15 Settembre, 2002
Le Primarie, la partecipazione democratica e il nostro no alla truffa elettorale
Incontro con Stefano Ceccanti - Lunedì 3 ottobre ore 21 Sala Rodi - Con allegato un articolo sulla controriforma elettorale della destra
Comitato ‘Cremona per l’Ulivo’
LUNEDI’ 3 OTTOBRE 2005 ORE 21
Sala Rodi - Piazza Giovanni XXIII - Cremona
Le Primarie, la partecipazione democratica e il nostro no alla truffa elettorale
Incontro con
STEFANO CECCANTI
Docente di Diritto Costituzionale Italiano
Università di Bologna e di Roma-La Sapienza
Coordina
Anna Grimaldi
Presidente Comitato ‘Cremona per l’Ulivo’
Introduce
Deo Fogliazza
Esecutivo nazionale Cittadini per l’Ulivo
L’incontro è aperto a tutta la cittadinanza
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Alle Primarie il 16 ottobre
andiamo a votare in tanti
e votiamo per
ROMANO PRODI
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Ritorno al proporzionale. Interessi di bottega
“Il Secolo XIX” del 29 settembre 2005
di Stefano Ceccanti
A cosa serve la riforma elettorale? Non certo ad aumentare la governabilità.
Un modello in cui il bipolarismo è riservato solo al vertice della piramide, il Premier indicato, mentre alla base domina la competizione tra alleati (non più solo per il 25% dei seggi alla camera, ma per tutti i seggi), ammesso e niente affatto concesso che tenga sotto il profilo della stabilità, promette più lacerazioni nelle coalizioni.
Esattamente il contrario di ciò di cui avremmo bisogno.
Perché allora? C’è una ragione di lungo periodo.
Nel 1996 Berlusconi fu scioccato dallo scoprire che una parte degli elettori del centro-destra non ce la facevano a convergere sui candidati unitari nel maggioritario.
Vinse sul proporzionale, ma perse (in voti e in seggi) sul maggioritario (che pesa per tre quarti) e Prodi andò al Governo.
In tutte le elezioni la Cdl perde sempre qualche punto nel passaggio tra proporzionale e maggioritario e l’Unione fa il contrario.
Non a caso il sistema elettorale proposto oggi era di fatto già prefigurato dalla riforma costituzionale della Cdl (quella che ha dentro anche la devolution) che prevede il Premier indicato e un sistema che favorisca la creazione di una maggioranza elettorale a lui legata.
Ma si può sensatamente anticipare una riforma elettorale facendola slittare avanti rispetto a quella costituzionale che ovviamente verrebbe prima?
Evidentemente no, quanto meno per due buoni motivi. Il primo è che, senza cambiare prima la Costituzione, alcune norme introdotte sono contrarie alla Costituzione ancora vigente.
Un conto è, ad esempio, mettere come nel 2001 sulla scheda un’indicazione politica i cui si dichiara il premier che si sosterrà: politica e non vincolante l’indicazione, altrettanto politica la scelta di votare o no il candidato nel collegio che lo preannuncia.
Tutt’altro caso è indicare politicamente un Premier al momento del voto (senza quindi poterne garantire la nomina e la durata) e ricavarne la conseguenza giuridica di dare un premio in seggi su tale base.
I cittadini determinano l’elezione di alcuni deputati perché promettono quel Premier, ma poi la promessa può essere disattesa senza conseguenze.
Il secondo motivo, dove si incrociano ragioni di costituzionalità e di merito, è che mentre nella riforma costituzionale si può dare il potere di fiducia a una sola Camera, con quella elettorale no.
Pertanto la riforma prevede due premi distinti, uno alla Camera e uno al Senato, che potrebbero andare a due coalizioni opposte, entrambe con un candidato-Premier che ha fatto scattare il premio.
Per di più, visto che la Costituzione vigente stabilisce che il Senato è eletto “a base regionale” il testo è anche incostituzionale perché lo scatto del premio fa spostare i seggi dentro le Regioni: ad esempio un partito autonomista regionale molto votato potrebbe perdere i seggi conquistati nella Regione per far spazio ai seggi assegnati col premio.
Ampia materia che giustificherebbe ampiamente, nello sciagurato caso di approvazione, un rinvio motivato alle Camere da parte del Capo dello Stato più prudente del mondo.
Tuttavia è evidente che anche un tale sistema, così disastroso e incostituzionale, non sarebbe in grado da solo di far vincere la maggioranza.
Se lo scarto è così ampio, quanto appare in tutti i sondaggi veri, può solo essere ridotto. Ciò che muove la maggioranza, per quel poco di comune che appare, è appunto l’intento di ridurre il danno. Qualche voto in meno all’Unione eliminando il voto maggioritario, qualche seggio in più alla maggioranza mettendo il tetto del premio a 340 seggi quando i sondaggi oggi, col Mattarellum, gliene darebbero 380.
Ma si può paralizzare il Parlamento e produrre effetti potenziali così disgreganti per questo?
Possono alcuni titolari di alte cariche istituzionali appartenenti alla maggioranza rovinare così la loro fama di uomini di Stato per contribuire a esiti così di basso profilo?
 
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