sola “casa
comune” dell’umanità. Allo stesso tempo importanti decisioni politiche ed
economiche continuano ad essere assunte in sedi e istituzioni internazionali
prive dei necessari principi, valori, legittimazione e controllo democratico.
Spesso i governi che controllano e gestiscono l’Onu non mantengono nemmeno gli
impegni politici ed economici che hanno volontariamente sottoscritto (come sta
avvenendo con gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio); violano i diritti umani
e gli stessi principi di legalità e di democrazia internazionale che proclamano
nei loro discorsi e nelle loro risoluzioni; procedono nella gestione degli
affari internazionali senza tener in alcun conto le proposte che la società
civile mondiale continua ad avanzare. Alcuni, addirittura, stanno palesemente
tentando di imporre all’Onu la dottrina della guerra preventiva.
Milioni di persone e migliaia di organizzazioni della società civile ed enti
locali sono impegnati in tutto il mondo per denunciare, arrestare e invertire
questi processi. Nonostante la sordità e l’opposizione di molti governi e
poteri economici, le loro lotte e il loro costante lavoro quotidiano stanno
costruendo un argine al disordine internazionale, favorendo l’incontro di
civiltà, gettando le basi di una nuova cittadinanza planetaria, promovendo un’economia
di giustizia e la democrazia, difendendo i diritti umani, i beni comuni e l’ambiente.
Insieme a loro, domenica 11 settembre 2005, rinnoviamo il nostro impegno
concreto per la giustizia e la pace, per costruire un nuovo mondo più giusto,
pacifico e democratico per tutti. Io voglio. Tu vuoi. Noi possiamo.
* * *
Mettiamo al bando la miseria.
Non ci sono più scuse. La miseria non è un fenomeno naturale ma la più
crudele delle ingiustizie. Essa cresce in un'economia organizzata per il
profitto di pochi anziché per il benessere di tutti, che mette il mercato al di
sopra delle persone e che privilegia la competizione selvaggia anziché la
cooperazione, i profitti resi possibili dalle disparità anziché la riduzione
di esse; le rendite finanziarie e i guadagni speculativi anziché la produzione;
la crescita quantitativa dell'economia anziché la qualità e la distribuzione
dei beni e dei servizi; lo sfruttamento della natura e dell'ambiente anziché la
loro protezione. I poveri sono la maggioranza sulla terra e la miseria li uccide
ad ogni istante, anche quando le pistole sono silenziose. La Dichiarazione
Universale dei Diritti Umani riconosce a tutti il diritto ad un tenore di vita
dignitoso; il diritto al cibo, al vestiario, alla salute, alle cure mediche, all’abitazione,
all’istruzione, al lavoro. La miseria è la più grande ed estesa violazione
dei diritti umani. Per questo deve essere messa al bando. Sradicare la miseria
è possibile e deve essere il primo impegno di tutti i politici e di tutte le
istituzioni. Le risorse e le conoscenze per farlo non mancano. Raggiungere gli
Obiettivi di Sviluppo del Millennio non è un optional: é il minimo che si
possa fare per cominciare a ripagare il nostro debito di giustizia con il mondo
e per mettere un freno alla crescente instabilità internazionale. Nessun
esercito, nessun muro, nessun fossato potranno garantire la nostra sicurezza se,
intorno a noi, continueremo a lasciar crescere miseria e disperazione. Sempre
più la nostra pace e la nostra sicurezza dipendono non dai nostri muscoli o dal
nostro buon cuore, ma dal nostro impegno per la giustizia, per la rimozione
delle cause e delle istituzioni dell’ingiustizia.
Mettiamo al bando la guerra.
La guerra è proibita dalla Carta delle Nazioni Unite, dal diritto
internazionale, dalla morale e, alla luce della storia drammatica degli ultimi
anni, anche da un sano realismo. La guerra non ha senso perché è ormai chiaro
che anche una guerra vinta non chiude il conflitto che voleva risolvere: lo
riapre in forme ogni volta più terribili. Nessuna delle guerre intraprese dalla
fine della guerra fredda, con le più diverse motivazioni, può dirsi conclusa.
La puoi chiamare come vuoi, giusta, umanitaria, preventiva, inevitabile: il
risultato non cambia. La guerra non risolve i problemi: li complica. La difesa
dei diritti umani, delle persone e dei popoli, che ci viene fatto obbligo di
esercitare richiede ben altri strumenti, tempi e modalità. Nessuno può
permettersi di usarla strumentalmente per i propri interessi. Se è vero che la
libertà e la giustizia non si conquistano con il terrorismo è altrettanto vero
che il terrorismo non si vince con le bombe. Per questo, insieme ai familiari
delle vittime dell’11 settembre, denunciamo l’assurda pretesa di chi afferma
di voler fermare la violenza con altra violenza. La guerra è una risposta
sbagliata, inefficace, illegale, pericolosa e va messa al bando. Gridiamolo
insieme: mai più guerra, mai più terrorismo, mai più violenza.
