15 Settembre, 2002
Lettera Aperta al Presidente della Repubblica
ARCI Cremona: «Vogliamo rendere pubblico omaggio a quel ruolo istituzionale di garanzia democratica sancito dalla Costituzione nata dalla Resistenza che Lei ha autorevolmente ricoperto in questi anni difficili per la democrazia italiana»
Signor Presidente ,
prima di tutto Le vogliamo porgere il nostro saluto affettuoso, partecipando
al caloroso Benvenuto a Lei oggi rivolto dall’intera comunità cremonese.
Vogliamo così rendere pubblico omaggio a quel ruolo istituzionale di
garanzia democratica per tutti i cittadini sancito dalla Costituzione nata dalla
Resistenza e dalla lotta di liberazione nazionale del nazifascismo, che Lei ha
autorevolmente ricoperto in questi anni difficili per la democrazia italiana.
Siamo cittadine e cittadini di questa terra cremonese e del Mondo intero;
donne e uomini, giovani e ragazze, lavoratori e studenti impegnati nelle mille
forme della cittadinanza attiva e della partecipazione democratica: dalla
aggregazione comunitaria all’animazione sociale, dalla formazione espressiva
alla promozione culturale, dalla solidarietà umanitaria alla lotta all’esclusione,
dalla convivenza interetnica alla cooperazione internazionale.
Siamo parte di una nuova Società Civile globale in movimento, della prima
generazione che sperimenta materialmente la sua dimensione planetaria, che
costruisce forme di relazione a misura dell’intera Umanità.
Siamo individui e gruppi, persone e reti informali, associazioni e comunità
di volontariato, organizzazioni sociali che animano un nuovo movimento dei
movimenti, dalla prima giornata mondiale dell’umanità contro la guerra alle
infinite forme diffuse di impegno quotidiano, dalle periferie desolate alle
metropoli dell’impero.
Tutti Diversi, Tutti Uguali: siamo quella moltitudine plurale e nonviolenta
nata dall’esperienza del Forum Sociale Mondiale, da Porto Alegre a Bamako,
attraverso Genova e Parigi, Londra e Bombay...
Ci battiamo pacificamente per l’affermazione di tutti i diritti umani per
tutti, contro la follia della guerra permanente e dello scontro di in/civiltà,
contro la barbarie di questa globalizzazione neoliberista autoritaria e
antisociale, che si impone al di fuori di ogni controllo democratico e di ogni
responsabilità sociale, calpestando vite e culture degli individui e dei
popoli, distruggendo ritmi e risorse della natura e del Pianeta.
Lavoriamo concretamente dal basso, dalle comunità locali, per la diffusione
e il radicamento di culture e pratiche di pace e nonviolenza, giustizia e
solidarietà, uguaglianza e libertà; consapevoli dei nostri limiti e delle
nostre contraddizioni, verso la costruzione di un altro mondo possibile e
necessario.
Ci rivolgiamo a Lei, Signor Presidente, fedeli allo spirito e alla lettera
della Costituzione della Repubblica, affinché con l’attivo sostegno
democratico dei cittadini, Ella possa farsene ancor più rigoroso garante,
riaffermando il carattere solidale dell’unità nazionale, la natura
partecipativa dell’assetto istituzionale, la dialettica equilibrata della
separazione dei poteri.
Facciamo appello a Lei, affinché possa farsi promotore della concreta
attuazione dei più alti principi affermati dalla nostra Carta Costituzionale:
- perché si interrompa la ripetuta violazione dell’articolo 11 “L’Italia
ripudia la guerra…”, restituendo al nostro Paese un ruolo internazionale di
pace, dialogo, promozione della cooperazione tra i popoli e gli stati a partire
dal bacino del Mediterraneo e dal Medioriente;
- perché in una Repubblica “fondata sul lavoro”, si sconfigga davvero il
dramma della disoccupazione e del lavoro nero e si interrompa la pericolosa
tendenza alla precarizzazione indiscriminata dei rapporti di lavoro,
riaffermando il pieno rispetto dei diritti e delle garanzie per tutti i tipi di
lavoratori, a partire dalla difesa del contratto collettivo nazionale di lavoro
al dovuto rinnovo del contratto dei metalmeccanici, al superamento della
condizione di sfruttamento legalizzato per milioni di giovani impiegati nei
cosiddetti lavori “atipici”;
- perché se “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale” che “impediscono il pieno sviluppo della persona umana
e la effettiva partecipazione di tutti i lavoratori”, i processi di riforma
dello stato sociale non si traducano in un sostanziale smantellamento del
sistema dei diritti di cittadinanza frutto di un secolo di lotte popolari e di
cinquant’anni di partecipazione democratica dei cittadini nelle loro
formazioni sociali per il progresso delle condizioni materiali di vita,
ricostruendo un quadro di copertura universale dei diritti civili e sociali a
partire da sanità, istruzione e previdenza;
- perché il sistema economico sia riorientato a finalità di utilità
generale per i cittadini e la collettività, impedendo la privatizzazione
selvaggia voluta dai grandi potentati finanziari e la riduzione a merce di nuovi
ambiti della vita e delle relazioni umane, a partire dalla preservazione dei “beni
comuni” di interesse generale (l’acqua innanzitutto), dalla garanzia del
carattere pubblico dei servizi essenziali, dal veto alla realizzazione di grandi
opere quando esse si rivelano inutili e dannose occasioni di speculazione,
devastanti per il territorio e le comunità locali;
- perché se “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili
dell’uomo” e “richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di
solidarietà politica, economica e sociale” si ponga fine alla vergogna della
condizione di cittadini-paria per milioni di migranti, dalle morti-fantasma
lungo le nostre coste alla reclusione arbitraria nei Cpt, alla
clandestinizzazione dell’esistenza nelle nostre città, affermando norme e
pratiche di accoglienza umanitaria e di inclusione sociale coerenti con la
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, a partire dall’affermazione del
diritto alla vita, dal diritto d’asilo a una nuova cittadinanza di residenza.
 
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