15 Settembre, 2002
Famiglia , Lavoro e Anziani ...tre gruppi di lavoro dell'Ulivo Cremonese
Verso gli Stati Generali del 23 di aprile....
In preparazione degli Stati Generali del Welfare dell'Ulivo Cremonese del prossimo 23 aprile vi informiamo della convocazione di tre gruppi di lavoro aperti alla partecipazione delle persone e strutture interessate.
*Mettiamo la famiglia in “rete”: Venerdì 11 aprile ‘03 ore 17.30
*Lavoro,Sviluppo e Welfare :Lunedì 14 aprile ‘03 ore 17.30
*Integrazione Socio-Sanitaria,non autosufficienza e disabilità: Mercoledì 16 aprile ‘03 ore 17.30
Passa ....parola....
Grazie....
per Commissione Welfare-Sanità
Ulivo Cremona
Gian Carlo Storti
kim.collie@libero.it
cell.335.7733661
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Mettiamo la famiglia in “rete”
Venerdì 11 aprile ‘03
Ore 17,30
C/o Sala Coop Lombardia
Via del Sale ,19
Cremona
Gruppo di lavoro sulle “ Politiche per la Famiglia”
Mettiamo la famiglia in “rete”
Relazione
Antonio Moro
Responsabile politiche giovanili del Comune di Brescia
Docente Università Cattolica
Coordinano il gruppo di lavoro
Eugenia Grossi e Manuela Cavedagna
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Mettiamo la famiglia in “ rete”
Il welfare al quale noi pensiamo è universalistico quanto ai beneficiari, ma rigorosamente selettivo nell'erogazione delle prestazioni, perché le risorse per definizione non sono illimitate e vanno quindi distribuite sulla base dei bisogni effettivi.
Il che ci porta a dire che la misurazione dei bisogni non può essere effettuata soltanto sulla base del reddito individuale, ma deve prendere a base di calcolo quello familiare, perché è da esso che dipende nei fatti, nella concretezza della vita quotidiana degli italiani, il livello di reddito degli individui.
Contrariamente a quanto sta facendo il Governo Berlusconi, l'attuale gerarchia degli strumenti va dunque rovesciata, rivalutando in modo deciso strumenti di trasferimento diretto alle famiglie, in quanto tali universalistici e selettivi, come l'assegno al nucleo familiare, o il reddito di reinserimento, rispetto agli strumenti fiscali.
Non solo il reddito, anche i bisogni hanno, accanto a quella individuale, una dimensione familiare. Un welfare moderno deve rimuovere gli ostacoli che si frappongono al desiderio di maternità e paternità delle coppie e che sia capace di concreta vicinanza alle famiglie che vivono l’esperienza dell’handicap, della non-autosufficienza, della quarta età, anche attraverso strumenti innovativi come i congedi parentali o altre misur
e di armonizzazione dei tempi di lavoro e di cura.
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“IL LIBRO BIANCO SUL WELFARE”
dall’ Articolo per L'Unità del 10 febbraio u.s. di Livia Turco
“Dopo due anni di assordante silenzio sulle politiche sociali, il Governo ha finalmente battuto un colpo presentando il Libro Bianco sul Welfare” che, tra l’altro, indica l’obiettivo di raddoppiare nei prossimi dieci anni la spesa per i servizi sociali.
Apprezziamo questo impegno. Sappiamo che esso potrà essere realizzato con gradualità. Ma, allora, per essere credibile, il Governo, deve indicare l’inizio e le tappe entro cui intende scandire il perseguimento di tale obiettivo.
Di questo non c’è traccia nel Libro Bianco. Parlano però i fatti. I quali vanno in una direzione opposta a quella solennemente promessa. Infatti, pochi giorni dopo la presentazione del Libro Bianco- a simbolica conferma dello scarto tra il dire e il fare- il Ministro Maroni ha presentato in Conferenza Stato-Regioni-Città una proposta di riparto del Fondo per le politiche sociali che prevede una decurtazione di oltre il 50% delle risorse nazionali che devono essere trasferite alle Regioni e ai Comuni e che sono finalizzate ad incrementare e qualificare la rete dei servizi sociali territoriali. Proposta respinta da tutte le Regioni.
Tale riduzione avviene perché il Governo mette a carico del Fondo Nazionale per le politiche sociali il finanziamento delle leggi che prevedono l’assegno di maternità, l’assegno per il terzo figlio, i congedi parentali, il congedo pagato per i genitori di ragazzi disabili gravi (tutte Leggi del Centro Sinistra) senza prevedere che esse, in quanto contemplano diritti soggettivi, comportano un incremento di risorse. Inoltre, mette a carico del Fondo Sociale, senza finanziamenti aggiuntivi, le tanto pubblicizzate politiche per le giovani coppie e per i nidi aziendali.