Riprendiamoci l’Onu.
Il futuro dell’Onu ci riguarda tutti. Non ci sono diritti umani senza
istituzioni internazionali, democratiche e indipendenti, capaci di farli
rispettare. L'Onu è malandata ma se non ci fosse dovremmo inventarla. I
responsabili della sua profonda crisi portano i nomi e i cognomi dei governi che
la controllano. L’Onu di cui abbiamo bisogno deve essere più forte e più
democratica, trasparente e partecipata, aperta alla collaborazione permanente
con la società civile mondiale, con gli Enti Locali e con i Parlamenti, capace
di prevenire lo scoppio di nuovi conflitti armati e di promuovere il disarmo,
impegnata a difendere il diritto internazionale dei diritti umani e a mettere al
bando la guerra, decisa a riconquistare una centralità politica nel campo
sociale, ambientale ed economico (i tre pilastri fondanti del concetto di
sviluppo sostenibile), impegnata, insomma, a promuovere davvero “tutti i
diritti umani per tutti”. A sessant’anni dalla sua fondazione, dopo oltre
quindici anni di dibattiti, gruppi di lavoro, comitati di saggi, rapporti e
raccomandazioni è necessario riconoscere che nessuna riforma positiva delle
Nazioni Unite sarà possibile senza una forte pressione della società civile
mondiale. Il 2005 deve essere l’anno in cui prende avvio una grande
mobilitazione per salvare, democratizzare e rafforzare le Nazioni Unite e, più
in generale, per costruire un nuovo ordine mondiale pacifico, giusto e
democratico. La convocazione di una “Convenzione universale per la
democratizzazione e il rafforzamento delle Nazioni Unite” può essere il primo
obiettivo concreto. Riprendiamoci l’Onu. E’ nostra. E’ dei popoli. Di
tutti i popoli.
* * *
Ripartiamo dall’Italia.
L’Italia occupa un posto importante nel mondo. In nome dei propri valori,
della propria Costituzione, della vocazione europea che condivide, della cultura
che custodisce, della società civile che la arricchisce potrebbe fare cose
importanti per sé e per tanta parte dell’umanità. E invece, da tempo, il
nostro paese è diventato un problema per il mondo. E la sua credibilità
internazionale è al minimo storico. E’ scandaloso che l’Italia, a causa dei
continui tagli dei fondi alla cooperazione internazionale, sia scivolata all’ultimo
posto nella classifica dei paesi donatori in Europa e in occidente. Altrettanto
scandaloso è il modo in cui i pochi fondi disponibili vengono gestiti, la
mancata cancellazione del debito dei paesi impoveriti, l’adesione del governo
italiano alla dottrina della guerra preventiva, la ripetuta violazione della
Costituzione e del suo articolo 11, gli ostacoli frapposti alla costruzione di
una politica europea di pace, il continuo aumento delle spese militari, il duro
colpo inferto alla legge per il controllo del commercio delle armi, il grave
atteggiamento assunto nei confronti dei rifugiati e degli immigrati,… Tutto
ciò è ancora più insopportabile se si considera che la grande maggioranza
degli italiani ha dato continua e chiara dimostrazione di avere tutt’altri
principi e orientamenti sulla lotta alla miseria, sulla guerra, sulla
cooperazione, la giustizia e la democrazia internazionale.
Un cambiamento radicale è necessario e urgente. Alcuni paesi europei hanno
già cambiato direzione. Perché non deve farlo l’Italia? Le conseguenze delle
crescenti disuguaglianze e tensioni internazionali non risparmiano il nostro
paese. Quello che non investiamo oggi nella prevenzione e nella giustizia
pagheremo cento volte in più domani per fronteggiare insicurezza e
instabilità.
