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15 Settembre, 2002
Epifani: *Imprese, hanno vinto i falchi* (Rinaldo Gianola su unita.it)
*Gli industriali hanno scelto la linea dura. Questa è la realtà, oggi. È una scelta legittima. Ma le imprese devono riflettere bene sulle conseguenze di un accordo separato che escluda la Cgil*

«Gli industriali hanno scelto la linea dura, quella ispirata dalla Federmeccanica, dall’Assolombarda, da Bombassei. Questa è la realtà, oggi. È una scelta legittima. Ma le imprese devono riflettere bene sulle conseguenze di un accordo separato che escluda la Cgil».

Guglielmo Epifani incontra l’Unità nel tardo pomeriggio, dopo la rottura della Confindustria al tavolo del negoziato sul nuovo modello contrattuale. La tensione è alta con la Confindustria, Anche con Cisl e Uil la freddezza è palpabile.

Il segretario della Cgil non ha certo la fama dell’estremista che alcuni in queste ore vorrebbero cucirgli addosso. Calibra i toni, è pienamente consapevole di rappresentare oltre cinque milioni di lavoratori, pensionati, giovani preoccupati dalla crisi economica, dai prezzi che corrono, dai redditi falcidiati. Ma le sue parole sono inequivocabili e segnano l’avvio di una nuova stagione sindacale, forse anche politica.

«Ci siamo lasciati male» ammette Epifani «non è accettabile che la signora Marcegaglia ci accusi di voler reintrodurre la scala mobile. Non c’azzecca. Questa è una menzogna. Non si può trattare così la Cgil, inventando cose che non esistono. È bene che la Confindustria lo sappia». Le relazioni tra imprese (ma si può aggiungere anche il governo Berlusconi) e Cgil tornano in alto mare. Difficile trovare punti di incontro, elementi di incoraggiamento dopo una giornata così. Anche se forse resta ancora uno spiraglio, almeno fino alla formalità della firma. Adesso, come prevedibile, tornerà il solito tormentone dei severi critici del sindacato più forte del Paese: «La Cgil non firma mai», «la Cgil fa politica», «Epifani è come Cofferati»... E probabile che anche nel Pd emergano posizioni severe nei confronti della confederazione. Non sarebbe una novità.

Forse il clima politico, gli attacchi alla Cgil, assomigliano alla rottura sindacale sul Patto per l’Italia, alla firma separata di cinque anni fa, e anche allora c’era sempre Berlusconi a Palazzo Chigi. Lo schema sembra identico: Cisl e Uil da una parte con imprese e governo, dall’altra la Cgil. Ma il segretario di Corso d’Italia non si scompone. «Siamo un sindacato serio, affidabile. Se proprio vogliamo tornare indietro con la memoria voglio ricordare a tutti che nel 2003 la Cgil vinse la sua battaglia perchè aveva ragione. Ci volevano isolare e milioni di cittadini si schierarono al nostro fianco. Così, voglio rammentare ancora, come pochi giorni fa la Cgil ha firmato un accordo importantissimo per l’Alitalia e anche in questo caso le nostre ragioni, che sono poi quelle dei lavoratori, hanno avuto successo. Noi siamo abituati a negoziare, a trovare mediazioni, a firmare, è nella nostra natura di sindacato confederale».

Se con gli industriali, che evidentemente “sentono” l’aria che tira nel Paese e non vedono l’ora assieme a Berlusconi di regolare i conti con la Cgil, i rapporti sono freddi, anche con Cisl e Uil non sono rose e fiori. C’è freddezza con Bonanni e Angeletti. Lo si avverte anche dalle dichiarazioni che i vertici di Cisl e Uil hanno rilasciato. «Abbiamo opinioni differenti su questa trattativa» aggiunge il segretario, «rispetto le loro posizioni, ma vorrei che alla fine di questo processo fossero chiamati a pronunciarsi i lavoratori italiani. C’è un percorso democratico da seguire. Facciamoli votare: la Cgil rispetterà la loro decisione».

Certo, il clima sindacale, le divisioni e le tensioni potrebbero rappresentare un ulteriore, grave problema in un autunno di enormi difficoltà economiche, tra crisi finanziarie, la recessione in agguato e il reddito delle famiglie in caduta. Non è un mistero, nemmeno per Epifani, che la tenuta unitaria delle confederazioni sia uno dei “valori” su cui fa affidamento il Pd per la tenuta sociale dei prossimi mesi. Ma il leader della Cgil, pur comprendendo certe preoccupazioni, invita a valutare le divisioni di questi giorni come «un problema tra lavoratori e aziende, non allarghiamo l’impatto di questo caso». Se proprio bisogna tirare in ballo la politica in questa vicenda allora è necessario soffermarsi «sul rinnovato collateralismo tra Confindustria e governo», un vicinanza che si misura negli interventi di palazzo Chigi e nelle immediate risposte di viale dell’Astronomia.

