15 Settembre, 2002
Volenterosi e vogliosi (di Antonio V. Gelormini)
Era affollatissimo il Teatro Angelicum a Milano per la prima uscita pubblica del gruppo di firmatari del manifesto dei Volenterosi.....
Era affollatissimo il Teatro Angelicum a Milano per la prima uscita pubblica del gruppo di firmatari del manifesto, diffuso a suo tempo da Daniele Capezzone, Paolo Messa, Nicola Rossi e Bruno Tabacci, ma che già conta adesioni come quelle di Savino Pezzotta, Francesco Giavazzi, Pietro Ichino, Antonio Polito, Enrico Cisnetto, Franco De Benedetti e quella più recente di Massimo Teodori.
La carica riformista dell’appuntamento di così tanti Volenterosi è stata, però, in qualche modo depotenziata dalla presenza imbarazzante, in sala, di troppe figure del passato più discusso e meno brillante della politica italiana. Alcuni, veri e propri specialisti del “salto della quaglia”. Presenze più evidenti quelle di Paolo Cirino Pomicino e Gianni De Michelis, ma c’erano anche Giorgio La Malfa, Marco Taradash, Paolo Pillitteri e, tra i relatori, un ritrovato Roberto Cicciomessere. Individuandoli, tra i Volenterosi, Dagospia li ha battezzati “i Vogliosi”. In cerca di visibilità e lì per fiutare la possibilità di un rilancio improbabile nell’eterno agone della politica attiva.
Di politica non si è quasi parlato. Di politiche, invece sì, e tanto. E parlando di politiche, alla fine, si è cercato di dare spazio alla buona politica. Il partito democratico non è stato mai citato, da nessuno dei relatori. E dire che erano tanti. Assente dal panel degli interventi Nicola Rossi, la cui presenza, comunque, era piuttosto evidente. Il carattere schivo del professore e la sovraesposizione dei giorni scorsi deve avergli suggerito un profilo defilato, che evitasse inutili strumentalizzazioni tra il mancato rinnovo della tessera ai Ds e la nascita dei Volenterosi. Voci insistenti, tra l’altro, lo danno come futuro presidente della nascente Associazione, appendice del gruppo.
Promotori raggianti per il successo della manifestazione, ma sui volti di Capezzone, Tabacci e Pezzotta si leggeva chiara la linea amara di un disagio, nel ritrovarsi sedute a fianco le esperienze meno spendibili, per un rilancio credibile della spinta riformista. Presenze ingombranti, che gettano un velo equivoco anche sulla sincera dichiarazione di Nicola Rossi: “Non vogliamo fare un partito né un movimento, ma essere l’espressione di un problema”.
gelormini@katamail.com
 
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