Per questo, domenica 11 settembre, alla vigilia del vertice delle Nazioni
Unite, in occasione della giornata mondiale di mobilitazione contro la povertà,
la guerra e l’unilateralismo lanciata dal Forum Sociale Mondiale di Porto
Alegre, insieme a milioni di cittadini di tutto il mondo aderenti all’Appello
mondiale all’azione contro la povertà, noi marceremo da Perugia ad Assisi per
chiedere, ancora una volta, al Governo, al Parlamento e a tutti i responsabili
della politica italiana di:
1. attuare, senza ulteriori scuse, gli impegni assunti per sradicare la
povertà, costruire un’economia di giustizia e raggiungere, entro i tempi
stabiliti, gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, con politiche e misure
sostenibili, coerenti, trasparenti e rispettose dei diritti umani che vedano il
pieno coinvolgimento degli Enti Locali e della società civile;
2. promuovere un commercio più equo modificando radicalmente la politica
europea dei sussidi per l’agricoltura, assicurando il diritto alla sovranità
alimentare dei popoli, riconoscendo il legame tra produttori e territorio,
assicurando ai produttori dei paesi più poveri l’accesso ai nostri mercati,
condividendo i frutti della conoscenza globale, promuovendo l’occupazione, i
diritti fondamentali dei lavoratori, la difesa dell’ambiente e il
trasferimento delle tecnologie sostenibili ai paesi poveri;
3. cancellare senza ulteriori inganni il debito estero dei paesi impoveriti,
applicando per intero la legge 209 del 2000, e rivedere il sistema di
concessione dei crediti che genera processi insostenibili di indebitamento;
4. aumentare fino allo 0,7% del PIL le risorse destinate alla cooperazione
internazionale, al netto delle operazioni di cancellazione del debito, fissando
un piano pluriennale rapido, chiaro ed efficace, senza imporre ai paesi
beneficiari di comprare il “made in Italy”;
5. definire, insieme alla società civile e agli Enti Locali, una nuova legge
per una seria politica italiana di cooperazione allo sviluppo efficace,
partecipata e coerente con gli obiettivi di sviluppo sostenibile democratico;
6. ritirare le nostre Forze armate dall’Iraq e da tutte le missioni
militari realizzate in violazione dell’articolo 11 della nostra Costituzione e
della Carta dell’Onu, ridurre le spese militari e il commercio delle armi,
promuovere il disarmo e la riconversione dell’industria bellica utilizzando le
risorse economiche risparmiate nella lotta alla miseria e al perseguimento degli
Obiettivi di Sviluppo del Millennio;
7. costruire un’Europa di pace, autonoma e indipendente, determinata a
costruire un mondo più giusto, pacifico e democratico, decisa a combattere la
povertà promuovendo un’economia di giustizia, a ripudiare la guerra e a
contrastare ogni piano di “guerra infinita”, di “scontro di civiltà” o
di terrorismo per costruire nel Mediterraneo, nei Balcani e nel Medio Oriente
una comunità di pace, a saldare il suo debito storico con l’Africa e i suoi
popoli;
8. salvare, democratizzare e rivitalizzare l’Onu restituendogli la
centralità che deve avere nel sistema multilaterale, promuovendo una
Convenzione Universale sul futuro dell’Onu, aprendo le sue porte alla società
civile organizzata, in tutte le sue diverse espressioni, agli Enti Locali e ai
Parlamenti e assicurandogli i poteri e le risorse necessarie per: prevenire le
guerre e risolvere pacificamente i conflitti aperti; difendere e promuovere
tutti i diritti umani per tutti e dare efficacia alla giustizia penale
internazionale; intervenire adeguatamente sui problemi dell’ambiente, dell’economia
mondiale (beni pubblici globali, finanza, commercio, debito,…) e promuovere
regole e istituzioni internazionali più giuste, democratiche e trasparenti;
promuovere il disarmo generalizzato e la messa al bando di tutte le armi di
distruzione di massa;
9. promuovere il cambiamento radicale del Fondo Monetario Internazionale,
della Banca Mondiale, dell’Organizzazione Mondiale del Commercio e delle altre
istituzioni associate e il loro inserimento nel sistema delle Nazioni Unite in
modo da assicurare il rispetto dei diritti umani, del diritto internazionale,
dei principi e degli obiettivi dell’Onu;
10. promuovere una più corretta e ampia informazione pubblica sui grandi
problemi del nostro tempo e sulle possibili soluzioni, sugli obiettivi di
sviluppo del Millennio, per sviluppare l’educazione permanente alla pace e ai
diritti umani attivando in particolare le risorse, gli spazi e le competenze del
servizio pubblico radiotelevisivo.
La Marcia Perugia-Assisi dell’11 settembre vuole ricordare ai governi e ai
potenti della terra che la stagione delle promesse è finita. Questo è il tempo
delle azioni. Non attuarle è da irresponsabili. La sesta Assemblea dell’Onu
dei Popoli e la seconda Assemblea dell’Onu dei Giovani, convocate
rispettivamente a Perugia e a Terni dall’8 al 10 settembre prima della Marcia,
contribuiranno a rafforzare l’impegno diretto della società civile e degli
Enti Locali. Non possiamo restare alla finestra. Non possiamo evitare le nostre
responsabilità. Non ci possiamo permettere un altro fallimento.
Vieni anche tu indossando una maglietta bianca. Insieme creeremo la fascia
bianca vivente più lunga del mondo. Una fascia bianca (simbolo dell’impegno
mondiale contro la povertà) con un messaggio chiaro: mettiamo al bando la
miseria e la guerra. Riprendiamoci l’Onu. Io voglio. Tu vuoi. Noi possiamo.
Perugia, 2 luglio 2005
Per adesioni e informazioni:
Tavola della Pace
via della viola 1 (06100) Perugia  
www.tavoladellapace.it
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