Qualche esempio. Il governo fissa nel dpef il tasso d’inflazione all’1,7% e gli industriali subito si adeguano e lo rilanciano al tavolo della trattativa. Il ministro Sacconi rispolvera l’arbitrato e subito la Marcegaglia ripete. E che dire della riproposizione in grande stile degli Enti bilaterali, questa sì una via per una nuova “casta” di occupanti di poltrone, che piacciono al governo e ora, dopo le rimostranze del passato, sono condivisi pure dalla Confindustria che ha cambiato idea?

Ma come si è arrivati alla divisione tra sindacati, alla rottura del tavolo negoziale? Epifani racconta: «Ci è stato proposto uno schema di accordo che prevede meno contrattazione in alto e in basso, con l’introduzione di procedure di arbitrato. Cioè quando si litiga viene chiamato l’arbitro. Non c’è nessuna estensione del secondo livello di contrattazione, come si era ipotizzato. Io non vedo nessuna carica innovativa, anzi...»

L’elemento di maggior contrasto, tuttavia, riguarda il chiaro tentativo degli industriali di penalizzare ulteriormente i lavoratori dipendenti al momento dei rinnovi contrattuali che dovrebbero avere come solo obiettivo il recupero di produttività. «Oggi c’è un punto su cui si calcolano gli aumenti retributivi in percentuale, un punto di riferimento convenzionale» spiega Epifani, «bene, adesso gli industriali vogliono ridurre di molto questo punto di partenza: ad esempio il 12% in meno per i meccanici, di più per chimici e alimentaristi, un terzo per i trasporti».

Ma c’è un’altra “perla” proposta dalla Marcegaglia che la dice lunga sulla volontà degli imprenditori di sostenere il reddito delle famiglie. L’inflazione, ai fini dei rinnovi contrattuali, dovrebbe essere depurata da quella importata e da quella energetica. Quindi prefisssta all’1,7% o qualcosa di simile dall’inflazione immaginata dal governo e dalla imprese bisognerebbe togliere l’effetto dei rincari importati e quelli del petrolio. Insomma, i lavoratori dipendenti sarebbero penalizzati due volte: sarebbero gli unici a pagare bollette più care e poi a scontare aumenti salariali più bassi perché dovrebbero essere depurati dalla formula Confindustria.

«Ci troviamo di fronte a uno schema rovesciato della politica dei redditi del ‘93, qui l’unica cosa sicura è che pagano i lavoratori. Aggiungo che non si parla di riduzione del carico fiscale sui redditi da lavoro dipendente: i salari, così, sono destinati a diminuire» precisa ancora Epifani che contesta anche un altro punto pericoloso. «La crescita a dismisura degli enti bilaterali su certificazione, ammortizzatori sociali, contratti e altre funzioni alimenta un’idea di sindacato che non piace, un sindacato che occupa poltrone e viene compensato per servizi e altre funzioni, è una strada pericolosa». Una strada verso un’altra “casta”, potrebbero accusare i severi censori delle confederazioni.

La conclusione non può che essere negativa. Anche perchè dopo l’eventuale intesa con Confindustria bisognerebbe trattare altre piattaforme sui modelli contrattuali con le diverse associazioni imprenditoriali. «Questa sì che sarebbe una giungla contrattuale, proprio quella che la Cgil non vuole: possibile che gli industriali non vedano il rischio che altri, non noi, facciano a gara a uno scavalco delle richieste salariali, magari con 4 o 5 associazioni in concorrenza tra loro?».

E allora? Epifani risponde: «La Cgil non usa toni ultimativi, niente di tutto questo, non è nel nostro stile. Ma la Confindustria ci pensi bene a firmare un accordo separato, a proporre un modello non condiviso. Abbiamo dimostrato, anche con il caso Alitalia, che le soluzioni giuste passano attraverso il confronto, la mediazione, la condivisione degli obiettivi. Questa è la strada per raggiungere buoni risultati, salvo che la Confindustria non abbia altri obiettivi e allora vedremo dove vuole arrivare».

Cosa farà, a questo punto, la Cgil? C’è il rischio di un nuovo isolamento, ammesso che sia possiibile isolare milioni di lavoratori? Non è un pericolo la distanza creatasi con Cisl e Uil? «La Cgil è unita, tutta unita, su questa posizione. Avvieremo una campagna di informazione nel Paese perchè necessario che i nostri iscritti e i lavoratori tutti conoscano le nostre ragioni. Se si arriverà a una divisione finale delle Confederazioni mi auguro che i lavoratori italiani possano votare democraticamente. La Cgil, come sempre, rispetterà la volontà dei lavoratori».

 


       Commento Fonte L'Unità



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