15 Settembre, 2002
Verso i Partiti Unici: c'è il Cavaliere, manca Ségolène
L'indubbio successo della manifestazione e le parole spese da Berlusconi sul «Partito delle Libertà» lasciano prevedere ... (di Salvatore Vassallo)
L'indubbio successo della manifestazione e le parole spese da Berlusconi sul «Partito delle Libertà» lasciano prevedere che, nella retorica dei leader e nell' immaginario del popolo di centrodestra, nei prossimi mesi, l' evento potrà assumere un significato simile a quello assunto nel centrosinistra dalle primarie per Prodi. In entrambi i casi l' afflato unitario è stato alimentato dall' opposizione al governo in carica: le leggi vergogna di Berlusconi, la Finanziaria di Prodi. Ma l' indignazione verso i governi-nemici ha reso anche evidenti, in positivo, atteggiamenti di fondo comuni.
Le somiglianze non finiscono qui. Perché ora i due percorsi di aggregazione cominciano a intrecciarsi temporalmente e hanno di fronte i medesimi nodi. Affinché i simboli del PdL e dell' Ulivo-Pd siano rodati e pronti ad apparire sulle schede di voto del 2011 dovrebbero essere tenuti a battesimo alle europee del 2009.
1. entro il 2009, dovrebbe essere sciolto il primo nodo: la collocazione nei gruppi del parlamento europeo.
2. Non oltre il 2010 dovrà essere risolto il secondo nodo: la scelta del leader.
Entrambi i poli hanno oggi una personalità che potrebbe fungere da «federatore», ma che tuttavia è difficile vedere come capo del nuovo partito e ancora candidato alla premiership se la XV legislatura dovesse arrivare al termine naturale. D' altro canto, i due processi, una volta innestata la marcia di avvio, sono destinati a sospingersi reciprocamente, come dimostra la sfida su chi ce la farà per primo lanciata sabato da Berlusconi. Peraltro, la determinazione mostrata dal Cavaliere toglie ogni spazio alle vagheggiate ipotesi di governi centristi o di grande coalizione e certifica che non c' è una alternativa praticabile, in questa legislatura, all' attuale esecutivo. Se poi entrambi i progetti unitari decollassero, crescerebbe l' interesse degli uni e degli altri a evitare elezioni anticipate.
Nella marcia verso il PdL e verso il Pd ci sono anche due rilevanti asimmetrie.
1. Il nodo della collocazione europea è più semplice da sciogliere per il centrodestra, perché basta far accettare al Ppe l' ingresso di un ospite (Fini) che è da tempo all' uscio e si presenta in punta di piedi. Mentre l' incontro del Pd con i partiti ancorati alla «sola» tradizione socialista implica la creazione di una casa comune più larga.
2. Il centrodestra può risolvere in maniera più facile anche il nodo della leadership. Perché se Berlusconi decidesse autonomamente di cedere il passo potrebbe lui stesso incoronare il suo erede. Nel centrosinistra, grazie al cielo, non c' è nessuno che abbia una uguale prerogativa.
Mentre nel centrodestra le «forme» conteranno poco e niente, perché qualunque sia la procedura scelta per selezionare il leader, la voce di Berlusconi sovrasterà quella di qualsiasi altro, le «forme» saranno cruciali nel caso del centrosinistra.
La lezione che viene dalla Francia è da questo punto di vista esemplare.
- Se il candidato alla Presidenza della Repubblica fosse stato scelto dal gruppo parlamentare socialista, Ségolène Royal non avrebbe avuto alcuna chance.
- Se la scelta fosse toccata agli organi interni del partito, eletti dagli iscritti «tradizionali», avrebbe perso per poco. Essendo stata scelta direttamente da una base doppia rispetto a quella tradizionale ha vinto con il 60%.
- Se ci fosse stata una primaria di stile «italiano» avrebbe lasciato al palo qualunque altro candidato.
Non si vede, al momento, una Ségolène italiana. Ci sono candidati con più chance se a decidere fossero i gruppi dirigenti di Ds e Margherita in conclave, candidati con un po' più di chance se a decidere dovesse essere una vasta platea di elettori. Nel primo caso, i giochi potrebbero essere fatti a tavolino. Nel secondo potrebbero anche emergere sorprese di stile francese e un più incisivo ricambio.
Salvatore Vassallo
 
|