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 Cronaca

15 Settembre, 2002
Comitato Beni Comuni Cremona - Campagna Giulemanidallacqua
Seconda lettera ai sindaci: «le nostre già note posizioni riguardo all'ipotesi di privatizzazione del servizio idrico della provincia»

Spettabile redazione,

il Comitato Beni Comuni, attivo sulla campagna Giulemanidallacqua, rende noto che nei giorni scorsi è stata inviata una seconda lettera a tutti i sindaci del territorio cremonese, lettera che inseriamo in allegato. In essa ribadiamo le nostre già note posizioni riguardo all'ipotesi di privatizzazione del servizio idrico della provincia, tese a salvaguardare la necessità di mantenere tale gestione in ambito totalmente pubblico. Questo sia in considerazione di ragioni pratiche ed economiche, sia tenendo conto del quadro nazionale ed internazionale dei traffici ed interessi che gravitano sempre più sul bene acqua, sia soprattutto (per noi questo è il punto nodale) in difesa della qualità di "bene comune" che tutti, al di là di ogni appartenenza ed opinione politica, riconoscono all'acqua. La nostra lettera quindi vuole sollecitare i sindaci cremonesi a una riflessione sullo stato dell'arte, anche considerate alcune novità che recentemente hanno trovato spazio sui giornali locali in merito al futuro della proposta regionale di affidare a Cremona il ruolo di ATO-pilota in cambio della privatizzazione.

Il Comitato, dopo un periodo iniziale di raccolta di consensi e di aderenti (che ha portato il totale dei membri a sfiorare attualmente il numero di trecento persone) si è impegnato in una serie di iniziative di sensibilizzazione che lo hanno portato sinora nelle piazze di Cremona, di Crema, di Piadena, oltre alla partecipazione, come invitato, a numerosi incontri pubblici, a trasmissioni radiotelevisive; ha inoltre incontrato sindaci, assessori, consiglieri comunali, esponenti della società civile, ha posto interrogativi, ha iniziato a raccogliere firme su proposte di deliberazioni da presentare ai vari consigli comunali e provinciale, insomma ha fatto e farà il possibile per suscitare nei cittadini cremonesi la dovuta attenzione sul rischio che l'ATO di Cremona mantenga il suo orientamento, espresso ormai nel novembre scorso, a privatizzare l'erogazione dell'acqua. Speriamo che la nostra lettera, unita alla documentazione con cui l'abbiamo accompagnata (entro la quale segnaliamo in particolare l'accorato appello di un alto prelato italiano) possa contribuire, con una voce "fuori dal coro", alla discussione e alla riflessione che su questo tema i nostri amministratori locali stanno compiendo in queste settimane.

Nei prossimi giorni comunicheremo un breve calendario delle nostre prossime iniziative a Cremona e dintorni. Nel frattempo però ci preme sottolineare un appuntamento di assoluta rilevanza, vale a dire la giornata di studio organizzata a Casalmaggiore per il 2 giugno dall'associazione "Libera l'informazione" alla quale il Comitato è stato invitato e a cui parteciperà, in veste di coordinatore scientifico, il prof. Riccardo Petrella, docente universitario e punto di riferimento a livello nazionale ed internazionale sulla questione acqua, presidente dell'Acquedotto Pugliese e promotore del Contratto Mondiale sull'Acqua.

Ringraziamo anticipatamente per l'attenzione che eventualmente deciderete di dedicarci.

per il Comitato Beni Comuni:
Giampiero Carotti

**

Comitato Beni Comuni Cremona - Campagna Giulemanidallacqua

 

Stimato signor sindaco,

facendo seguito alla nostra precedente lettera-appello inviata via mail il 27 febbraio u.s. alla sua cortese attenzione, il Comitato Beni Comuni della provincia di Cremona, costituitosi nel novembre 2005 lanciando la campagna Giulemanidallacqua, la contatta nuovamente sperando in una sua cortese risposta.

Come ricorderà, il Comitato Beni Comuni si è spontaneamente formato da un gruppo di cittadini in seguito alla preoccupante posizione espressa dall’assemblea dell’ATO cremonese con la deliberazione del 17 novembre 2005 che accoglieva favorevolmente la proposta della Regione Lombardia di applicare per il territorio provinciale cremonese il cosiddetto “modello lombardo” per la gestione del servizio idrico integrato, modello che comporta una ripartizione all’interno dell’amministrazione del sistema idrico tra ente proprietario, gestore reti e impianti ed erogatore del servizio, spezzettamento che permette l’affidamento dell’erogazione ad una società mista pubblico-privata, dove il soggetto privato sia individuato tramite gara.