Che politica per la famiglia è quella che per finanziare gli interventi per le giovani coppie taglia risorse ai servizi sociali territoriali o per finanziare gli asili nido aziendali toglie risorse alla Legge 285/97 per l’infanzia e l’adolescenza che ha, tra l’altro, consentito l’apertura di molti asili nido sul territorio o alla Legge 162/98 a favore delle persone con disabilità grave?
Togliere ai bambini ed alle persone più fragili per dare agli sposi: è questa la nuova frontiera delle politiche familiari? In queste scelte si coglie un mutamento culturale delle politiche sociali: si privilegiano i trasferimenti monetari anziché puntare sulla rete integrata dei servizi; si esalta la famiglia come nucleo astratto anziché valorizzarla come comunità di persone con differenti età e portatrici di differenti bisogni e diritti; si ritorna al centralismo e all’uso discrezionale delle risorse anziché valorizzare le comunità locali, le reti comunitarie e la partecipazione dei soggetti sociali.
Il dato vero è che quella perseguita dal Governo, in questi due anni, è una politica di “abbandono” degli interventi sociali abbellita da una strategia di annunci e promesse che non trovano riscontro nei fatti. tanto più cinica in quanto inganna le persone più deboli e in difficoltà
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Lavoro,Sviluppo e Welfare
Lunedì 14 aprile ‘03
Ore 17,30
C/o Sala Coop Lombardia
Via del Sale ,19
Cremona
Incontro sui temi:
Mercato del Lavoro e sviluppo economico nel territorio Cremonese
Relazione tra sistema economico e politiche del welfare
Nota introduttiva
Giorgio Toscani
Assessore Provinciale Politiche del Lavoro
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Il lavoro è un costante impegno della Provincia di Cremona.
Ho aderito con piacere alla richiesta dell'Ulivo di contribuire alla realizzazione di un incontro pubblico sulle tematiche del lavoro, non solo perché mi occupo di questi problemi in qualità di assessore, ma perché ritengo che il confronto e la discussione sul tema sia un po’ troppo delegata agli “addetti ai lavori”.
La Provincia, con il trasferimento delle deleghe relative al mercato del lavoro e alle attività formative, ha attuato diversi interventi per la realizzazione dei servizi all’impiego.
Si sono avviate azioni di politica attiva del lavoro che si concretizzano nei colloqui informativi e di orientamento nei confronti dei soggetti in cerca di occupazione. In particolare l’intervento è rivolto alle categorie che trovano maggiori difficoltà nella ricerca di impiego (adolescenti, giovani, inoccupati e disoccupati di lunga durata e donne che rientrano nel mondo del lavoro dopo almeno due anni di inattività).
L’Ufficio di coordinamento dei Centri per l’impiego, in collaborazione con l’Ufficio Orientamento, ha elaborato quattro protocolli d’intesa per la costituzione di un sistema finalizzato all’erogazione di servizi di orientamento, accompagnamento e inserimento lavorativo volto a garantire a tutti i cittadini ed ai soggetti pubblici e privati che operano nel mondo della scuola, della formazione professionale e del lavoro.
È in fase di realizzazione Il progetto di interconnessione dei Centri per l’Impiego con gli Uffici Centrali con nuove linee a larga banda.
È in distribuzione un pieghevole che pubblicizza le attività e i servizi offerti dalla Provincia di Cremona nell’ambito del sistema istruzione, formazione professionale e lavoro.
Nell’anno in corso è entrata a regime l’attività del Servizio Informativo Economico Sociale. Scopo del Servizio è il monitoraggio di alcuni parametri del sistema socio-economico cremonese per poterne valutare le caratteristiche e le tendenze.
Prosegue l’impegno della Provincia per sostenere l’attività e lo sviluppo dell’export, che purtroppo registra ancora percentuali basse rispetto alle altre province della Lombardia.
La nostra azione di intervento e sostegno nelle situazioni di crisi di alcune aziende della provincia è un altro settore che ci a visti impegnati a fianco dei lavoratori che hanno perso o hanno rischiato di perdere il posto di lavoro.
Queste e tante altre iniziative fanno parte del lavoro che quotidianamente ci vede impegnati a sostegno del mondo del lavoro cremonese.
