15 Settembre, 2002
In silenzio per farsi sentire: le ragioni dello sciopero dei giornalisti
WelfareCremona solidale con le ragioni dello sciopero
In silenzio per farsi sentire: le ragioni dello sciopero dei giornalisti
di Silvia Garambois **
I giornalisti scioperano. Di nuovo. Per farsi sentire sono costretti a tacere: carta stampata, on line, radio e tv, news sui telefonini, ma anche free lance e uffici stampa, oggi per i giornalisti è una giornata di silenzio. C'è un contratto da rinnovare, ma prima ancora c'è il proprio mestiere da difendere dalle pressioni della politica, dell'economia, del marketing. La posta in gioco è la qualità dell'informazione che viene offerta ai cittadini.
Una posta molto alta: nei giorni scorsi il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi è di nuovo intervenuto in difesa del pluralismo nell'informazione. Lo ha fatto parlando alle massime autorità istituzionali, così come nei mesi scorsi - utilizzando uno strumento costituzionale ma eccezionale - si era rivolto con il suo messaggio alle Camere. E in questi giorni è intervenuto anche il Papa: in un messaggio ai giornalisti romani, in occasione dei 125 anni di Stampa Romana (l'associazione tra giornalisti più antica, nata per difendere il diritto di cronaca e di critica ai tempi di Francesco Crispi) Papa Giovanni Paolo II ha esortato la stampa a «un rinnovato impegno culturale e professionale, sempre più attento alle esigenze della verità e della giustizia e posto costantemente a servizio della crescita delle persone e del progresso integrale della società».
Un concetto laico, di democrazia e libertà. Eppure, nonostante gli interventi delle massime autorità istituzionali e morali, la vertenza informazione è la più afona, ai professionisti della comunicazione sono spesso negati gli strumenti per raccontare cosa succede nei giornali, nelle radio, nelle tv, nelle redazioni, dove la «buona stampa» spesso latita e dove provvedimenti disciplinari, mobbing, flessibilità selvaggia, diventano strumento di controllo redazionale.
«La Federazione Italiana Editori Giornali - è scritto nelle motivazioni dello sciopero - non ha finora modificato in alcun modo la propria posizione di chiusura intransigente su temi fondamentali come la difesa dell’occupazione, l’applicazione delle leggi e dei contratti, il rispetto dei colleghi precari, il presente e il futuro dell’Inpgi, del Fondo di Previdenza Complementare e della Casagit (che sono gli istituti previdenziali propri della categoria,e che ne assicurano l'autonomia, n.d.r.), la riforma dell’ordinamento professionale». Ma se gli editori non hanno voluto aprire un tavolo di trattative anche dal «Governo non giungono segnali positivi - continua il documento del sindacato dei giornalisti - rispetto al confronto aperto sui temi della previdenza di categoria, del lavoro dei giornalisti, dei rapporti tra informazione e magistratura, della riforma della comunicazione. Gli incontri in sede ministeriale non hanno avuto seguito e, come nel caso di alcune iniziative legislative, le organizzazioni dei giornalisti sono state escluse da ogni consultazione».
Per questi motivi i giornalisti hanno deciso di tacere, per questi e non solo. Lo sciopero dei giornalisti Rai unisce alle ragioni di categoria le pesanti motivazioni aziendali, discusse in affollate assemblee insieme ai tecnici e a tutto il personale Rai aderente a Cgil, Uil e Snater, per la difesa della tv pubblica. La Rai oggi tace, e nel documento sulle motivazioni dello sciopero, tra l'altro, si dice: «Alla base della protesta ci sono il calo degli ascolti (che inevitabilmente produrrà conseguenze pesanti sulla raccolta pubblicitaria dei prossimi mesi), l'assenza di un piano industriale e di un piano editoriale, l'esasperato ricorso agli esterni (praticato in contraddizione con gli impegni iniziali).
Ad acuire queste ragioni di profonda preoccupazione è arrivata nelle ultime settimane l'ormai irreversibile crisi del vertice aziendale, esplosa dopo mesi di conflitti all'interno del Consiglio di Amministrazione e fra il CdA e il Direttore Generale». Nel documento si sottolinea inoltre come «questo stato di paralisi non solo dà un oggettivo vantaggio alla concorrenza privata, ma mina l'autorevolezza della Rai nelle trattative in corso per l'incremento del canone (che i sindacati chiedono sia aumentato in misura cospicua, per far fronte ai nuovi compiti che alla Rai assegna il prossimo contratto di servizio)».
Ma oggi scioperano anche i free lance, i giornalisti autonomi, quelli senza contratto, utilizzati troppo spesso in modo strumentale anche contro l'autonomia delle redazioni: sono tanti, tantissimi, e la qualità dell'informazione dipende anche dalle tutele che riusciranno ad ottenere insieme ai colleghi contrattualizzati.
E scioperano gli uffici stampa pubblici, «chiedono a gran voce l’avvio della trattativa per il contratto giornalistico nella Pubblica amministrazione - è scritto in un documento - così come definisce la legge 150/2000, il suo Regolamento attuativo e l’Atto di indirizzo inviato dal dicastero della Funzione pubblica all’Aran».
L'informazione vuole voce: la posta in gioco è un pezzo della libertà dei cittadini, quella di essere informati in modo corretto, autonomo, pluralista.
* Segretaria dell'Associazione Stampa Romana
 
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