In questo modo si sancisce l’entrata a pieno titolo di un privato nell’ambito della gestione dei servizi connessi all’erogazione dell’acqua.

Sono trascorsi ormai diversi mesi da quella deliberazione. Noi cittadini non sappiamo esattamente a che punto sia la discussione di tale progetto e quali valutazioni siano state fatte dai vari soggetti istituzionali e aziendali coinvolti nella discussione.

E’ invece cronaca abbastanza recente la costituzione di Linea Group spa, la multiutility dei servizi pubblici di gas, energia elettrica, raccolta rifiuti, trasporti ecc., di interesse sovraprovinciale, mirante a includere nelle proprie competenze anche il servizio idrico integrato. Questo progetto, che sta particolarmente a cuore alle aziende energetiche locali e che si afferma con forza e come alternativa a quello della Regione Lombardia, ci preoccupa come Comitato tanto quanto quello già annunciato e proposto dalla Regione. Pur non entrando per ora nel merito del progetto industriale per quanto concerne l’energia e gli altri servizi interessati, ci limitiamo a sottolineare che le caratteristiche economiche e industriali e la competenza territoriale che Linea Group si appresta ad avere, portano ad escludere un trattamento “diverso” per il bene acqua rispetto alle altre risorse e servizi di cui Linea Group si occuperà. Pur configurandosi come una grande azienda pubblica, la filosofia di fondo di questo progetto industriale si avvicina molto ad un tipo di gestione privatistica dei servizi che complica se non addirittura esclude la possibilità, prevista dalla legge nazionale, di applicare per la gestione del servizio idrico integrato la forma in house, l’unica interamente pubblica.

Anche la recente decisione di Padania Acque spa di separare il settore patrimoniale da quello gestionale sembra andare in direzione di un’apertura alla privatizzazione, parziale o totale, del servizio.

Ma non è tutto. Se non sapevamo dove fosse finita la proposta della Regione Lombardia ecco che ci viene in soccorso il consigliere regionale Rossoni che alcuni giorni fa ha dichiarato a un giornale locale che quella che era stata la “magnanima” proposta rivolta a Cremona di farne l’ATO pilota per l’attuazione del “modello lombardo” nella gestione del ciclo idrico integrato è stata (così pare) definitivamente messa da parte, come confermerebbe anche la stagnazione del relativo iter burocratico. Tuttavia veniamo informati che il “modello lombardo” di cui sopra, arenatosi a Cremona, diverrà tra poco — magie della politica — “normale amministrazione” per tutte le province lombarde. Si annuncia in pratica la volontà non lontana della Regione di modificare la propria legge, prevedendo come forma estendibile a tutte le province, la gestione del servizio idrico integrato tramite un’unica società suddivisa tra ente patrimoniale interamente pubblico ed ente gestionale da affidare totalmente o parzialmente a un privato tramite gara. Questo processo verrebbe sostenuto per tutte le province tramite apposite risorse o meglio tramite il reperimento di prestiti a tasso agevolato.

“Peccato” che la legge nazionale, almeno per l’acqua, non imponga l’apertura ai privati.

“Peccato” che nella legge nazionale abbiano uguale dignità e legittimità sia la gestione mista pubblico/privata che quella interamente pubblica.

“Peccato” che la legge regionale, se così modificata, incoraggerebbe di fatto un tipo di gestione, quella aperta ai privati, perché sostenuta dalla concreta offerta di risorse finanziarie a tassi agevolati.

“Peccato” che imporre una simile condizione, come sembra voler fare la Regione Lombardia, significhi limitare pesantemente l’autonomia decisionale dell’assemblea dell’ATO.

“Peccato” che anche in Lombardia ci siano alcune Assemblee ATO che hanno già scelto con atto deliberativo come gestire il servizio idrico integrato di loro competenza (Lodi diversi mesi fa e Bergamo da poche settimane hanno deciso per la gestione in house).

“Peccato” che anche altre province lombarde, pur non essendo ancora arrivate ad un atto deliberativo definitivo, si siano espresse in diverse occasioni come favorevolmente propense all’affidamento della gestione in house del servizio idrico e quindi al mantenimento dell’acqua in mani totalmente pubbliche o alla sua completa ripubblicizzazione.

