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 Dal Mondo

15 Settembre, 2002
Bosnia Herzegovina: un paese con tre biografie
Bambini della stessa età studiano tre versioni diverse della storia

Sui libri di testo della Bosnia Erzegovina bambini della stessa età studiano tre versioni diverse della storia (istorija/ historija/ povijest), a seconda della nazionalità di appartenenza. Il settimanale sarajevese DANI analizza tre libri di storia per la terza media

Di Amer Obradovi (titolo originale Jedna duša a nas troje)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak

Dicono che scrivere la storia sia un lavoro del diavolo. Si tratta di una scienza di cui si afferma che è scritta dai vincitori, che è soggetta ai miti, allo storcimento dei fatti, che è ideale per risvegliare le passioni nazionali... Come chiamare allora “gli eroi” che osano scrivere un libro di testo di storia in un Paese dove non ci sono i vincitori, dove l'istruzione è divisa prima in due entità e nel Distretto di Brcko, e poi nella Federazione in altri dieci cantoni, e in questi dieci lo stesso problema è affrontato in modo diverso?
Nella BiH ci sono scuole dove i bambini della stessa età, ma in classi diverse (più spesso su pianerottoli diversi), studiano secondo programmi diametralmente opposti. Nonostante il fatto che la comunità internazionale, qualche anno fa, abbia cancellato col pennarello le parole che avrebbero potuto offendere gli altri, come: aggressione, guerra di saccheggio, vandalismo, cetnico, balia, ustascia... le differenze maggiori si trovano ancora nel gruppo delle cosiddette materie nazionali, dove al primo posto c'è la istorija o historija oppure povijest (il termine che indica “storia”, varia col variare della nazionalità e della relativa lingua usata, ndt.). Ecco, per esempio, cosa imparano i bambini dell'ottava classe (la terza media, ndt.), cioè della nona classe in Republika Srpska, dai libri di testo di storia a Dobrinja IV, a Dobrinja III e a Kiseljak.
Già durante le prime lezioni a Dobrinja IV, gli insegnanti, che insegnano secondo il libro per la 9° classe, dell'autore Ranko Pejic, sugli inizi della Prima guerra mondiale diranno agli studenti: “Un membro dell'organizzazione Mlada Bosna, il ginnasiale Gavrilo Princip, con un colpo di pistola colpì Francesco Ferdinando. La seconda pallottola, destinata al generale Oskar Pocorek, colpì la moglie di Ferdinando, Sofia. L'Austro-Ungheria accusò la Serbia per l'attentato, nonostante non avesse alcuna prova che il governo serbo sapeva dell'attentato.”
Soltanto un centinaio di metri più in là, dall'altra parte della frontiera tra le entità, a Dobrinja III, i bambini che studiano secondo un altro programma, secondo il libro di Muhamed Ganibegovic, edito da “Svjetlost”, sull'attentato si Sarajevo sapranno quanto segue: “L'Austro-Ungheria usò tale atto terroristico come motivo per fare i conti con la Serbia”, e i colleghi di Ganibegovic, Zijad Sehic e Zvjezdana Marcic-Matosovic, che hanno scritto il libro di testo per un'altra casa editrice - “Sarajevo Publishing”- hanno scritto: “L'attentato fu fatto da Gavrilo Princip con l'aiuto di altri membri della Mlada Bosna, sostenuti nell'attività nazionale rivoluzionaria dalle organizzazioni della Serbia.”
Gli autori Hrvoje Matkovic, Bozo Goluza e Ivica Sarac in Storia (Povijest) per la terza media, che in copertina riporta il Ponte Franjo Tudjman di Capljina (!?), hanno evitato abilmente il ruolo storico di Gavrilo, scrivendo succintamente sull'attentato.
Però, questo trio nel capitolo successivo ha scritto a tutto spiano: “sullo spargimento di sangue a Piazza Jelacic ban, sul raggruppamento politico e partitico dei croati, sulla politica croata nella lotta contro il centralismo e l'egemonia della grande Serbia”. Sono state citate le parole di Radic: “Noi vogliamo la repubblica croata dei contadini, e i Serbi se vogliono la monarchia, sia benedetto il loro re, che la abbiano”.