Lo spirito che ci ha sempre animato e che ci anima è improntato alla partecipazione di tutti i soggetti che a vario titolo operano nel mondo del lavoro e della formazione sia in termini politici o di servizio.
Solo così pensiamo di poter offrire risposte concrete ai diritti delle persone che esprimono dei bisogni, costruendo contemporaneamente una efficiente rete di tutele che sia in grado di durare nel tempo.
Giorgio Toscani
Assessore al Lavoro ed Occupazione della Provincia di Cremona
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Integrazione Socio-Sanitaria,non autosufficienza e disabilità
Mercoledì 16 aprile ‘03
Ore 17,30
C/o Sala Coop Lombardia
Via del Sale ,19
Cremona
Gruppo di lavoro :
“ Integrazione Socio Sanitaria,non autosufficienza e disabilità”
Quale “rete” ?
Relazione
Maura Ruggeri
Assessore Comune di Cremona
Sono stati invitati:
rappresentanti politici, tecnici e sanitari delle RSA
Anci
Lega delle Autonomie Locali
Sindacati Pensionati Cgil Cisl Uil
Acli
Caritas
Presiede
Gian Carlo Storti
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Il Piano di zona
La novità più significativa nell’ambito socioassistenziale che decollerà nel corso del 2003, è costituita dal piano di zona previsto dall’art.19 della legge 328: la legge di riforma dell’assistenza.
A cura di maura Ruggeri
Che cos’è il piano di zona?
E’un documento programmatico che costituisce una sorta di carta d’identità del sistema di Welfare locale che ne restituisce l’ampiezza, le caratteristiche, la qualità e ne definisce gli indirizzi e le scelte per i prossimi anni
L’ambito territoriale preso in considerazione è quello distrettuale, quello coincidente cioè con il Distretto sociosanitario che per il distretto di Cremona è costituito da 47 comuni per un totale di 153057 abitanti.
Dovrebbe rappresentare lo strumento con cui leggere le politiche sociali territoriali in rapporto ai bisogni ,alle domande sociali, ai diritti dei cittadini, dovrebbe costituire qualcosa di analogo a ciò che in urbanistica rappresenta il piano regolatore, ossia un processo ,un percorso, che è suscettibile di aggiustamenti e di verifiche che radica progetti e processi nel territorio dove operano diversi attori sociali.
Lo scopo è quello di favorire lo sviluppo di un sistema integrato di interventi e servizi a cui non concorrono solo le istituzioni, ma anche ,con pari dignità, i diversi soggetti della solidarietà sociale.
Per comprendere come si costituisce un assetto con cui tutti coloro che a vario titolo si occupano di sociale si dovranno confrontare occorre tener presente un elemento fondamentale che è costituito dagli indirizzi regionali in materia, che sono quelli che definiscono la fisionomia del piano, orientano le scelte dei comuni, stabiliscono le risorse e come si possono spendere.
Spetta alle Regioni ,in questa come in altre materie, dopo la riforma del titolo V della Costituzione, tradurre in indirizzi e in criteri operativi, principi fissati dalla legislazione nazionale.
La Regione Lombardia ha deliberato che:
Þ i protagonisti del piano di zona siano i comuni associati nell’ambito distrettuale
Þ L’ASL costituisca un partner fondamentale non solo per l’integrazione socio sanitaria, ma anche per l’approvazione del piano : all’assenso dell’ASL è subordinata l’erogazione delle risorse previste dalla l. 328,che la Regione ha assegnato all’ASL, da girare ai comuni per l’attuazione del piano,.
Þ Il 30% della spesa nel triennio venga utilizzato per garantire la copertura di servizi essenziali da diffondere su tutto il territorio distrettuale e il restante 70% sia destinato all’erogazione di buoni e voucher alle famiglie.
Come è stato definito il piano?
La definizione del piano ha richiesto un approfondimento della conoscenza del territorio dal punto di vista sociale ,della popolazione e delle sue caratteristiche. Ne è emerso un quadro che segnala tassi di crescita naturali della popolazione molto bassi, un allungamento delle aspettative di vita, una conseguente crescita del peso della popolazione anziana che vede indici di invecchiamento superiori alla media regionale e nazionale, una presenza sempre più consistente di popolazione immigrata che riguarda famiglie e non più individui isolati, una riduzione della dimensione dei nuclei familiari.
Un quadro che rende del tutto evidente come l’attenzione alla componente anziana della popolazione ed alle famiglie debba far parte delle priorità del piano.