La situazione che sembrava agli occhi di noi cittadini fino a pochi giorni fa piuttosto cristallizzata invece si dimostra alquanto in fermento. Le proposte in discussione sono diverse e con diversi sviluppi possibili. Tutta la questione sembra giocarsi intorno alla privatizzazione del servizio idrico integrato o al suo mantenimento pubblico.

Ma il nodo vero rimane sempre quello della natura dell’acqua: bene pubblico, oppure risorsa da far fruttare e/o sfruttare? Diritto di tutti o merce in vendita a chi può comprarla? E noi cittadini, bevitori d’acqua, siamo depositari di un diritto, utenti, consumatori o clienti?

Il Comitato Beni Comuni con la campagna Giulemanidallacqua in questi mesi ha cercato di adoperarsi per portare il dibattito su un tema così delicato e importante tra la gente, nelle piazze, fuori dai luoghi istituzionali della politica. Come Comitato abbiamo cercato di diffondere e promuovere la cultura dell’acqua come bene comune, bene di tutti, diritto irrinunciabile, ribadendo e rivendicando come propria e naturale, per la gestione e la tutela di questo bene/diritto, la sfera pubblica. Abbiamo cercato di sottolineare e argomentare la pericolosità del comprendere l’acqua, bene insostituibile e indispensabile alla vita, tra le risorse disponibili al mercato, soggetta quindi alle sue regole, rendendola appunto una merce, caricandola di quel valore economico e di profitto che ne fanno una risorsa appetibile da chiunque, piuttosto che un bene da tutelare, preservare e rendere disponibile a tutti in modo uguale.

Abbiamo anche riscontrato grande interesse da parte delle persone che abbiamo avvicinato e netta è emersa l’urgenza di allargare il dibattito, di partecipare in forma più attiva e diretta ai processi decisionali che toccano temi così fondamentali per la vita di ognuno.

Le chiediamo cortesemente per tutti questi motivi di allargare la partecipazione al dibattito e di coinvolgere il consiglio comunale nel processo decisionale che la porterà a scegliere la forma di gestione del servizio idrico integrato nell’assemblea dell’ATO.

Ci piacerebbe anche conoscere il suo personale punto di vista su tutta la vicenda e incontrarla e in base alla sua disponibilità di tempo magari coinvolgerla in alcune iniziative che prossimamente organizzeremo o a cui aderiremo. In particolare attiriamo la sua attenzione sulla giornata di lavoro del 2 giugno p.v. di cui trova notizia in allegato.

Ci permettiamo infine di inviarle allegati alla presente lettera alcuni documenti che attestano prese di posizione nette e favorevoli alla cultura dell’acqua come bene comune e al diritto universale, garantito a tutti, all’accesso a questo bene così prezioso e insostituibile. Al di là dei limiti di questa lettera, le segnaliamo senz’alto l’esistenza di un sito che molto meglio e in maniera più completa riesce a dare il quadro complessivo del “problema” acqua in tutta Italia: http://www.contrattoacqua.it.

per il Comitato Beni Comuni - campagna Giulemanidallacqua
Francesca Berardi e Giampiero Carotti

**

Lettera dell’ Arcivescovo di Messina, Giovanni Marra

“L’aria e l’acqua sono in assoluto i due beni fondamentali ed indispensabili per la vita di tutti gli esseri viventi e ne diventano fin dalla nascita diritti naturali intoccabili.

È appurato che laddove è stata realizzata la privatizzazione dell’acqua,oltre ad essere aumentati vertiginosamente i costi per i singoli cittadini (creando non guadagno ma arricchimento per pochi privati a discapito di tutti), si è trasformato questo bene — diritto fondamentale — in merce, generando così un’ingiustizia senza precedenti e soprattutto un attacco alla sacralità della vita e alla dignità stessa dell’uomo.

L’acqua appartiene a tutti, e a nessuno può essere concesso di appropriarsene per trarne illecito profitto, pertanto si chiede che rimanga gestita esclusivamente dai Comuni organizzati in società pubblica, che hanno da sempre il dovere di garantirne la distribuzione per tutti al costo più basso possibile.”

L’ acqua, come l’aria, è un bene comune: sono d’accordo con quanti chiedono che non venga privatizzata e non diventi merce di speculazione e di profitto.

Messina, 11 febbraio 2006

Giovanni Marra , Arcivescovo di Messina

pubblicato su www.attac.it il 11 febbraio 2006

 


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