I bambini dello “storico” Pejic, d'altra parte, studiano in modo dettagliato l'attentato ad Aleksandar Karadjordjevic, avvenuto nel 1934 a Marsiglia, in Francia, organizzato dall'emigrazione politica degli ustascia e da quella macedone: “Gli organizzatori dell'attentato sono il leader degli ustascia Ante Pavelic e alcuni politici della Ungheria, Germania e dell'Italia, ai quali non era gradita la politica pacifista del re e l'amicizia fra la Jugoslavia e la Francia. L'assassinio del nostro re è la prova di una crescente politica aggressiva delle forze fasciste in Europa. Il re Alessandro fu la prima vittima del fascismo.” Tutto ciò assomiglia allo scenario di una puntata dei Nadrealisti in cui i piccoli bambini serbi dell'asilo “Slozna braca” (“Fratelli in armonia”, ndt.) chiedono all'insegnante: “Uros, in che modo hanno assassinato il nostro re?”, e Uros risponde: “in modo vile e a tradimento”
Il trio croato sunnominato sostiene che il re sia stato assassinato dalla “emigrazione degli ustascia” e non una parola di più sull'attentato, mentre su quell'altro attentato, quello al Parlamento popolare nel 1928 contro Stjepan Radic, Pavle Radic e a Djuro Basaricek esistono interi capitoli. Hanno scritto persino che al corteo funebre di Pavle Radic e di Djuro Basaricek “c'erano 250 corone”.
I bambini, però, né dalla storia di Ganibegovic né dalla storia firmata da Sehic e Marcic-Matosovic riescono ad imparare qualcosa sulla morte poco chiara di Mehmed Spaho, per molti anni il leader del JMO (Organizzazione dei musulmani jugoslavi, ndt.), avvenuta nel 1939 a Belgrado - probabilmente per non mettere in ombra il primo presidente della Presidenza della BiH indipendente. Sull'accordo Cvetkovic-Macek del 1939, Ganibegovic scrive: “L'accordo e la soluzione della 'questione croata' sono stati fatti a spese della Bosnia ed Erzegovina, e in modo particolare sul conto dei Musulmani bosniaci.” Di nuovo, i bambini di Kiseljak dall'insegnante che insegna secondo il programma “croato”, a proposito di questo accordo non sentiranno neanche una parola sgradevole - si dice che fra i Serbi, fra i Musulmani e fra i Croati c'era chi si opponeva, ma si constata che “la banovina Croazia sorse sui territori dove viveva il popolo croato all'interno dello stato jugoslavo”. E Pejic nella RS insegna ai bambini che: “L'accordo Cvetkovic-Macek di fatto creò lo stato della Croazia.”
Ogni autore tratta gli argomenti su Josip Broz Tito, su Ante Pavelic, su Draza Mihajlovic e sulla Seconda guerra mondiale sotto un'angolatura nazionale: i criminali sono gli altri - noi siamo le vittime. Come se tutto fosse scritto sotto lo slogan: “A loro i loro, a noi i nostri!” Mentre la storia recente è un'altra speciale “leccornia'”. Nel capitolo La guerra in BiH e la formazione della RS, Pejic afferma che “SDA e HDZ si sono uniti nello sfacelo della Jugoslavia”, e sulla separazione della BiH dalla Jugoslavia scrive: “All'inizio del 1992 i leader musulmani (bosgnacchi) e i leader croati, senza il consenso e la partecipazione del popolo serbo, tennero il referendum nel quale una relativa maggioranza di elettori croati e musulmani si espresse per la separazione della BiH dalla Jugoslavia, e a favore di uno stato indipendente. Già il 12 aprile 1992 giunse, con sorpresa del popolo serbo, il suo riconoscimento internazionale ed iniziò la guerra.” Non una parola su Srebrenica, Sarajevo, Trnopolje...
Dalla parte ovest si ingrandisce Franjo Tudjman, come persona che è stata la base di una forte “resistenza ai sempre più violenti attacchi dello sciovinismo serbo nel tentativo di prendere i territori croati”, e si giustifica l'“Herceg-Bosna”. “Negli atti di fondazione della HZ HB e HVO non ci sono tendenze separatiste.” Non una parola su Dretelj, Vranica, Stari most...
La storia di Ganibegovic, così come la storia di Sehic e di Marcic-Matosovic, si conclude il 22 maggio del 1992, quando la RBiH fu accettata dall'ONU. Non una parola su Srebrenica, Dretelj, Kazani...
Probabilmente qua è così, la storia è una scienza con la data di scadenza - prima di ogni guerra inizia a cambiare, durante la guerra (onore alle eccezioni) serve anche come arma malvagia, e dopo gli scontri, come mezzo per mantenere le conquiste della guerra. Le verità storiche non possono essere il capriccio di nessuno. Perché di nuovo ci si ”spaccherà la testa”.
[segue - link in fondo pagina - red.]

 


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