I servizi da destinare agli anziani ed alle problematiche della non autosufficienza saranno tra le priorità degli interventi ,essendo gli anziani la fascia di popolazione che cresce di più e che ha maggior bisogno di aiuto.
Il piano di zona dovrà costituire lo strumento per aumentare in termini di quantità e qualità le offerte di tipo domiciliare e territoriale per i soggetti fragili, se i livelli di di assistenza e di prevenzione si alzeranno ,inferiore potrà essere il ricorso al ricovero che tuttavia ,quando è necessario deve essere garantito e non può scendere sotto certi livelli, come invece è accaduto nel nostro territorio a causa dei tagli dei posti letto finaliz
zati al rientro nei parametri fissati dalla Regione.
Quali sono gli obiettivi fondamentali del piano?
Þ L’assicurazione di alcuni livelli essenziali di intervento sociale su tutto il territorio del distretto
Þ Il potenziamento di un sistema d’interventi volto a mantenere a domicilio il più a lungo possibile le persone fragili (anziani e disabili)
Þ Il sostegno alle responsabilità familiari
Come è stato costruito il piano?
Si è sperimentata una forma di progettazione partecipata che ha visto la collaborazione dei principali attori della rete sociale locale.
.Alla redazione del piano hanno partecipato operatori e rappresentanti delle seguenti realtà:
Comuni del Distretto
ASL
Azienda ospedale
Organizzazione diocesana
Terzo settore
Associazione delle IPAB
Ogni tavolo ha sviluppato il confronto e l’approfondimento relativamente a :
-Lettura del bisogno: i punti di forza e di debolezza del tessuto sociale
- Confronto sugli obiettivi di potenziamento, sviluppo e innovazione dei servizi,
-lUtilizzo di risorse e competenze
-Criteri di valutazione
Come verrà gestito il piano?
Il territorio distrettuale è stato suddiviso in quattro sottoambiti che fanno riferimento ciascuno ad un comune capofila: Cremona, Soresina, Vescovato, Pizzighettone.
Saranno i Comuni capofila dei sottoambiti a gestire, per il proprio ambito, le risorse per la realizzazione degli obiettivi individuati nel piano.
Il Comune di Cremona fungerà da Comune capofila del Distretto ed avrà il compito, attraverso un ufficio di piano Distrettuale appositamente costituito, di rendicontare alla Regione l’utilizzo dei fondi, di coordinare il lavoro dei tavoli tematici distrettuali, di verificare il raggiungimento degli obiettivi , di farsi garante cioè dell’andamento complessivo del piano.
Come saranno declinati gli obiettivi del piano?
Si prevede di dotare prioritariamente tutti i comuni del servizio sociale professionale
(almeno tre operatori per ambito di cui uno coordinatore)
di dotare il distretto di un servizio di pronto intervento sociale
di sostenere la permanenza a domicilio delle persone fragili e rafforzare gli interventi di sollievo ,i servizi territoriali e le azioni di cura familiari anche attraverso l’erogazione di buoni sociali e di voucher ossia di titoli per l’acquisto di servizi professionali presso agenzie accreditate.
Per quanto riguarda i voucher
Alla base ci saranno un progetto assistenziale concordato con l’assistente sociale del comune di riferimento ed un contratto con un’agenzia erogatrice del servizio sad accreditata a svolgere un intervento di tipo professionale.
I buoni sociali saranno invece erogati , secondo un progetto concordato con l’assistente sociale di riferimento e quindi controllato e monitorato, per interventi non professionali a sostegno della cura dell’anziano a domicilio e saranno concessi compatibilmente con le risorse a disposizione, in presenza di determinate condizioni sociali ed economiche.
ll cambiamento introdotto dal piano di zona consisterà , a prescindere dai contenuti, dal processo che si riuscirà a mettendo in moto che si gioca su due elementi e fondamentali:
1. La capacità dei comuni di associarsi , di superare la frammentazione attuale, di darsi forme stabili di coordinamento
2. La capacità di coinvolgere tutti gli attori sociali e di valorizzare effettivamente l’apporto.
Abbiamo di fronte una sfida a cui non intendiamo sicuramente sottrarci ,che consideriamo certamente una importante opportunità a cui la Regione deve però garantire risorse e continuità, poiché la portata dei processi che si mettono in atto richiede tempi adeguati per affermarsi e consolidarsi e se giustamente si chiede ai Comuni di mantenere l’impegno finanziario in atto ,altrettanto deve fare la Regione per quanto riguarda il finanziamento proveniente dal fondo sociale regionale e la definizione di strumenti che supportino ed accompagnino effettivamente nel loro compito i comuni associati .
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